I gatti andrebbero tenuti chiusi in casa?

Se lasciati liberi uccidono uccelli e altri animali selvatici, per questo in alcune parti del mondo sono imposti lockdown e coprifuochi ai felini

Larry, il gatto che vive al 10 di Downing Street di Londra, residenza dei primi ministri britannici, rincorre un piccione il 6 agosto 2019 (Leon Neal/Getty Images)
Larry, il gatto che vive al 10 di Downing Street di Londra, residenza dei primi ministri britannici, rincorre un piccione il 6 agosto 2019 (Leon Neal/Getty Images)
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Uno dei modi più comuni in cui dividere le persone in due categorie contrapposte è quello che riguarda le due specie di animali da compagnia più diffuse: ci sono le persone che preferiscono i gatti e quelle che preferiscono i cani, e possono svilupparsi dibattiti animati per stabilire chi siano i più intelligenti o affettuosi. Solitamente però sono dispute senza conseguenze. Molto diverse sono le discussioni pubbliche che contrappongono i “gattari” agli appassionati di uccelli, che in molte parti del mondo chiedono che i gatti domestici siano tenuti chiusi in casa – un’imposizione crudele per molte persone che hanno gatti – e che le popolazioni di randagi siano controllate in qualche modo per evitare che uccidano volatili selvatici.

I gatti mantengono in misura più o meno accentuata l’istinto alla caccia anche quando vengono nutriti dalle persone, e inseguono e uccidono insetti, piccoli rettili e mammiferi e uccelli, anche se sono sazi. A volte mangiano parte delle prede cacciate, altre se ne disinteressano completamente. Esistono gatti che non uccidono altri animali, ma la maggior parte lo fa e spesso in misura maggiore rispetto a quanto possano credere i loro umani: secondo uno studio del 2013 realizzato utilizzando delle bodycam, solo il 23 per cento delle prede viene portato a casa.

Secondo uno studio pubblicato nel 2013 sull’autorevole rivista Nature Communications, negli Stati Uniti i gatti uccidono tra 1,3 e 4 miliardi di uccelli ogni anno. In Australia, secondo un recente rapporto commissionato dal parlamento che cita diverse ricerche, i gatti uccidono 1,6 miliardi di animali di specie autoctone del paese ogni anno e in media un singolo gatto randagio uccide 130 uccelli all’anno: considerando tutti i gatti randagi australiani, sono 320 milioni di uccelli. In Cina, secondo uno studio del 2021, si parla di un numero di uccelli compreso tra 2,7 e 5,5 miliardi all’anno.

Le statistiche sul numero di uccelli che ogni anno vengono uccisi dai gatti variano da paese a paese perché dipendono dai diversi ambienti in cui gatti e uccelli convivono, dal numero di gatti randagi presenti e dalle abitudini di quelli che vivono delle case: cioè se vengono tenuti chiusi in casa oppure se sono lasciati liberi di girare all’esterno da soli. Inoltre in generale sono vaghe, quando ci sono, perché è difficile stimare il numero di gatti randagi in un territorio, oltre al numero di animali selvatici che ognuno di essi uccide in media.

In Italia non sono state fatte stime di quanti animali selvatici siano uccisi dai gatti ogni anno, ma ce ne sono per altri paesi europei: in Germania si parla di 200 milioni di uccelli uccisi ogni anno da circa 14 milioni di gatti, nel Regno Unito di 27 milioni di uccelli per 9 milioni di gatti. In Polonia è stato fatto uno studio riguardo ai soli gatti di campagna, secondo cui ogni anno mangerebbero – sono tendenzialmente gatti che non sono nutriti dalle persone – 135 milioni di uccelli.

Proprio in Polonia, sulla base di questo studio pubblicato nel 2019 e del fatto che gli antenati dei gatti di oggi vivevano in Medio Oriente, i gatti sono stati da poco inclusi nell’elenco delle specie aliene invasive dell’Istituto per la Conservazione della Natura dell’Accademia delle Scienze polacca. La decisione ha suscitato un acceso dibattito e il biologo Wojciech Solarz ha raccontato ad Associated Press che non si aspettava tutte le critiche che sono arrivate: delle 1.787 specie animali e vegetali presenti nell’elenco, nessun’altra aveva ricevuto una tale attenzione.

Secondo Solarz, la reazione pubblica è stata influenzata dai resoconti di alcuni media, che davano l’impressione che l’Istituto per la Conservazione della Natura consigliasse una campagna di abbattimento dei gatti randagi: l’ente si è difeso dicendo di essere contrario a ogni tipo crudeltà sugli animali e Solarz ha voluto aggiungere di non avere nulla contro i gatti, pur avendo un cane.

In Australia, un paese in cui la percezione dei gatti come specie aliena è più condivisa e comprensibile dato che prima di inizio Ottocento non ce n’erano, l’abbattimento di massa era stato effettivamente individuato come unica possibile soluzione ai danni alla fauna autoctona nel 2015: i gatti randagi vengono catturati e uccisi in vario modo, anche se con risultati finora poco risolutivi.

L’Australia tuttavia si può considerare un caso estremo: le specie di uccelli e altri animali selvatici (i gatti uccidono anche molti rettili, anfibi e mammiferi) australiane hanno a che fare con i gatti da relativamente poco tempo e per questo sono particolarmente incapaci di difendersi. Lo stesso vale anche per la Nuova Zelanda, dove una specifica gatta vissuta a fine Ottocento è considerata la responsabile dell’estinzione dello scricciolo di Lyall (Traversia lyalli), un piccolo uccello che viveva sull’isola di Stephens: nel 1894 David Lyall, uno dei guardiani del faro dell’isola, prese con sé una gatta incinta di nome Tibbles e si pensa che nel giro di qualche anno lei e i suoi discendenti abbiano ucciso tutti gli scriccioli, che ironicamente furono riconosciuti come specie proprio da Lyall, da cui presero il nome.

Gli scriccioli di Lyall sono solo una delle circa 60 specie animali (di cui una quarantina di uccelli) che si sono estinte anche a causa dei gatti. Questa responsabilità dei felini domestici è la ragione per cui sono tra le 100 peggiori specie invasive del mondo secondo una valutazione dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), l’ente internazionale riconosciuto dall’ONU che valuta quali specie animali e vegetali rischiano l’estinzione.

Negli Stati Uniti, un altro paese in cui i gatti si sono diffusi relativamente di recente, i dibattiti tra appassionati di uccelli e gattari è particolarmente vivace, anche perché va avanti da più tempo. Già nel 1949 in Illinois venne approvata una legge per proteggere gli uccelli che prevedeva multe per chi lasciava i propri gatti liberi all’esterno e a partire dagli anni Ottanta sempre più persone cominciarono a tenerli chiusi in casa per contrastare la riduzione di certe popolazioni selvatiche – oltre che per la paura di malattie infettive e di incidenti stradali.

Oggi, secondo uno studio demografico del 2021, circa l’81 per cento dei gatti domestici statunitense vive chiuso in casa. In Europa, secondo lo stesso studio, è più comune permettere ai gatti di uscire: in Danimarca solo il 17 per cento dei gatti non esce mai, nel Regno Unito il 26 per cento.

Tuttavia anche nei paesi europei i gatti possono causare dei problemi. Lo scorso aprile il comune di Walldorf, una cittadina tedesca del Baden-Württemberg, ha istituito un lockdown per i gatti che durerà fino alla fine di agosto e che sarà replicato nei prossimi tre anni, durante i mesi estivi: la misura è stata pensata per proteggere le cappellacce (Galerida cristata), una specie di uccelli della stessa famiglia delle allodole le cui popolazioni sono molto diminuite in Europa occidentale negli ultimi anni. Le cappellacce fanno i propri nidi – d’estate, appunto – sul terreno e per questo sono particolarmente indifese dai gatti. Per chi ha un gatto e non lo tiene chiuso in casa sono previste multe di 500 euro; nel caso in cui il gatto uccida una cappellaccia, fino a 50mila euro. Ad alcuni gatti dotati di collare con localizzatore GPS tuttavia è stato concesso di poter uscire, in via eccezionale e dopo esplicite richieste dei loro umani.

Misure del genere, o coprifuochi serali, sono state introdotte anche in altre località di altri paesi, ad esempio in Islanda. Ad aprile il comune di Akureyri, la seconda città più grande del paese con 19mila abitanti umani e tra i duemila e i tremila gatti, ha vietato le uscite notturne dei felini; la vicina Húsavík aveva indetto un lockdown totale anni fa, dopo che la locale popolazione di randagi aveva preso di mira un sito di nidificazione di uccelli marini.

In Islanda, un altro paese in cui i gatti sono presenti da qualche secolo, l’amore per i felini è probabilmente poco diffuso, molte persone non apprezzano le tracce lasciate dai gatti randagi o lasciati liberi, e lockdown e coprifuochi non hanno causato particolari proteste, al contrario; le locali popolazioni di volatili sono peraltro note, amate e rispettate.

Invece in Germania si è molto discusso a proposito della scelta del comune di Walldorf, con reazioni forti tra i gattari. Deutscher Tierschutzbund, la più grande organizzazione tedesca di difesa dei diritti degli animali, ha detto che proibire di uscire a gatti abituati a farlo è un forte stress per gli animali. Ha inoltre sottolineato come non ci siano prove che a Walldorf i gatti abbiano danneggiato le cappellacce, mentre si sa per certo che le persone lo abbiano fatto: «Indicare i gatti domestici come “colpevoli” per i rischi corsi da alcune specie di uccelli è un modo per attribuire a loro la responsabilità delle persone, che hanno distrutto habitat e ridotto le risorse di cibo delle specie selvatiche per molto tempo».

Anche la Royal Society for the Protection of Birds, che è la più grande organizzazione per la protezione degli animali selvatici in Europa, ha una posizione simile: sottolinea che le riduzioni delle popolazioni di uccelli sono causate principalmente dalle attività agricole, dall’inquinamento e dal cambiamento climatico. Ci sono peraltro prove del fatto che i gatti spesso uccidono uccelli deboli o malati e per questo non dovrebbero avere un grosso impatto sulle popolazioni. La veterinaria polacca Dorota Suminska aveva fatto le stesse considerazioni criticando la decisione dell’Accademia delle Scienze polacca di inserire i gatti tra le specie invasive: «Chiedete se anche le persone sono state messe nella lista delle specie aliene invasive».

In Italia non sono state introdotti lockdown o coprifuochi, ma è successo che i gatti creassero dei problemi agli uccelli. Quest’estate è successo su una spiaggia di Lignano Sabbiadoro, in Friuli Venezia Giulia: una gatta appartenente a una colonia felina ha ucciso alcuni fratini – una specie la cui popolazione italiana si è molto ridotta – impegnati ad accudire i propri nidi. Il post su Facebook con cui la Riserva naturale Foce del Tagliamento, che si occupa della spiaggia, ha parlato del problema a inizio luglio ha suscitato commenti molto accesi e per questo l’ente è poi tornato sull’argomento dicendo di non voler «scatenare una discussione pro o contro gatti» e chiarendo che alla gatta «non verrà torto un baffo».

È indubbio che i gatti possano danneggiare le popolazioni selvatiche di uccelli e altri animali. Tuttavia per poter discutere serenamente del problema è bene tener conto di alcune cose: l’impatto dei gatti sulla fauna selvatica dipende molto dall’ambiente di cui si discute; i gruppi di randagi, specialmente se non sono tenuti sotto controllo e nutriti come avviene nelle colonie registrate nei comuni italiani, sono molto più pericolosi dei gatti domestici lasciati liberi di uscire di casa; infine esistono dei modi per ridurre i danni che i gatti di casa possono fare, anche quando per come sono abituati può essere difficile o sconsigliabile tenerli dentro casa.

Ad esempio si può intervenire sulla loro dieta: i gatti che mangiano quasi solo carne hanno minori istinti predatori. Poi li si può abituare fin da piccoli a stare fuori solo al guinzaglio come i cani, un’usanza ancora minoritaria ma sempre più diffusa, oppure, per chi ha un giardino, dedicargli uno spazio esterno recintato – un “patio per gatti”, “catio” in inglese, dicono gli esperti. Anche la sterilizzazione riduce gli istinti predatori, così come il rischio di essere investiti per i gatti che girano fuori casa (perché i gatti in calore spesso hanno comportamenti più a rischio).

Se poi si può scegliere a che ora farli uscire, è meglio evitare gli orari mattutini e notturni da metà marzo a metà luglio, cioè il periodo in cui gli uccelli allevano i propri piccoli e sono più vulnerabili. I collari con le campanelle rendono i gatti più rumorosi e quindi allertano gli uccelli, ma possono essere molto fastidiosi per i felini, per questo si possono usare piuttosto collari molto colorati ed evidenti o pettorine. Infine, giocare spesso con i propri gatti è un modo per soddisfare i loro istinti di caccia.

Per quanto riguarda i gatti randagi, è importante tenerne sotto controllo le popolazioni attraverso le colonie registrate, purtroppo ancora poco numerose in varie regioni italiane, sterilizzarli e nutrirli adeguatamente. E favorirne l’adozione da parte di famiglie, se possibile.