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  • Domenica 26 marzo 2023

Il Libano si è svegliato in due fasce orarie diverse

Il primo ministro ha stabilito che l'ora legale entrerà in vigore il 20 aprile anziché oggi, molti però non stanno rispettando la decisione

Una protesta per chiedere migliori condizioni salariali a Beirut, lo scorso 22 marzo
Una protesta per chiedere migliori condizioni salariali a Beirut, lo scorso 22 marzo (AP Photo/ Hassan Ammar)
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Di solito in Libano l’ora legale entra in vigore l’ultimo fine settimana di marzo, come accade in quasi tutti paesi europei, Italia compresa: domenica mattina però di fatto il paese si è svegliato in due fasce orarie diverse. Il primo ministro Najib Mikati infatti ha scelto di posticipare l’entrata in vigore dell’ora legale al prossimo 20 aprile, con una decisione ritenuta arbitraria da molti cittadini e organizzazioni, che non la stanno rispettando. In sostanza adesso c’è quindi chi sta seguendo ancora l’ora solare e chi è passato invece all’ora legale, con tutti i problemi e con tutta la confusione del caso.

Mikati aveva annunciato la decisione di mantenere l’ora solare ancora per alcune settimane giovedì, piuttosto all’improvviso, due giorni prima del cambio previsto di norma. Il governo libanese non ha fornito motivazioni ufficiali rispetto alla decisione, ma il video di un incontro tra Mikati e il presidente del parlamento Nabih Berri ottenuto dai media locali ha fatto ipotizzare che possa dipendere da motivi religiosi.

Nel video, pubblicato dal sito libanese Megaphone e citato da Associated Press e Al Jazeera, Berri sembra chiedere con insistenza a Mikati di posticipare l’entrata in vigore dell’ora legale fino alla fine del Ramadan, il mese sacro per i musulmani, che si concluderà proprio il 20 aprile. Questo ha portato alcuni gruppi cristiani a sostenere che la decisione di Mikati, un musulmano sunnita, avrebbe fini politici: secondo i cattolici maroniti, un gruppo molto influente in Libano, sarebbe un tentativo di guadagnare consensi fra le persone musulmane, visto che la decisione di posticipare il cambio dell’ora permetterebbe di interrompere prima il digiuno previsto dal Ramadan, attorno alle 18 anziché attorno alle 19. L’ora legale infatti viene adottata tra marzo e ottobre, il periodo in cui ci sono più ore di luce, e durante il Ramadan i musulmani possono cenare solo dopo il tramonto.

In teoria sia gli enti pubblici che la cittadinanza e le istituzioni private dovrebbero seguire le indicazioni del governo, ma non sta andando così.

I maroniti, che costituiscono la stragrande maggioranza della popolazione cristiana in Libano, sostengono che Mikati abbia preso la decisione senza alcuna discussione e senza aver tenuto in considerazione gli standard internazionali: nei giorni scorsi avevano annunciato di voler adottare comunque l’ora legale da domenica 26 marzo e così hanno fatto, come altri gruppi religiosi, partiti, organizzazioni e scuole cristiane.

Anche varie aziende private e alcuni media, tra cui LBCI e MTV, due dei principali canali di notizie del paese, hanno adottato l’ora legale già da domenica, disobbedendo alle indicazioni del governo. La gran parte delle istituzioni e dei partiti musulmani invece sta seguendo le nuove indicazioni e quindi è un’ora indietro rispetto a un’altra parte del paese.

C’è anche chi sta cercando di adattarsi, con qualche acrobazia. La compagnia aerea nazionale Middle East Airlines, per esempio, ha detto che la sua strumentazione è stata regolata sull’ora solare, in linea con la decisione di Mikati, ma che adatterà gli orari dei voli alla programmazione internazionale, che quindi saranno espressi come se fosse già in vigore quella legale.

Secondo alcuni abitanti e osservatori, le divisioni e la confusione emerse dalla questione del cambio dell’ora sarebbero non solo una distrazione, ma anche un segnale dei gravissimi problemi economici, sociali e politici del paese, che si sono aggravati soprattutto a causa dell’enorme esplosione che distrusse parte del porto della capitale Beirut nell’agosto del 2020. Il Libano resta profondamente condizionato da profonde divisioni religiose, secondo le Nazioni Unite tre quarti della sua popolazione vive in povertà e inoltre il paese non ha un presidente dallo scorso novembre, dalla fine del mandato di Michel Aoun, in carica dal 2016.

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