• Italia
  • Giovedì 12 gennaio 2023

Il vero “pull factor” per i migranti è il meteo

Ad attirare gommoni e barchini verso le coste italiane non sono le navi delle ong, ma le buone condizioni del mare, dicono diversi esperti

di Luca Misculin

Un gommone soccorso al largo di Lampedusa nel maggio del 2017 (Chris McGrath/Getty Images)
Un gommone soccorso al largo di Lampedusa nel maggio del 2017 (Chris McGrath/Getty Images)

Nei primi dieci giorni del 2023 sono sbarcati sulle coste italiane 3.709 migranti, un numero dieci volte superiore a quelli arrivati nello stesso periodo del 2022, quando furono appena 378.

In quei giorni, sia nel 2022 sia nel 2023, il tratto di mare fra la Sicilia e le coste del Nord Africa è stato presidiato dalle stesse due navi: la Geo Barents e la Ocean Viking, rispettivamente delle ong Medici Senza Frontiere e SOS Méditerranée. A cambiare, a distanza di un anno, sono state le condizioni meteo nel tratto di costa della Tunisia da cui parte la maggior parte delle imbarcazioni di migranti. Nel 2022 erano sfavorevoli per la navigazione: il vento soffiava fortissimo e le temperature erano assai basse, due condizioni che creano onde troppo alte per gommoni e piccole imbarcazioni. Nel 2023 invece il tempo è stato molto più mite, con livelli inusuali per i primi di gennaio e quasi ideali per la navigazione.

La differenza non è passata inosservata. Ormai da qualche tempo esperti di migrazione e persone impegnate nel soccorso di migranti nel Mediterraneo centrale ritengono che il vero “pull factor”, cioè il fattore che condiziona maggiormente le partenze dalle coste dal Nord Africa, non sia la presenza delle navi delle ong, come sostenuto ancora oggi senza molte prove dal governo di Giorgia Meloni: bensì le favorevoli condizioni del meteo nei luoghi di partenza.

«Le imbarcazioni partono quando c’è la possibilità di navigare: esattamente come i pescatori escono a pescare quando c’è bel tempo», spiega Riccardo Gatti, responsabile delle operazioni di ricerca e soccorso di Medici Senza Frontiere. «Se il mare è agitato mettere in mare un’imbarcazione è praticamente impossibile, è un problema fisico».

Repubblica stima che dal primo gennaio al 9 gennaio 2023 siano arrivati via mare a Lampedusa circa 2.100 migranti, il 58 per cento di quelli totali sbarcati in Italia nello stesso periodo. Lampedusa dista appena 130 chilometri dalle coste della Tunisia, che con un’imbarcazione in buone condizioni si possono coprire in poche ore. Gran parte delle persone che cercano di raggiungere via mare da Lampedusa parte proprio dalla costa centro-orientale della Tunisia, il cui centro più grande è la città di Sfax.

Nei primi dieci giorni del 2022 la stazione meteorologica dell’aeroporto internazionale di Sfax registrava raffiche di vento quasi sempre superiori, in media, ai 20 chilometri orari: quindi piuttosto forti, e che verosimilmente avevano creato onde troppo alte per la navigazione di piccole imbarcazioni. È la linea tratteggiata nel grafico qui sotto, tratto dal sito di meteorologia MeteoBlue.

I numeri in alto rappresentano i giorni del mese di gennaio 2022 (MeteoBlue)

Nel 2023 la stessa stazione meteorologica ha registrato una situazione molto diversa, con raffiche vicine in media ai 10 chilometri all’ora: una condizione meteo molto più favorevole per la navigazione.

Il grafico mostra i giorni della seconda metà del dicembre del 2022 e i primi giorni del gennaio 2023 (MeteoBlue)

Che nei primi giorni del 2022 il mare nel Mediterraneo centro-meridionale fosse mosso, mentre nel 2023 fosse decisamente più calmo, lo si ricava anche da altre stazioni. Il sito di meteorologia Rp5 mostra che a Homs, in Libia, all’estremità orientale del golfo che inizia a Sfax, in Tunisia, nei primi dieci giorni del 2023 la velocità delle raffiche di vento era di circa un terzo rispetto a quella registrata nello stesso periodo del 2022. Sempre a Homs nel 2022 la temperatura media in quei dieci giorni era stata di 14,4°C, mentre nel 2023 è stata superiore di quasi due gradi, 16,3°C.

«Per le condizioni del mare anche una differenza di pochi gradi di temperatura cambia tutto», spiega Matteo Villa, ricercatore dell’ISPI esperto di migrazioni, uno dei primi a trovare una correlazione fra condizioni meteo e partenze di migranti dalle coste del Nord Africa.

Nel 2019 Villa stava lavorando a un articolo con Eugenio Cusumano, ricercatore di relazioni internazionali dell’università di Leida, nei Paesi Bassi, per capire se ci fosse una correlazione fra la presenza delle navi delle ong nel Mediterraneo Centrale e la partenza di migranti dalle coste del Nord Africa: il cosiddetto “pull factor” di cui si parla ancora oggi, più volte smontato in seguito dallo stesso Villa e da altri studiosi.

– Leggi anche: No, le ong non attirano i migranti in Europa

«All’inizio dello studio volevo capire quanto spostassero le ong in termini di numeri di partenze: intuitivamente pensavo fosse molto poco, non che fosse addirittura niente. Le ong sembrano avere un piccolo effetto di incentivo delle partenze, di fatto irrilevanti in termini assoluti, nei mesi invernali, quando le partenze sono già molto basse e tali restano. E nullo nell’arco di tutto l’anno». spiega Villa. «Accumulando dati, abbiamo verificato che erano solo due i fattori importanti a spiegare le partenze: le condizioni atmosferiche dei luoghi di partenza e le condizioni economiche dei paesi d’origine».

Villa e Cusumano si sono concentrati sulle prime, più facilmente misurabili rispetto alle seconde. In un grafico hanno messo le condizioni meteorologiche registrate nella stazione dell’aeroporto di Tripoli, in Libia, dando loro un punteggio da 1 a 14 (1 rappresenta le condizioni meteo peggiori, 14 le migliori), insieme ai numeri delle partenze giornaliere dalle coste della Libia. La correlazione è evidente: nei giorni di meteo migliore partono decine di persone, in quelli peggiori non parte praticamente nessuno, e la curva sale in maniera graduale col progredire delle condizioni meteo. Villa spiega che la correlazione rimane la stessa anche con i dati aggiornati fino al 2021.

Esaminando lo stesso periodo, cioè i primi dieci mesi del 2019, Villa e Cusumano hanno cercato correlazioni fra la presenza delle ong e il numero di partenze: come si vede nel grafico a sinistra qui sotto, non ne hanno trovata alcuna. In media, anzi, dalle coste libiche partivano in media più persone nei giorni in cui non c’erano navi delle ong nel Mediterraneo centrale.

Le condizioni meteo sono state considerate come un fattore che incide sulle partenze, anche se in maniera meno significativa, anche da uno studio più recente di Giacomo Battiston, ricercatore esperto di migrazioni dell’università di Padova: il suo studio però si riferisce al periodo compreso fra 2014 e 2017, quando la situazione dei soccorsi nel Mediterrano centrale era molto diversa (le navi delle ong erano pochissime e il governo italiano aveva una missione il cui scopo esplicito era soccorrere le persone che partivano dalla Libia, Mare Nostrum).

Negli anni comunque fra gli addetti ai lavori la percezione che le condizioni meteo condizionino parecchio le partenze dal Nord Africa si è solidificata. Da qualche tempo è comparsa anche nei documenti interni di Frontex, l’agenzia di controllo delle frontiere dell’Unione Europea. In un documento interno diffuso nel marzo 2021 e letto dal Post, si dice per esempio che «il flusso migratorio irregolare nel Mediterraneo Centrale continua ad essere condizionato dalle condizioni meteo in mare».

Una simile correlazione è stata osservata anche in altre zone di flusso migratorio in Europa: per esempio nel Canale della Manica, fra Francia e Regno Unito. Nel 2021 il sito specializzato InfoMigrants, parlando degli arrivi via mare sulle coste britanniche, scriveva che «un periodo di bel tempo coincide spesso con un aumento del numero di migranti che provano ad attraversare le acque fra Francia, Belgio e Regno Unito».

Gatti, il responsabile delle operazioni di ricerca e soccorso di Medici Senza Frontiere, racconta che nella sua esperienza nel Mediterraneo centrale «in inverno i periodi di bel tempo sono intervalli in media di tre giorni, ma possono essere anche di uno, in mezzo a periodi più lunghi di cattivo tempo». In quella breve finestra di bel tempo partono diversi imbarcazioni: è la ragione per cui le imbarcazioni arrivate a Lampedusa dall’inizio del 2023 sono ormai decine.

Il fatto che i periodi di bel tempo siano così brevi, però, aumenta anche i rischi della traversata. E nella logica di Gatti rafforza le ragioni per cui le navi delle ong dovrebbero rimanere a presidiare il Mediterraneo Centrale, e non tornare in Italia dopo una sola operazione di soccorso come prescritto dall’ultimo decreto-legge del governo Meloni, approvato a fine dicembre.

«In questo periodo le imbarcazioni che partono col bel tempo possono ritrovarsi improvvisamente in mezzo a mare grosso, e questo aumenta il rischio di morte delle persone a bordo. Oggi, però, accade spesso che non ci sia nessuno a soccorrerle».