Le aziende che noleggiano i monopattini elettrici non fanno soldi

Nelle città ce ne sono troppi e in larga parte inutilizzati, e le amministrazioni locali stanno adottando approcci restrittivi

monopattino elettrico di fronte al colosseo
(ANSA/MASSIMO PERCOSSI)
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Negli ultimi due anni i noleggi e i chilometri percorsi con i monopattini elettrici in Italia sono tornati ad aumentare dopo la flessione causata dalle restrizioni introdotte nel 2020 per contrastare l’epidemia, ma molte società di micromobilità non hanno ancora raggiunto la sostenibilità economica.

Ai notevoli investimenti fatti negli ultimi anni, con flotte di monopattini cresciute in modo smisurato, non sono seguiti ricavi sufficienti. Il mercato è cresciuto in fretta, forse troppo: in molte città, anche in Italia, la grande concorrenza ha causato un’evidente sproporzione tra la vasta offerta di monopattini e una domanda modesta, almeno rispetto alle aspettative iniziali.

Il risultato è che i ricavi per le aziende sono ancora contenuti, anzi quasi nessuna è riuscita a uscire dalla fase di crescita in cui le perdite sono normali e tollerate. Inoltre la presenza di migliaia di monopattini inutilizzati è diventata un problema per le amministrazioni locali: in diverse città sono stati approvati regolamenti e limitazioni con possibili nuove conseguenze negative per i ricavi delle aziende, che già ora non se la passano benissimo.

Una delle aziende più in crisi è anche una delle più grandi. Si chiama Bird, è attiva soprattutto negli Stati Uniti, ed è stata la più veloce a raggiungere la valutazione di un miliardo di dollari, la soglia oltre la quale una startup – una piccola società nella sua fase iniziale – viene definita dal gergo degli addetti ai lavori un “unicorno”.

Negli ultimi anni Bird ha raccolto investimenti per 4 miliardi di dollari ed è sempre stata in perdita per via della necessità di continuare a espandersi. Nel 2022 è stata costretta a ridimensionarsi: a maggio ha licenziato il 23 per cento del personale e a ottobre ha annunciato di aver abbandonato diversi paesi tra cui Germania, Svezia, Norvegia oltre a «decine» di città statunitensi.

Il problema più grave è emerso a metà novembre quando Bird ha comunicato di aver sopravvalutato le entrate degli ultimi due anni e mezzo di 31,6 milioni di dollari a causa di un intoppo tecnico: in sostanza, l’azienda ha scoperto che moltissime persone riuscivano comunque a spostarsi in monopattino anche al termine del credito caricato nell’app. Questi spostamenti, di fatto gratuiti, sono stati erroneamente riconosciuti come un’entrata.

Sebbene i ricavi siano cresciuti del 24 per cento nei primi nove mesi del 2022, le perdite nette sono quasi raddoppiate arrivando a 322,3 milioni di dollari. «Bird è cresciuta troppo rapidamente: è stata introdotta in troppe città prima di avere un modello sostenibile», ha detto un ex dipendente al Financial Times. «Stava perdendo denaro su ogni corsa, quindi più città e più corse faceva, più soldi perdeva».

Un’azienda molto nota in Italia è l’italoamericana Helbiz, che a novembre ha annunciato un taglio dei dipendenti del 15 per cento per contenere i costi di gestione. Nel 2021 Helbiz aveva portato avanti una serie di operazioni per cercare di diversificare gli affari: da società dedicata esclusivamente alla micromobilità aveva investito nei contenuti video in streaming con l’acquisto dei diritti per le partite della Serie B di calcio. In seguito aveva aperto Helbiz Kitchen, in sostanza delle “ghost kitchen”, cucine in cui si preparano cibi destinati alla consegna a domicilio. Tra le altre cose, Helbiz ha anche promosso un’app di annunci pubblicitari geolocalizzati, cioè che appaiono soltanto sui dispositivi di chi si trova vicino alle imprese che hanno pagato la pubblicità.

È presto per dire se la diversificazione sarà una soluzione. Nel frattempo la divisione mobilità di Helbiz, che dovrebbe essere il suo business principale, nel 2022 ha dovuto fare i conti con un calo dei ricavi. Come ha spiegato il quotidiano Domani, nei primi nove mesi del 2022 sono stati registrati ricavi per 6,8 milioni di dollari contro i 7,9 milioni di dollari dello stesso periodo nell’anno precedente. A fine settembre aveva in cassa 3,3 milioni di dollari contro i 21,1 di fine 2021, nonostante abbia ricevuto in nove mesi nuovi prestiti (al netto di quelli ripagati) per oltre 24 milioni di dollari. Fa quindi molta fatica a rendere sostenibile la sua attività principale.

Licenziare una parte del personale per limitare i costi è una strategia scelta da molte altre aziende: Spin, che lo scorso anno è stata acquisita dalla più grande Tier Mobility, ha licenziato il 10 per cento del suo personale e ha abbandonato il Canada e la città di Seattle, mentre la compagnia svedese Voi ha annunciato il licenziamento di 130 dipendenti in Europa.

(ANSA/Mourad Balti Touati)

La precaria sostenibilità economica delle aziende è legata ovviamente alle conseguenze della pandemia, che per mesi ha ridotto improvvisamente gli spostamenti delle persone, ma anche all’impatto meno rilevante del previsto sulle abitudini delle persone. Diversi studi hanno dimostrato che i monopattini non sono riusciti a sostituire in modo significativo gli spostamenti in auto: a Parigi, per esempio, un’indagine fatta nel 2021 ha rilevato che il 72 per cento delle persone che si sposta con il monopattino lo considera un’alternativa a una camminata o al trasporto pubblico. Anche un sondaggio realizzato in Norvegia nell’autunno del 2021 ha rilevato che i monopattini servono prevalentemente per gli spostamenti alternativi a una camminata, ad eccezione di quelli nelle ore notturne in cui i monopattini sono considerati molto utili.

Tuttavia non si può generalizzare. L’impatto più o meno positivo dei monopattini sulla mobilità urbana dipende dalla conformazione delle città e dall’efficienza del trasporto pubblico. In una metropoli come Parigi, dove la metropolitana è estesa e puntuale, i monopattini sono molto utilizzati come un mezzo di trasporto per certi versi divertente, ma non essenziale alla mobilità delle persone.

I dati diffusi a maggio dall’assessore alla Mobilità del comune di Roma, Eugenio Patanè, mostrano in modo chiaro che perfino a Roma, dove spostarsi in auto è lento e complicato e i trasporti pubblici sono notoriamente poco capillari e affidabili, l’utilizzo dei monopattini è molto contenuto. Durante una commissione consiliare, Patanè ha consultato una piattaforma che mostra in tempo reale l’utilizzo dei servizi in sharing. In quel momento circolavano 258 monopattini su 14.500, il 2 per cento, 428 bici su 12.500, 319 auto, il 20 per cento del totale, e il 5 per cento degli scooter elettrici. «A fronte di circa 24mila mezzi di sharing mobility ne abbiamo perciò in utilizzo in questo momento 1.200, il 5% complessivo», ha detto Patanè. «Il problema principale è la funzione trasportistica».

L’inutilizzo dei monopattini è un problema per le aziende, che non guadagnano, e anche per le amministrazioni. Quando nelle città iniziarono a circolare quasi all’improvviso migliaia di monopattini, le amministrazioni comunali si resero conto che non sarebbe stato ragionevole lasciare libertà assoluta a questo mercato. Inizialmente le autorità si interessarono soprattutto all’abbandono dei monopattini sui marciapiedi introducendo ordinanze e sanzioni. Poi si iniziò a discutere della sicurezza e in molti paesi, tra cui l’Italia, furono introdotte regole più chiare e misure di sicurezza come l’obbligo delle frecce e un limitatore di velocità.

Negli ultimi due anni sono stati proposti bandi con criteri restrittivi per consentire a un numero limitato di aziende di introdurre flotte nelle città. Poi sono state create e in alcuni casi già estese le aree critiche in cui i monopattini rallentano automaticamente oppure si spengono: questa accortezza, dovuta alla necessità di garantire più sicurezza, ha reso gli spostamenti in monopattino più lenti e meno competitivi rispetto ai mezzi pubblici o privati.

– Leggi anche: C’è davvero una “emergenza monopattini”?

A Parigi sono operative tre aziende di monopattini (Dott, Lime e Tier) che dispongono di circa 15 mila mezzi. La sindaca Anne Hidalgo è da tempo critica sull’utilizzo dei monopattini in città: sostiene tra le altre cose che non siano davvero ecologici, che siano pericolosi per i pedoni e per gli altri mezzi e che le aziende che li gestiscono non garantiscano condizioni lavorative adeguate ai loro dipendenti. In seguito a un numero crescente di incidenti, Parigi ha imposto alle aziende di limitare la velocità massima dei monopattini a 10 chilometri all’ora, ma con il passare dei mesi i rapporti tra l’amministrazione e le aziende si sono complicati ulteriormente.

A novembre, l’amministrazione parigina aveva minacciato di non rinnovare la licenza alle tre aziende, anche se poi era stato trovato un accordo. All’inizio di gennaio Hidalgo ha annunciato che intende organizzare un referendum in cui chiederà ai cittadini e alle cittadine se vogliono o meno mantenere attivi i servizi di monopattini elettrici a noleggio presenti in città.

A giugno il sindaco di Roma Roberto Gualtieri ha annunciato un nuovo bando con una forte limitazione del servizio: l’autorizzazione potrà essere data al massimo a tre aziende, il numero totale di monopattini si abbasserà da 14.500 a 9.000 e di questi soltanto un terzo sarà autorizzato a circolare nelle zone centrali della città. Gli altri 6.000 dovranno essere distribuiti negli altri quartieri, dove ora il servizio è insufficiente.

I monopattini, inoltre, dovranno essere dotati di una targa metallica di una dimensione minima di 10 centimetri per lato, con un codice alfanumerico. Nelle aree pedonali la velocità sarà limitata a 6 chilometri all’ora. Gianluca Santilli, presidente dell’osservatorio Bikeconomy e consulente del ministero del Turismo, ha criticato la scelta dell’amministrazione spiegando che il vero problema di Roma non sono i monopattini lasciati sul marciapiede, ma 1,7 milioni di auto in circolazione in città e 2 milioni in provincia. «Il vero tema è ridurre l’uso dell’auto privata, e per questo la micromobilità è fondamentale», ha detto.

La sovrapposizione tra i problemi di bilancio e le limitazioni introdotte dalle città non consente di fare previsioni attendibili sul futuro di questo settore. Le aziende dovranno trovare un difficile equilibrio tra gli investimenti indispensabili per continuare a crescere, la necessità di fare profitti, la disponibilità degli investitori e la pazienza degli amministratori locali. Il 2023 sembra essere un anno importante per capire quanto questo modello sia sostenibile nel lungo periodo.