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  • Mercoledì 21 settembre 2022

Nei paesi delle Dolomiti chiudono gli stadi del ghiaccio

Per costi dell’energia e siccità, Alleghe e Pieve di Cadore sono già rimaste senza palazzetti e altri comuni potrebbero aggiungersi

di Pietro Cabrio

Il Palaghiaccio Alvise De Toni di Alleghe (Alleghe Hockey)
Il Palaghiaccio Alvise De Toni di Alleghe (Alleghe Hockey)
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Nelle ultime settimane alcuni comuni del Cadore, la zona meridionale delle Dolomiti tra il Veneto e il Friuli, hanno deciso di chiudere i loro palazzetti del ghiaccio a causa degli elevati costi dell’energia, per il timore di arrivare al dissesto finanziario nel giro di qualche mese.

Ad Alleghe il sindaco ha disposto la chiusura a fine mese dello stadio Alvise De Toni, usato sia dalla cittadinanza sia dalla squadra locale di hockey, dopo che ad agosto i costi delle bollette erano saliti a 53 mila euro, contro i 5.900 dell’anno scorso. Lo stesso è successo nel comune di Pieve di Cadore, dove il Palaghiaccio di Tai è stato chiuso in seguito a un aumento delle ultime bollette da 18 mila a 55 mila euro.

Il sindaco di Alleghe, Danilo De Toni, ha detto: «La chiusura al 30 settembre è inevitabile. Dovevamo chiudere ancora prima, ma c’era un torneo giovanile regionale e abbiamo fatto uno sforzo. Senza certezze non possiamo riaprirlo. I costi sono insostenibili e aumenteranno ancora». Il problema, oltre al generale aumento del costo dell’energia, è stato complicato dalla siccità estiva. Nel caso di Alleghe la scarsità d’acqua non ha permesso infatti di fare ricorso alla piccola centrale elettrica sul torrente Zunaia, che non ha prodotto energia a sufficienza per sostenere i consumi dello stadio (nonostante l’estate sia un periodo meno dispendioso).

Con l’abbassamento delle temperature e l’arrivo dell’inverno, i costi del palazzetto aumenterebbero sicuramente di decine di migliaia di euro, motivo per cui l’amministrazione comunale non può garantire nessuna riapertura senza mettere a rischio il bilancio già limitato di un piccolo paese con poco più di mille residenti.

 

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In comuni come Alleghe e Pieve di Cadore, dove il turismo non ha la stessa incidenza sull’economia locale di altri centri abitati delle Dolomiti, e dove le questioni legate allo spopolamento e all’aumento dell’età media degli abitanti sono più evidenti che altrove, queste chiusure preoccupano parecchio i residenti. Nei mesi più freddi gli stadi del ghiaccio sono infatti dei punti di ritrovo per le comunità e durante tutta la settimana impegnano centinaia di ragazzi e ragazze, tra hockey, pattinaggio e altre attività.

C’è poi il problema legato alle squadre di hockey locali, con settori giovanili annessi. Sia ad Alleghe che a Pieve di Cadore hanno sede due club storici del campionato italiano. L’Alleghe gioca in seconda divisione, il prossimo anno festeggerà novant’anni e, come piace ricordare alla comunità, la squadra non ha mai smesso di giocare nel suo paese, neanche durante la Seconda guerra mondiale. Il Pieve di Cadore, invece, esiste da settant’anni e gioca nella terza serie.

«Sono arrivati giocatori stranieri, abbiamo preso accordi con altre società e ora ci è arrivata questa mazzata che non so come potremmo superare. Di certo il nostro paese da oggi è un po’ più povero» ha detto il presidente dell’Alleghe, Adriano Levis, per cui questi problemi sono appena iniziati: «Siamo soltanto la punta dell’iceberg. Da qui a qualche settimana altre società avranno lo stesso problema».

Levis si riferisce ai centri abitati più grandi e frequentati, quelli che possono ancora permettersi di far fronte alle spese in aumento: come Feltre, che è a circa un’ora di macchina da Alleghe e che almeno per il momento ha offerto la sua disponibilità a ospitare le squadre rimaste senza palazzetti.

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