Il piano per limitare gli sprechi d’acqua non sta andando come previsto

La Corte dei Conti ha segnalato sottovalutazioni e ritardi che mettono a rischio le cosiddette opere idriche previste dal PNRR

diga
(Gabriele Tirelli/Unsplash)
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Da dieci anni il lago artificiale di Timpa di Pantaleo, una località di Siderno, in provincia di Reggio Calabria, è vuoto per via di un danno strutturale alla diga che dovrebbe formarlo. La sistemazione della diga era stata inserita nei progetti del PNRR relativi alle cosiddette opere idriche, una serie di interventi pensati soprattutto per limitare gli sprechi d’acqua, un problema che negli ultimi mesi si è reso lampante e urgente per via della siccità. Secondo la Corte dei Conti, che ha studiato a fondo a che punto siamo con queste opere, la sistemazione della diga di Timpa di Pantaleo è a rischio perché il progetto non era stato valutato con attenzione prima di inserirlo nell’elenco del Piano nazionale di ripresa e resilienza, e quindi deve essere modificato.

Non è l’unico progetto a rischio. La Corte dei Conti ha segnalato diverse altre opere che potrebbero non essere realizzate entro il 2026, la scadenza imposta dalla Commissione Europea per ricevere tutti i soldi del PNRR, il piano del governo italiano per spendere i finanziamenti europei del Recovery Fund. In una articolata delibera pubblicata a metà aprile i magistrati contabili hanno segnalato errori di impostazione, sottovalutazioni e rincari che rischiano di rendere le opere idriche molto meno ambiziose del previsto.

La scarsa manutenzione delle reti idriche, dei canali e delle dighe è un problema piuttosto sottovalutato. Spesso queste infrastrutture sono state costruite decenni fa e non ci si è mai preoccupati di adeguarle al fabbisogno idrico che nel frattempo è aumentato. Le perdite sono tante, corpose, ma non sempre evidenti perché l’acqua dispersa viene assorbita dal terreno nei campi e anche nei centri abitati. La rete idrica è sotterranea e le conseguenze del mancato adeguamento emergono soltanto quando i danni sono rilevanti e a quel punto intervenire per sistemare le cose costa moltissimi soldi.

La sistemazione delle opere idriche è stata inserita nella seconda missione del PNNR nei due capitoli “Tutela del territorio e della risorsa idrica” e “Agricoltura sostenibile ed economia circolare”. In totale sono stati stanziati 3,9 miliardi di euro.

Gli interventi sono stati definiti tra il 2020 e il 2021 e sono stati finanziati per 1 miliardo di euro con risorse dello Stato e per 2,9 miliardi con investimenti europei. Il 60 per cento dei soldi, circa 2,3 miliardi di euro, è stato destinato alle regioni del Sud, dove le condizioni delle reti idriche sono peggiori a causa della scarsa manutenzione e dei mancati investimenti degli ultimi decenni.

Un anno fa il ministero delle Infrastrutture ha pubblicato un documento che mostra tutti gli interventi inseriti nel piano. I progetti sono quasi 200 in tutta Italia: il 44 per cento degli interventi riguarda il potenziamento della rete idrica, il 41 per cento l’adeguamento e la manutenzione della rete esistente, il 10 per cento la messa in sicurezza dal punto di vista sismico, mentre il restante 5 per cento la costruzione di nuovi bacini.

In totale saranno costruiti quasi mille chilometri di nuove condotte. Nelle regioni del Sud dovrebbero essere finanziati 53 interventi con un importo medio di oltre 19 milioni di euro, nelle regioni del Centro sono previsti 32 interventi per un importo medio di quasi 10 milioni di euro, nel Nord 39 interventi con un importo medio di quasi 18 milioni di euro.

La Corte dei Conti ha analizzato in particolare i 124 progetti relativi alla messa in sicurezza delle infrastrutture, soprattutto delle dighe, considerate uno dei modi migliori per evitare la dispersione dell’acqua. Molti laghi artificiali italiani, infatti, sono vuoti o riempiti solo parzialmente perché le dighe non sono sicure o hanno bisogno di manutenzione perché costruite decenni fa.

La Corte dei Conti ha segnalato problemi già nella scelta delle opere da inserire nel piano: mettere in sicurezza ben 124 infrastrutture, si legge nella relazione, sembra aver portato con sé «una selezione non ottimale, se non frettolosa per diversi aspetti». In sostanza sono stati privilegiati progetti considerati già “cantierabili”, cioè con procedure già avviate in passato, ma non per questo senza problemi progettuali e di costi. Sono state escluse invece nuove opere coerenti con gli obiettivi e probabilmente più semplici da costruire. Tra le altre cose, il confronto tra il ministero delle Infrastrutture e chi ha presentato i progetti – autorità di bacino, consorzi di bonifica ed enti locali – è avvenuto da dicembre del 2022, con un ritardo rispetto ai tempi previsti giudicato «incomprensibile» dalla Corte dei Conti.

Uno dei progetti, la diga del monte Crispu a Bosa, in Sardegna, viene già dato per irrealizzabile. Ci sono dubbi sulla diga di Timpa di Pantaleo, sulle dighe Rosamarina e Olivo, in Sicilia. Su questi tre interventi pesano ritardi e difficoltà tecniche che rendono gli investimenti non consoni agli obiettivi. Secondo la Corte dei Conti queste opere non dovevano essere comprese nel piano già dall’inizio.

Anche l’adeguamento del canale chiamato Fosso Vecchio è a rischio. Si trova in provincia di Ravenna e distribuisce l’acqua nei campi della zona: il progetto di manutenzione prevedeva la costruzione di una vasca per contenere l’acqua in caso di piena e custodirla nei periodi di siccità. In questo caso c’è stato un aumento dei costi significativo, da 37 a 61 milioni di euro.

Molti degli errori segnalati dalla Corte dei Conti potranno essere corretti almeno parzialmente dall’intervento del nuovo commissario straordinario contro la siccità nominato giovedì dal governo. È Nicola Dell’Acqua, direttore di Veneto Agricoltura, un ente della Regione Veneto, e già coordinatore di tutti i progetti commissionati in Veneto contro la siccità. Rimarrà in carica fino alla fine dell’anno con la possibilità di un rinnovo fino alla fine del 2024.

Nella lista di obiettivi dichiarati dal governo, il commissario dovrebbe rendere più semplici le procedure per costruire opere idriche come dighe, canali e invasi, oltre a sostenere un piano per realizzare vasche di raccolta di acqua per l’utilizzo agricolo, impianti per il riutilizzo delle acque reflue e per la desalinizzazione. Ma secondo una stima dell’ANCE, l’associazione dei costruttori, servono almeno 13,3 miliardi di euro per sostenere tutti i progetti necessari: al netto dei soldi già stanziati dal PNRR e del piano nazionale per le opere idriche, mancherebbero 8,2 miliardi di euro.