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  • Martedì 27 dicembre 2022

Dei Mondiali di calcio del 2026 si sa il dove, ma non ancora il come

Quelli in Messico, Canada e Stati Uniti saranno i primi con 48 squadre, ma c'è da decidere come dividerle

Lo stadio Azteca, a Città del Messico (Hector Vivas/Getty Images)
Lo stadio Azteca, a Città del Messico (Hector Vivas/Getty Images)
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I prossimi Mondiali di calcio, quelli femminili, a cui l’Italia è qualificata, si giocheranno nel 2023 in Australia e Nuova Zelanda, dal 20 luglio al 20 agosto. I prossimi Mondiali maschili si giocheranno invece tra il giugno e il luglio 2026 in 16 stadi di altrettante città di Stati Uniti, Messico e Canada, che ne ottennero l’assegnazione nel 2018. Ma se si sa il quando e il dove, ancora ci sono da decidere molte cose sul come: saranno infatti i primi Mondiali a cui parteciperanno 48 squadre e non più 32, come è sempre stato dal 1998 in poi, e questo richiederà un radicale ripensamento delle modalità con cui verrà strutturato il calendario e il tabellone.

La FIFA, l’organismo che governa il calcio mondiale, dovrà decidere quante partite ci saranno, quanti gironi, quante squadre per girone e quante squadre qualificate per ogni girone. In Qatar le partite sono state 64, mentre nel 2026 saranno come minimo 80, ma forse anche più di 100. Si è anche parlato dell’introduzione già dai gironi dei calci di rigore in caso di pareggio, secondo certe ipotesi perfino all’inizio delle partite.

I Mondiali del 2026 saranno un nuovo tentativo di far crescere l’interesse per il calcio nel Nordamerica e in particolare negli Stati Uniti, dove si giocherà la maggior parte delle partite. L’assegnazione fu decisa durante il congresso che la FIFA fece nel 2018 a Mosca, poco prima che iniziassero i Mondiali di Russia.

Il congresso FIFA del 2018, a Mosca, in Russia (AP Photo/Alexander Zemlianichenko)

Per un principio di alternanza, la FIFA decise che dopo Russia e Qatar i Mondiali dovevano essere in continenti diversi da Asia ed Europa, e che potevano di nuovo essere considerate le candidature congiunte di più paesi, una cosa che era stata vietata dopo quelli del 2002 in Giappone e Corea del Sud. Gli Stati Uniti avevano già ospitato i Mondiali nel 1994, il Messico nel 1970 e nel 1986 (diventerà il primo paese ad averli ospitati tre volte) e il Canada invece mai.

I tre paesi avevano ognuno valutato di candidarsi singolarmente, ma decisero poi di unirsi e ottennero insieme oltre il doppio dei voti rispetto all’unico altro paese candidato: il Marocco, che già aveva provato a ospitare nel 2010 i primi Mondiali africani, poi assegnati al Sudafrica, e la cui candidatura è uno dei segni di come e quanto i recenti risultati della nazionale marocchina non saltino fuori dal nulla.

Il Marocco aveva dalla sua il supporto della Cina, di gran parte dell’Asia e di buona parte dell’Europa, ma quando la FIFA prende le sue decisioni il voto di ognuna delle oltre 200 federazioni nazionali che la compongono vale uguale: a prescindere dalla grandezza o rilevanza, il voto della federazione argentina vale cioè tanto quanto quello della piccolissima federazione di San Marino. Sembra che un determinante ruolo nella scelta della candidatura degli Stati Uniti lo ebbero tre lettere dell’allora presidente Donald Trump.

Gianni Infantino e Donald Trump, nell’agosto 2018 alla Casa Bianca (Chip Somodevilla/Getty Images)

L’aumento da 32 a 48 paesi era stato deciso prima, nel 2017, dopo che se ne parlava da anni. I Mondiali di calcio ebbero 13 squadre partecipanti nel 1930, alla loro prima edizione, dopodiché furono al massimo 16 fino al 1978, 24 fino al 1994 e poi sempre 32 da Francia ’98 fino a Qatar ’22. In questi ultimi anni si sono tenuti sempre con lo stesso formato: ci sono inizialmente otto gironi da quattro squadre, ogni squadra gioca con le altre del suo girone e alla fine si qualificano in 16 (le due migliori di ogni gruppo), che si sfidano poi in partite tutte a eliminazione diretta, dagli ottavi di finale alla finale.

L’estensione a 48 paesi ha molte ragioni, soprattutto economiche. Più squadre qualificate significa fare felici più federazioni (quasi una su quattro di quelle che fanno parte delle FIFA si qualificherà ai prossimi Mondiali) e avere inoltre più paesi direttamente interessati all’evento, quindi più biglietti venduti e migliori contratti televisivi.

L’aumento di un terzo delle squadre si inserisce inoltre nell’ambizione, più volte dichiarata dal presidente FIFA Gianni Infantino, di rendere il calcio uno sport ancora più globale di quanto non sia attualmente, aprendolo a sempre più mercati. E poche cose funzionano bene, per accrescere l’interesse calcistico in un paese, come la qualificazione ai Mondiali di calcio, magari per la prima volta (in Qatar l’unica squadra debuttante era il Qatar). Già solo la qualificazione di un paese come la Cina, che fin qui ha giocato i Mondiali una sola volta, nel 2002, sarebbe un enorme risultato in termini di seguito e spettatori aggiuntivi.

Ancora si devono sorteggiare i gironi continentali (o talvolta inter-continentali) di qualificazione ai Mondiali del 2026, ma già si sa quante squadre arriveranno da ognuna delle sei confederazioni continentali in cui è divisa la FIFA. Si sa per esempio che tramite le qualificazioni della UEFA, la confederazione europea, si qualificheranno 16 squadre, tre in più rispetto a questi Mondiali. E anche che quelle sudamericane passeranno da 4 ad almeno 6, quelle asiatiche da 5 ad almeno 9 e quelle africane da 5 ad almeno 8.

“Almeno” perché al termine delle qualificazioni continentali ci sarà un torneo di spareggio intercontinentale tra sei squadre di diversi continenti, e in cui due squadre su sei saranno scelte in base al loro posizionamento nel ranking FIFA, per provare a limitare la possibilità che squadre importanti restino tagliate fuori dalle qualificazioni.

Ancora non si è deciso, però, come le squadre si affronteranno ai Mondiali. Fatta eccezione per un paio di edizioni, se ai Mondiali di calcio erano previsti dei gironi, quei gironi erano sempre da quattro squadre. Ed è dal 1986 che le quattro squadre di uno stesso girone giocano in contemporanea le loro ultime partite del girone, quelle spesso decisive. Succede in conseguenza di quella che è nota come “la vergogna di Gijón”, un evento che qualcuno descrive come un palese “patto di non belligeranza” tra due squadre di calcio e che per molti rappresenta il primo vero caso di “biscotto” calcistico.

Ai Mondiali in Spagna del 1982, allo stadio El Molinón di Gijón, Germania Ovest e Austria, due paesi confinanti e vicini non solo da un punto di vista geografico, si trovarono infatti a giocare la terza e ultima partita del loro girone, dopo che già avevano giocato le altre due squadre, Cile e Algeria. In caso di vittoria per 1-0 della Germania Ovest entrambe le squadre si sarebbero qualificate: finì proprio così, con i giocatori in campo che diedero l’evidente impressione di essersi messi d’accordo.

– Leggi anche: La storia della “vergogna di Gijón”

Per i Mondiali del 2026 si deve trovare insomma un modo per partire da 48 squadre e arrivare, dopo un ragionevole numero di partite, a una finale. Il tutto cercando di organizzare quante più partite avvincenti e significative possibile, limitando le possibilità di risultati combinati e nell’ottica di organizzare un torneo il più possibile equo ed equilibrato.

Una ipotesi prevede che le 48 squadre siano divise in 16 gironi da 3 squadre, per far poi accedere alle eliminazioni dirette le prime due classificate di ogni girone: anziché dagli ottavi di finale le eliminazioni dirette inizierebbero dai sedicesimi di finale e i Mondiali avrebbero così 80 partite totali. Oltre a essere un’ipotesi, è l’opzione che la FIFA disse di preferire quando ormai qualche anno fa decise di ampliare i Mondiali a 48 squadre.

Da qualche tempo, in particolare dopo le terze partite dei gironi in Qatar, spesso avvincenti e indecise fino agli ultimi minuti, ci sono però sempre più dubbi su questo formato, anche all’interno della FIFA. Perché si presta particolarmente al rischio di risultati combinati: un girone da tre squadre significa un totale di tre partite per girone, due per ciascuna squadra. Si giocherebbero ovviamente in sequenza, ma le due squadre che si incontrerebbero per ultime avrebbero un certo margine per accordarsi su un risultato a discapito della terza. Il rischio è maggiore rispetto a quello che esiste con l’attuale formato dei gironi perché ci sono meno variabili coinvolte (c’è una squadra in meno) e perché non c’è l’elemento di incertezza dovuto al giocare l’eventuale partita combinata in contemporanea con quella delle altre due squadre del girone.

Questo formato ha poi un altro problema, dal punto di vista delle squadre favorite: basterebbe sbagliare una partita, come successo all’Argentina in Qatar contro l’Arabia Saudita, per correre seriamente il rischio di essere eliminati. Una sconfitta è più pesante se una squadra deve giocare solo due partite nel girone.

Dei tanti problemi del formato noto come “16×3” ha parlato di recente The Athletic, citando tra l’altro uno studio pubblicato nel 2021 sul Journal of Sports Analytics secondo cui i gironi da tre sono in effetti ad alto rischio di collusione e rappresentano «un preoccupante passo indietro nella storia dei Mondiali di calcio».

Sempre The Athletic aveva scritto alcune settimane fa che la FIFA stava «considerando l’introduzione di una serie di calci di rigore», quelli che in genere si tirano solo dopo i supplementari in caso di parità, dopo le partite dei gironi finite in parità, così da dare un punto bonus alle squadre che li vincono. Sarebbe un sistema per favorire classifiche più varie nel caso di gironi da tre squadre. Addirittura, sempre secondo The Athletic, la FIFA avrebbe valutato anche la possibilità di far tirare quei rigori prima delle partite, così da sapere già chi, in caso di successivo pareggio, otterrebbe quel bonus.

Ma non c’è ancora niente di deciso, anche perché viene descritta come sempre più probabile la possibilità che la FIFA scelga di mantenere i gironi da quattro squadre.

La principale alternativa al formato “16×3” è infatti il “12×4”, con 12 gironi da quattro squadre, in cui a qualificarsi alle eliminazioni dirette sarebbero 12 prime classificate, 12 seconde classificate (e quindi 24 squadre) e poi le 8 migliori terze (per arrivare a 32). È il formato che porterebbe i Mondiali a 104 partite totali, 40 in più rispetto al Qatar.

C’è poi una terza possibilità, accennata dall’ex allenatore Arsene Wenger, ora direttore tecnico della FIFA: prevede che le 48 squadre vengano divise in due tabelloni diversi da 24 squadre ciascuna. Sarebbe come organizzare due tornei paralleli da 24 squadre, con le due vincenti che si affrontano in finale. Visto che fino al 1994 i Mondiali erano giocati con 24 squadre, basterebbe insomma replicare e raddoppiare quel vecchio formato (in cui si qualificavano già le prime due di ogni girone e le miglior terze) per certi versi giocando quindi due Mondiali in uno. Altri hanno paragonato questo formato al modello delle “conference” statunitensi, le grandi leghe – Est e Ovest – in cui si divide l’NBA.

Sembrano invece meno probabili tutte le ipotesi in cui, partendo da 48 squadre, la FIFA decida di farne qualificare solo una per girone, magari con il ripescaggio di qualche seconda, per arrivare più in fretta ad avere 16 squadre. Non è nel suo interesse far giocare meno partite e far uscire subito la maggior parte delle squadre.

Ancora non si sa quando la FIFA sceglierà il formato per i Mondiali del 2026, ma Wenger ha detto che ritiene che una decisione verrà presa «durante il 2023». Soltanto nel 2024 si sceglierà invece dove si faranno i Mondiali del 2030, quelli del centenario.

– Leggi anche: Il Qatar ce l’ha fatta