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  • Lunedì 22 agosto 2022

Una siccità forse peggiore di questa

Bisogna andare indietro fino al 1540, quando i grandi fiumi europei si potevano attraversare a piedi

Il letto del fiume Tille a Lux, nell'est della Francia, il 9 agosto 2022 (AP Photo/Nicholas Garriga, LaPresse)
Il letto del fiume Tille a Lux, nell'est della Francia, il 9 agosto 2022 (AP Photo/Nicholas Garriga, LaPresse)
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La siccità che l’Europa sta attraversando in questi mesi potrebbe essere la peggiore degli ultimi cinquecento anni. Per fare una stima definitiva bisognerà aspettarne la fine, ma secondo Andrea Toreti, ricercatore del Centro comune di ricerca della Commissione Europea che si occupa delle analisi dell’Osservatorio europeo sulla siccità, si può già dire che supererà per gravità quella del 2018, che già aveva pochi precedenti nei secoli passati. Per questo c’è chi l’ha confrontata con un periodo di scarsità d’acqua e incendi per l’Europa ben più lontano nel tempo ma eccezionale: la siccità del 1540.

Per quell’anno gli storici usano l’espressione “megasiccità”, racconta un articolo di Politico: dopo un decennio di tremende condizioni meteorologiche, per quasi un anno ci fu una grave carenza d’acqua nell’Europa occidentale e centrale, dalla Francia alla Polonia, con temperature maggiori di 40 °C.

Alcuni dei più grandi fiumi del continente come il Reno, la Senna e l’Elba si attraversavano a piedi mentre i trasporti fluviali venivano rallentati o impediti (come oggi) e i mulini non potevano lavorare (come oggi le centrali idroelettriche). Una parte del bestiame morì per la poca acqua a disposizione, l’uva si seccò prima della vendemmia, la dissenteria si diffuse a causa dell’uso di acque stagnanti. I prezzi di moltissimi prodotti, dalla farina al latte, aumentarono.

Molte foreste bruciarono e così alcune città, a quel tempo fatte in gran parte di legno: era un periodo di tensioni religiose e capitò che di quegli incendi vennero accusate persone perseguitate come streghe.

Fu ad esempio il caso di Heinrich Diek, un abitante di Einbeck, in Germania, che venne arrestato e ucciso perché ritenuto responsabile di un incendio in cui si pensa morirono circa 500 persone: sotto tortura parlò di una cospirazione contro i protestanti guidata dal duca di Brunswick-Lüneburg Enrico V, allora guida dei principi cattolici tedeschi, ragione per cui i suoi avversari chiesero all’imperatore del Sacro romano impero Carlo V di intervenire, e sia il papa che Martin Lutero furono chiamati in causa.

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Le cronache dell’epoca descrivono scene apocalittiche, ad esempio quando dicono che il Sole sembrava un disco bianco, o che era circondato da un alone rosso, probabilmente effetti dovuti al fumo degli incendi, ma riferiscono anche vari dettagli concreti che permettono di capire che tipo di avversità dovettero affrontare gli europei del Cinquecento.

A Besançon, in Francia, gli abitanti si rintanavano nelle cantine a metà mattina, per evitare il caldo, e i minatori erano dispensati dal lavoro. A Ulm, in Germania, i religiosi dovevano pregare per chiedere pioggia. Nella zona del Lago di Costanza, in Svizzera, il prezzo dell’acqua superava quello del vino. A Parma l’acqua veniva portata da muli, come oggi si ricorre alle autobotti per servire alcuni centri abitati particolarmente colpiti dalla siccità.

A mettere insieme i documenti dell’epoca – più di 300 – e fare un quadro completo è stato lo storico svizzero Christian Pfister, professore emerito dell’Università di Berna e autore di una storia climatica d’Europa degli ultimi mille anni scritta insieme al climatologo Heinz Wanner. Pfister ritiene che dovremmo ricordare meglio i disastri meteorologici del passato per prepararci a possibili eventi futuri e che anni disastrosi come il 1540 potrebbero ricapitare anche in assenza del contributo del cambiamento climatico causato dalle attività umane.

Anche perché oggi in un certo senso siamo più esposti alla siccità: anche se abbiamo risorse per difenderci meglio dalla riduzione dei raccolti in una certa area geografica, abbiamo bisogno di quantità d’acqua molto maggiori sia per le colture che per altri usi, tra cui il funzionamento delle centrali idroelettriche e il raffreddamento di quelle nucleari e a gas.

E se nel Cinquecento la carenza di piogge poteva essere compensata dalle maggiori fusioni dei ghiacciai alpini, oggi e ancor più nei prossimi decenni non possiamo farci lo stesso affidamento: a causa del riscaldamento globale la superficie dei ghiacciai si sta riducendo e si stima che molti scompariranno entro il 2050.

Non sappiamo come mai il 1540 fu un anno tanto siccitoso, i fenomeni meteorologici sono difficili da ricostruire così indietro nel tempo. Quell’anno fu poi seguito da altri ancora più difficili, perché verso la fine del secolo ci furono inverni freddi e umidi che fecero diminuire la produzione agricola molto di più.

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