Il tribunale del riesame ha revocato gli arresti domiciliari ai sindacalisti di base coinvolti nell’inchiesta sulla logistica a Piacenza

Lo striscione che ha aperto il corteo della manifestazione organizzata per chiedere la liberazione dei sindacalisti arrestati (ANSA/PIER PAOLO FERRERI)
Lo striscione che ha aperto il corteo della manifestazione organizzata per chiedere la liberazione dei sindacalisti arrestati (ANSA/PIER PAOLO FERRERI)

Il tribunale del riesame di Bologna ha revocato gli arresti domiciliari nei confronti di sei sindacalisti arrestati due settimane fa per ordine della procura di Piacenza nell’ambito di un’inchiesta contro i sindacati di base. Il coordinatore nazionale del SI Cobas, Aldo Milani, e tre dirigenti piacentini, Mohamed Arafat, Carlo Pallavicini e Bruno Scagnelli, oltre a due dirigenti dell’Usb, Abed Issa Mohamed e Roberto Montanari, erano stati arrestati con accuse gravi: associazione a delinquere, violenza privata, resistenza e violenza a pubblico ufficiale, sabotaggio e interruzione di pubblico servizio.

Per tutti il tribunale ha ordinato l’obbligo di firma per tre volte alla settimana, una misura cautelare più lieve rispetto agli arresti domiciliari perché consiste nell’obbligo di presentarsi agli uffici della polizia giudiziaria nei giorni e nelle ore indicate dal tribunale. Il giudice depositerà le sue decisioni entro 45 giorni e solo a quel punto gli avvocati degli indagati potranno presentare ricorso in Cassazione per chiedere la revoca anche dell’obbligo di firma. Altri due sindacalisti avevano ricevuto l’obbligo di firma e il divieto di dimora a Piacenza, già revocato martedì scorso dal giudice per le indagini preliminari in seguito ai primi interrogatori.

La tesi principale su cui si basa l’inchiesta della procura di Piacenza è che la lotta sindacale portata avanti da SI Cobas e Usb sarebbe stata organizzata non per rivendicare e ottenere più diritti per i lavoratori, ma per garantire vantaggi economici personali agli arrestati e ai sindacati attraverso una doppia associazione a delinquere, una per ogni sindacato di base.

Secondo gli avvocati dei sindacalisti, i singoli episodi non bastano a giustificare l’accusa di associazione a delinquere, e più in generale l’osservazione dei fatti e dell’insieme delle contestazioni si basa su presupposti controversi: l’ampia rappresentatività sindacale è considerata dalla procura un elemento “ricattatorio”, gli scioperi e le proteste una forma di richiesta “estorsiva”. Di fatto, nell’ordinanza del giudice delle indagini preliminari che aveva deciso gli arresti molti dei metodi e degli obiettivi dei sindacati di base sono considerati illegali, al punto che alcuni mezzi di informazione hanno ribattezzato le accuse come “reato di sindacato”.

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