La nave dell’ong Mare*Go si è rifiutata di andare fino al porto di Trapani, che le era stato assegnato, e ha attraccato a Lampedusa

(mare-go.de)
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Dopo aver soccorso 36 persone nel Mediterraneo, la nave della ong tedesca Mare*Go ha fatto sbarcare i suoi passeggeri a Lampedusa nella notte tra giovedì e venerdì nonostante il porto assegnato dalle autorità italiane fosse quello di Trapani. In un resoconto su Twitter la ong ha spiegato di aver preso questa iniziativa perché il porto di Trapani era a circa 32 ore di navigazione dal punto in cui si trovava la nave: un tempo insostenibile per il benessere delle persone soccorse e per l’equipaggio, che era a sua volta in mare già da molti giorni.

Mare*Go ha anche detto di aver comunicato le proprie esigenze alle autorità italiane e di aver avvisato la Capitaneria di Porto e la Guardia di Finanza dell’orario di arrivo a Lampedusa.

Riferendosi alle leggi italiane che regolano lo sbarco delle navi dopo il soccorso di migranti in mare, Mare*Go ha aggiunto: «Come molti altri prima di noi, ci troviamo di fronte a un regime sui confini disposto a tutto per far annegare in mare le persone e impedire alle ong di intervenire». Da mesi il governo di Giorgia Meloni sta cercando in vari modi di ostacolare il lavoro delle ong che soccorrono le persone nel Mediterraneo centrale: a gennaio ha introdotto un nuovo, stringente e controverso codice di condotta che sono tenute a seguire e spesso indica come porti di sbarco quelli di città lontane dalla zona dove tradizionalmente soccorrono le persone per rendere più costose e complesse le operazioni di salvataggio, e in questo modo sperare di scoraggiarle.