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  • Sabato 13 agosto 2022

Le tre nuove squadre di Serie A

Cremonese, Lecce e Monza vengono da percorsi molto diversi, e in modi diversi tenteranno di non retrocedere dopo una sola stagione

Gianluca Caprari, nuovo acquisto del Monza (Marco Luzzani/Getty Images)
Gianluca Caprari, nuovo acquisto del Monza (Marco Luzzani/Getty Images)
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Una delle particolarità del campionato di Serie B è che delle venti squadre che lo giocano in un anno, sette non ci saranno più la stagione successiva. Quattro vengono infatti retrocesse e tre vengono promosse in Serie A al termine di un processo — i playoff — che coinvolge complessivamente otto squadre. Se ci si aggiunge la competitività del campionato e il livello piuttosto omogeneo delle squadre, il risultato è un torneo soggetto a continui cambiamenti e aperto a ogni risultato, come si è visto negli anni passati.

Per le neopromosse restare in Serie A non è mai facile, ma di recente il tasso di salvezza è cresciuto: l’anno scorso delle tre salite dalla Serie A soltanto il Venezia — promosso tramite i playoff — è tornato subito in Serie B. Lo Spezia, invece, prima di vincere i playoff nel 2020 non aveva mai giocato un solo anno di Serie A in 114 di storia, e ora è alla sua terza stagione di fila.

Quest’anno saranno Lecce, Cremonese e Monza a tentare di resistere più di un solo anno in Serie A per cercare di costruire un ciclo.

La Cremonese festeggia la promozione allo stadio Zini (Raffaele Rastelli/LaPresse)

L’ultima volta che la Cremonese ci giocò, nel 1996, il campionato era ancora a diciotto squadre ed era allenata da Luigi Simoni, che l’anno successivo andò all’Inter e ottenne le prime vittorie della seconda era Moratti. L’altra promossa direttamente, il Lecce, da qualche anno è una cosiddetta “squadra yo-yo”, perché sale e scende tra Serie B e Serie A con cadenza quasi annuale. Soltanto l’anno scorso rimase in Serie B per aver perso i playoff in semifinale. Il Monza invece in Serie A non ci è mai stato: per arrivarci ha dovuto aspettare 110 anni e l’arrivo del brianzolo più famoso, Silvio Berlusconi.

La squadra di Cremona porta in Serie A una combinazione di colori che non si vedeva da tempo, con il suo caratteristico grigio-rosso. Dal 2007 è di proprietà di un cremonese, Giovanni Arvedi, imprenditore nel settore siderurgico (senza legami con il conte Pietro Arvedi, ex proprietario del Verona, morto in un incidente automobilistico tredici anni fa). Potrebbe giocare le prime partite casalinghe della stagione a Cesena, in attesa dell’adeguamento dello stadio Zini di Cremona.

In molti non ritengono sia un caso che dopo 26 anni nelle serie minori, la Cremonese si sia risollevata da quando ha come consulente strategico Ariedo Braida, dirigente del Milan di Berlusconi per trent’anni e del Barcellona dal 2015 al 2019. Con il lavoro di Braida la squadra lombarda è passata in un solo anno dal dodicesimo al secondo posto in Serie B, peraltro ottenuto con una squadra “istantanea”, cioè costruita perlopiù da prestiti arrivati in una sola estate.

Ora però quella squadra è stata rifatta quasi da capo, perché alcuni dei giocatori più incisivi come Nicolò Fagioli, Marco Carnesecchi, Caleb Okoli e Gianluca Gaetano sono rientrati alle loro squadre di appartenenza (Juventus, Atalanta e Napoli). Finora, tra acquisti, ingaggi e nuovi prestiti, la Cremonese ha racimolato dal mercato una ventina di nuovi giocatori rispetto alla passata stagione, tra cui l’argentino Santiago Ascacíbar in prestito dall’Hertha Berlino, l’ex portiere di riserva dell’Inter Ionut Radu e il centravanti del Venezia in Serie A David Okereke. Ha cambiato anche allenatore, dato che Fabio Pecchia ha preferito restare in Serie B, ma al Parma, e ha lasciato il posto all’esordiente Massimiliano Alvini, l’anno scorso al Perugia.

Il Lecce di proprietà dell’avvocato Saverio Sticchi Damiani ha tenuto l’allenatore, Marco Baroni, e una squadra ce l’aveva già dall’anno scorso, con i vari Strefezza, Dermaku e Hjulmand, ma ci ha comunque aggiunto altri tredici nuovi giocatori, anche per rimpiazzare quelli cosiddetti “di categoria” che continueranno a giocare altrove in Serie B nonostante siano stati decisivi nella promozione, come Massimo Coda e Zan Majer.

Gabriel Strefezza esulta per il gol segnato in Coppa Italia al Cittadella (Giovanni Evangelista/LaPresse)

Quello del Monza invece è un discorso a parte. Negli ultimi anni si è visto che per le squadre arrivate in Serie A dai playoff neanche una rifondazione completa può bastare a evitare il ritorno immediato in Serie B. Il Monza ha però sorvolato nettamente il problema. Con le risorse economiche pressoché illimitate della sua proprietà e le conoscenze dell’amministratore delegato Adriano Galliani ha speso più di 20 milioni di euro per ricostruire la squadra, anche senza fare cessioni rilevanti (cioè senza incassare quasi nulla dal mercato in uscita).

Rispetto alla passata stagione ha nove titolari nuovi su undici, tutti di un certo livello: dal portiere Alessio Cragno all’ex capitano dell’Inter Andrea Ranocchia fino ai nazionali Stefano Sensi e Matteo Pessina, quest’ultimo cresciuto proprio nel Monza. E se ne stanno aggiungendo altri, l’ultimo dei quali è arrivato venerdì: Andrea Petagna dal Napoli, che in attacco farà coppia con Gianluca Caprari, acquistato dal Verona.

Da quattro anni il Monza è di proprietà di Berlusconi, che lo gestisce con il fratello Paolo, nominato presidente, e con Galliani, con cui aveva lavorato al Milan per trentuno anni. Con la nuova proprietà, il Monza è passato dalla Serie C alla B in un anno e dalla B alla A in due, dopo averla sfiorata nella passata stagione. In Serie A non punta soltanto alla salvezza e potrebbe giocare per un posto di metà classifica.

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