Il controverso report di Amnesty International sull’esercito ucraino

Lo accusa di usare i centri abitati come base e mettere a rischio i civili, ma è stato criticato e smentito e ha provocato divisioni anche dentro all'ONG

Un soldato ucraino di fronte a un edificio distrutto di Mykolaiv (AP Photo/Evgeniy Maloletka)
Un soldato ucraino di fronte a un edificio distrutto di Mykolaiv (AP Photo/Evgeniy Maloletka)
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Amnesty International è da alcuni giorni coinvolta in grosse polemiche a proposito di un suo rapporto sulla guerra in Ucraina, in cui ha denunciato alcune presunte violazioni del diritto internazionale da parte dell’esercito ucraino, accusato di utilizzare città e centri abitati come basi per le proprie truppe, mettendo i civili in pericolo.

Il rapporto, pubblicato il 4 agosto, è stato fortemente criticato non solo dalle autorità ucraine, ma anche da esperti militari e giornalisti presenti nelle zone di guerra, che hanno accusato Amnesty di non aver tenuto conto di molte informazioni di contesto. Ha inoltre provocato le dimissioni dei vertici ucraini dell’organizzazione, e grosse divisioni al suo interno.

Il rapporto è intitolato “Le tattiche di guerra ucraine mettono a rischio la popolazione civile” ed è basato sul lavoro sul campo e sulle testimonianze raccolte dagli operatori dell’organizzazione. Racconta che in 19 dei centri abitati delle regioni di Kharkiv, Mykolaiv e dell’area del Donbass visitati da personale di Amnesty sarebbero state trovate prove dell’uso di strutture civili per attività militari o di posizionamento delle truppe in strutture troppo vicine a centri abitati. Il rapporto contiene alcune testimonianze di civili e parenti di civili uccisi dai raid russi che segnalavano la presenza di militari vicino alle loro case. In 22 delle 29 scuole (chiuse) visitate dagli operatori erano stati trovati segni della presenza di truppe negli edifici. Un discorso simile, con numeri ridotti, riguardava gli ospedali.

Pur non accusando l’esercito ucraino di usare i civili come “scudi umani” e pur ribadendo che queste pratiche non giustificano gli indiscriminati attacchi militari russi, il rapporto definisce tali comportamenti “violazioni del diritto bellico”. Nel commentare la pubblicazione del rapporto Agnès Callamard, segretario generale di Amnesty International, aggiungeva: «La condizione di paese che si difende non esenta l’Ucraina dal rispettare le leggi internazionali sui diritti umani».

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Il report ha provocato da subito forti reazioni. La propaganda russa lo ha rilanciato immediatamente interpretandolo come una grande vittoria, mentre il presidente ucraino Zelensky ha accusato Amnesty di voler «spostare le responsabilità dall’aggressore alle vittime».

Soprattutto, il rapporto ha creato grosse divisioni all’interno di Amnesty, e molto scetticismo tra i giornalisti e gli esperti che si sono occupati della guerra in questi mesi.

Venerdì la direttrice della sezione ucraina di Amnesty International Oksana Pokalchuk si è dimessa, definendo il report «un regalo alla propaganda russa». Pokalchuk ha detto che la sezione ucraina della ONG aveva chiesto, inascoltata, di rivedere il rapporto perché non teneva conto della realtà della guerra e di concedere più tempo al ministero della Difesa ucraino per rispondere alle accuse.

Ma anche molti osservatori internazionali ed esperti di diritto militare hanno pubblicamente criticato sui social media il rapporto di Amnesty. In particolare si sottolineava come le testimonianze raccolte fossero poche e poco approfondite e soprattutto come le conclusioni tratte non considerassero la reale situazione sul campo.

Secondo varie analisi, l’esercito ucraino ha evacuato molte delle città sulla linea del fronte, anche a costo di rischi e intensi sforzi; molti dei villaggi inoltre non presentano strutture alternative a scuole o ospedali, peraltro non in funzione e già evacuati, dove ospitare le truppe. Secondo testimonianze di giornalisti presenti sul campo tali edifici civili vengono usati unicamente per ospitare i soldati durante la notte e non sono mai stati segnalati attacchi partiti direttamente dai centri abitati.

Secondo gli esperti l’esercito ucraino non utilizza «tattiche che mettono in pericolo i civili», come sostiene Amnesty, ma è costretto nonostante gli sforzi a operare in aree in cui non tutti i civili sono stati evacuati. In alcuni dei centri, poi, la guerra si svolge ormai “casa per casa” e la distinzione fra zone civili e zone di guerra è impossibile da sostenere, soprattutto a livello legale. Questo ha provocato ovviamente molti problemi, e anche lamentele e preoccupazioni tra i civili ucraini, ma gli esperti sono esitanti nel indicarle come azioni deliberate, come invece fa Amnesty.

Di fatto, Amnesty descrive correttamente una situazione in cui spesso i soldati ucraini devono alloggiare in edifici civili, ma omette gran parte del contesto. Come ha notato Julian Hayda, giornalista dell’emittente americana NPR, le critiche al rapporto «dipendono più da ciò che non dice che da quello che dice».

A ciò si aggiunge che l’esercito russo in innumerevoli occasioni ha colpito città e obiettivi civili senza aver bisogno del pretesto di un contrattacco.

Il report è stato inoltre giudicato molto vago: si parla genericamente di violazioni, ma Amnesty non fa accuse davvero circostanziate nei confronti dell’esercito ucraino, anche perché in questo contesto capire come funzioni la legge internazionale è estremamente complicato.

Domenica Amnesty International ha risposto alle numerose critiche con un nuovo comunicato, in cui si dice dispiaciuta per «le sofferenze e la rabbia che il nostro comunicato stampa sulle tattiche militari ucraine ha suscitato». In questo secondo documento Amnesty ha ricordato l’impegno dell’organizzazione negli ultimi sei mesi per denunciare gli abusi e i crimini di guerra russi e il loro impatto sulle popolazioni civili, «con centinaia di interviste sul campo», e ha chiarito che non era intenzione dell’organizzazione accusare il governo ucraino di crimini di guerra.

Amnesty ha difeso però il proprio lavoro: ogni caso sarebbe documentato e le coordinate GPS di ogni sito interessato da violazioni sarebbero state inviate al ministero della Difesa ucraino. «Abbiamo sfidato il mondo per dimostrare solidarietà all’Ucraina con fatti concreti, e continueremo a farlo», concludeva il comunicato.

Nonostante le puntualizzazioni, il rapporto viene considerato dalla grande maggioranza degli osservatori occidentali, nonché da alcuni funzionari di Amnesty, un passo falso. Benché Amnesty, per la sua storia e il suo lavoro recente, non possa essere accusata di essere vicina alle posizioni del regime russo, molte delle conclusioni tratte nel rapporto sono state considerate affrettate e soprattutto poco aderenti alla complessa realtà della guerra e dell’invasione russa.