I tic dei millennial sui social network

Come la pausa prima di iniziare un video e altri comportamenti superati che i più giovani non mancano di far notare

millennial tiktok
(TikTok)
Caricamento player

Una delle cose che caratterizza la generazione dei millennial, cioè quella delle persone nate tra il 1981 e il 1996, è di essere cresciuta nel periodo in cui cominciava a diffondersi l’uso del web. Una cospicua parte dei millennial è nata quando Internet ancora non esisteva e ha quindi una familiarità acquisita, per quanto precoce, con tecnologie, strumenti e formati divenuti poi nel tempo più efficienti, diffusi e popolari, ma almeno inizialmente nuovi e insoliti anche per loro.

Alcuni particolari segni di appartenenza a questa generazione, secondo un recente articolo dell’Atlantic, cominciano oggi a emergere in modo più o meno evidente attraverso certe abitudini e vezzi involontari nell’utilizzo dei social: sicuramente un utilizzo diverso, quantomeno sul piano estetico, rispetto a quello che di questi strumenti fanno le persone appartenenti alla generazione successiva (la Generazione Z, quella dei nati tra il 1997 e il 2012).

Uno dei segni più riconoscibili sarebbe in particolare la frazione di secondo che i millennial attendono di solito prima di iniziare a parlare in un video, oggi che è molto più comune che in passato registrare video di sé stessi da condividere poi sulle piattaforme social. Quella breve pausa – la «pausa da millennial», come la definisce l’Atlantic – è quello che resta della soluzione intuitiva dei millennial a un vecchio problema. Le tecnologie precedenti non permettevano infatti di avviare registrazioni all’istante e senza un minimo ritardo, e per evitare che la registrazione cominciasse con una parola a metà era abbastanza normale aspettare un istante prima di cominciare a parlare: cosa che invece i più giovani non hanno mai dovuto fare.

– Leggi anche: Chi è un “millennial”?

Dopo essere stata la prima generazione a crescere utilizzando i social media, e aver definito per oltre un decennio l’«ecosistema online» dominante attraverso siti come Myspace, Tumblr, Facebook e Twitter, quella dei millennial è ora la prima generazione a mostrare sui social i segni del proprio invecchiamento e dell’appartenenza a «un’era digitale passata», ha scritto Kate Lindsay, giornalista trentacinquenne autrice dell’articolo sull’Atlantic. Nemmeno celebrità come la cantautrice Taylor Swift, nata nel 1989, riescono a evitare di mostrare questi segni, ha aggiunto Lindsay citando una tiktoker di Boston a cui ha attribuito la coniazione dell’espressione «pausa da millennial».

@nisipisa #stitch with @taylorswift ♬ All Too Well (10 Minute Version) (Taylor’s Version) (From The Vault) – Taylor Swift

Le persone della generazione Z costituiscono un’ampia parte della base di utenti di TikTok, osserva Lindsay, e il fatto che siano «cresciuti filmando sé stessi» emerge chiaramente dalla maggiore familiarità che mostrano con questa pratica rispetto alle generazioni precedenti, tendenzialmente un po’ più goffe e a disagio.

A notare i «millennialismi» sui social sono in alcuni casi proprio persone della generazione Z, in video parodistici in cui imitano quei modi di fare. Altre volte sono i millennial, a cominciare dalla stessa Lindsay, a essere particolarmente ricettivi verso quei segni: «Una volta che mi sono resa conto della pausa da millennial, ho cominciato a notare la mia età in ogni parte della mia esperienza su Internet». Lindsay cita come altri indizi di una certa «era digitale», per esempio, l’uso delle gif come reazioni ai messaggi, degli elenchi di cose nelle brevi biografie degli account social e dei testi animati delle canzoni nelle storie di Instagram.

Un’altra abitudine attribuita ai millennial da alcuni utenti di TikTok, oltre alla pausa da millennial, è quella di fare uso degli zoom nei video per enfatizzare determinati punti del discorso. Ma lo fanno in un modo che ai tiktoker autori delle parodie sui millennial – video che fanno milioni di visualizzazioni – appare spesso casuale, perché i punti enfatizzati non sono poi così eccezionali. Spesso usano sospiri, smorfie e altre pose affettate per aggiungere particolari ma a volte incomprensibili sfumature al discorso.

E c’è poi tra i millennial una certa tendenza ad abusare di espressioni da meme e formule ricorrenti come «vincere l’Internet», «dimmi che… senza dirmi che» e altre frasi del genere (che in Italia sono poi spesso riprese o tradotte letteralmente a partire da quelle che circolano in ambito anglosassone).

@blizz988 I did a thing! #foryou #doggos #meme #impressions #millenial #comedy ♬ original sound – Michael S.

Altri popolari tiktoker prendono in giro i millennial per il loro modo di fare e di apparire durante le dirette sui social, oppure per le pose standard che assumono nelle fotografie che usano poi come profilo per gli account social: foto scattate dall’alto o dal basso, per esempio, o in cui assumono espressioni goffe e innaturali come la cosiddetta “duck face” (faccia d’anatra), cioè l’espressione che si fa mettendo le labbra come quando si bacia.

@biancascaglione then they accidentally end the live by trying to use a filter 😍 #fyp #pov #millennial ♬ Rich Minion – Yeat

@iamsbeih i feel like we’ve collectively blacked out our myspace phase #millennialsoftiktok #millennial ♬ original sound – sbeih

Quello che sta capitando ai millennial, secondo Lindsay, è in un certo senso quello che in precedenza era capitato ai boomers (la generazione dei nati tra il 1946 e il 1964) e alla generazione X (quella dei nati tra il 1965 e il 1980). Anche le persone di quelle generazioni erano state prese in giro dai millennial o «ridotte a stereotipi», peraltro in modi spesso poco lusinghieri e a volte apertamente critici.

– Leggi anche: Cosa vuol dire “Ok, boomer”, per chi se lo è chiesto

La differenza rispetto a quelle contrapposizioni passate, prosegue Lindsay, è che i millennial rappresentano il primo gruppo cresciuto utilizzando Internet e le piattaforme dei social. E di conseguenza è la prima generazione che, proprio in quella parte di Internet «su cui un tempo regnava», ora «osserva la propria giovinezza svanire in tempo reale» e «la propria crescente irrilevanza, meticolosamente documentata in meme, tendenze e titoli».

La convenzionale suddivisione del tempo in generazioni è stata spesso criticata in passato perché ritenuta da molte persone fuorviante e poco significativa. In questo senso, non è detto che le abitudini attribuite da Lindsay ai millennial a proposito del loro utilizzo dei social siano tendenze necessariamente diffuse in quel particolare gruppo e non in altri.

– Leggi anche: Il concetto di “generazioni” è sopravvalutato

Come ha detto al sito australiano Junkee Fiona Martin, docente di educazione dei media all’Università di Sydney, generazioni differenti hanno sempre utilizzato le tecnologie della comunicazione in modi che sono definiti da qualcosa di più del semplice criterio dell’età. Più che un invecchiamento dei millennial sui social, secondo Martin, «ciò che abbiamo osservato nell’ultimo decennio sono diverse modalità culturali di commento e di condivisione sui social, sviluppate sulla base di un’intera gamma di fattori tra cui l’età, il genere sessuale, la nazionalità e lo sfondo etnico e razziale».

Se si considera quanto siano complessi e articolati i processi che definiscono l’appartenenza a un determinato gruppo sociale da parte di persone di generazioni differenti, parlare dei millennial come se fossero un gruppo omogeneo è, secondo Martin, una premessa errata di qualsiasi discorso. «È una prospettiva molto anglosassone che non tiene conto delle sottoculture all’interno dei gruppi di età né della diversità dei gruppi etnici».