Bruce Willis ha una forma di demenza

Demi Moore e la famiglia hanno aggiornato sull'aggravarsi della sua malattia, che l'anno scorso l'aveva costretto a smettere di recitare

Bruce Willis (EPA/WILL OLIVER via ANSA)
Bruce Willis (EPA/WILL OLIVER via ANSA)
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Giovedì la famiglia dell’attore americano Bruce Willis ha fatto sapere che le sue condizioni di salute sono degenerate a causa di una demenza frontotemporale, termine che indica un gruppo di disturbi cerebrali che interessano soprattutto alcune aree del cervello, con conseguenze sull’articolazione del linguaggio, sulla personalità e sul comportamento. Lo scorso marzo i familiari di Willis avevano annunciato che l’attore era stato costretto a ritirarsi dalla recitazione perché soffriva di afasia, un disturbo del linguaggio che compromette le capacità comunicative: in quel momento però la gravità della condizione di Willis non era stata resa nota e le cause dell’afasia non erano state ricondotte a una malattia specifica.

La notizia è stata data in un post su Instagram dall’attrice Demi Moore, ex moglie di Willis che si sta occupando di spiegare e comunicare al pubblico gli aggiornamenti sulle sue condizioni. In un comunicato della famiglia pubblicato sul sito dell’associazione statunitense che si occupa di demenza frontotemporale, si dice che «le difficoltà di comunicazione sono solo un sintomo della malattia che Bruce deve affrontare».

La demenza frontotemporale, continua il comunicato, è una malattia «crudele», che può colpire chiunque: è la forma più comune di demenza che interessa le persone sotto i 60 anni ed è particolarmente difficile da individuare perché per arrivare alla diagnosi ci può volere molto tempo. Bruce Willis ha 67 anni e una lunga carriera di attore, e solo nell’ultimo anno prima della diagnosi di afasia aveva recitato in undici film.

Al momento una cura per la demenza frontotemporale non esiste. «Sebbene sia doloroso, è un sollievo avere finalmente una diagnosi chiara», scrive la famiglia di Willis, che spera che il suo caso possa creare più consapevolezza attorno alla malattia e stimolare la ricerca scientifica: «sappiamo nei nostri cuori che lui lo vorrebbe».