Le novità sull’omicidio del sindaco di Pollica, nel 2010

La procura dice che Angelo Vassallo fu ucciso perché si opponeva ai piani di un clan camorrista: ci sono dei carabinieri indagati

Angelo Vassallo (ANSA/GUIDO MONTANI)
Angelo Vassallo (ANSA/GUIDO MONTANI)
Caricamento player

La procura antimafia di Salerno ha emesso ieri un decreto di perquisizione per nove persone, indagate perché sospettate di aver partecipato, con ruoli diversi, all’omicidio di Angelo Vassallo, sindaco di Pollica, in provincia di Salerno, ucciso la sera del 5 settembre 2010. L’ipotesi di reato è di omicidio e associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, e nell’indagine sono coinvolti anche tre carabinieri.

Secondo l’ipotesi investigativa della procura di Salerno, Vassallo si opponeva al progetto di un clan camorristico che cercava di far diventare la spiaggia di Acciaroli, frazione di di Pollica, un centro di arrivo e smistamento di droga. Per questo motivo stava anche per denunciare alcune persone. Quando venne ucciso era sindaco di Pollica dal 1995: aveva completato tre mandati. Nel 2010 si era candidato per una quarta volta ed era stato nuovamente eletto. 

Nella cittadina di poco meno di 2.200 abitanti Vassallo, che apparteneva al Partito Democratico, era molto stimato, conosciuto dai suoi concittadini fin da ragazzo: da ventenne fu tra i promotori delle proteste dei pescatori della zona (lui stesso era pescatore). Fu ambientalista convinto, istituì il Museo vivo del mare e fu tra i primi in Italia a emettere un’ordinanza che introduceva multe fino a mille euro per chi gettava mozziconi di sigaretta in strada. Nel 2007 fu promotore della proposta di includere la dieta mediterranea tra i patrimoni culturali e immateriali dell’umanità. La proposta fu approvata dall’Unesco dopo la sua morte.

Vassallo fu ucciso la sera del 5 settembre 2010 mentre, intorno alle 20, stava tornando nella sua casa di Acciaroli. Gli spararono nove colpi di pistola calibro nove mentre era alla guida della sua Audi. Il sindaco fu colpito da sette dei nove proiettili, uno dei quali lo prese al cuore.

Fu ipotizzato dagli inquirenti il coinvolgimento della camorra nell’omicidio ma le indagini, come sostenuto ora dalla procura salernitana, subirono depistaggi e rallentamenti. In dodici anni sono state prese in considerazione molte piste investigative, da quelle di una vendetta privata a quelle legate all’interesse dei clan camorristici su alcuni appalti.

In realtà, secondo la procura, il movente dell’omicidio fu il fatto che Vassallo stesse per denunciare alcune persone di Pollica che si erano accordate con un clan camorrista per agevolare un traffico di stupefacenti nella zona. A capo dell’operazione sarebbe stato il boss Raffaele Maurelli, detto Lello il nero, del gruppo degli Scissionisti di Secondigliano, che per molti anni è stata una delle organizzazioni criminali più potenti del napoletano. Maurelli aveva intenzione, secondo la procura, di rilevare un lido di Acciaroli per facilitare lo sbarco di gommoni che avrebbero portato a Pollica gli stupefacenti da stoccare in un deposito che ancora non è stato individuato. Da lì poi la droga sarebbe stata distribuita nel Cilento e fino alla Calabria.

Sempre secondo la procura, Vassallo era consapevole delle intenzioni della camorra e aveva scoperto che alcuni imprenditori di Pollica si erano uniti al progetto del clan. Nei mesi precedenti l’omicidio, il sindaco sarebbe stato avvicinato da alcuni personaggi che avrebbero prima tentato di corromperlo, poi lo avrebbero minacciato. Lo stesso Raffaele Maurelli avrebbe contattato Vassallo. 

Con due agenti della polizia locale di Pollica, Vassallo aveva iniziato a controllare di persona cosa accadeva di sera ad Acciaroli: una sorta di presidio contro gli spacciatori. Il sindaco aveva poi contattato i carabinieri di Agropoli, sempre in provincia di Salerno, perché non si fidava di quelli di Pollica. L’appuntamento era stato fissato per il 6 settembre, lunedì, il giorno seguente a quello dell’omicidio. 

Le perquisizioni della procura di Salerno hanno coinvolto, secondo quanto riportato dal Mattino, Giuseppe Cipriano, un imprenditore che in quegli anni aveva aperto un cinema ad Acciaroli, e altri tre imprenditori di Pollica, i fratelli Domenico, Giovanni e Federico Palladino, proprietari di una serie di strutture alberghiere. Sono indagati anche Romolo Ridosso, collaboratore di giustizia condannato per reati legati alla camorra, e suo figlio Salvatore. Sarebbe stato lo stesso Romolo Ridosso, che però si è dichiarato estraneo alla vicenda, a confermare le ipotesi della procura per quanto riguarda il coinvolgimento degli imprenditori di Pollica. Raffaele Maurelli, indicato come capo dell’organizzazione, è morto alcuni anni fa. A tutte le persone raggiunte dal decreto di perquisizione sono stati sequestrati cellulari e computer. 

Lo stesso è stato deciso per i tre carabinieri coinvolti. Sono il colonnello Fabio Cagnazzo, il suo attendente Luigi Molaro e Lazzaro Cioffi, che oggi non fa più parte dell’Arma e che era già stato arrestato e condannato per collusione con il clan camorrista che gestiva lo spaccio di droga nel Parco Verde di Caivano, in provincia di Napoli.

L’auto su cui si trovava il sindaco quando venne ucciso (PASQUALE STANZIONE/ANSA)

Tutti e tre i carabinieri erano allora di stanza a Castello di Cisterna, in provincia di Napoli. Cagnazzo, appartenente a una dinastia di carabinieri (suo padre fu l’ufficiale che arrestò Enzo Tortora la mattina del 17 giugno 1983), è sempre stato molto stimato. Quando venne improvvisamente trasferito nel 2010 da Castello di Cisterna a Foggia, 26 pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia scrissero al procuratore Giandomenico Lepore per manifestargli totale stima. Il motivo di quel trasferimento non è mai stato chiarito. Cagnazzo era già stato indagato per l’omicidio di Vassallo ma la sua posizione era poi stata archiviata.

Il 4 settembre 2010 Cagnazzo e Molaro erano in vacanza ad Acciaroli. Secondo la procura, subito dopo il delitto, Cagnazzo avrebbe guidato una serie di attività per depistare le indagini. Fece sequestrare, senza averne l’autorità, i video della telecamere di un negozio della zona in cui era avvenuto l’omicidio, attività che avrebbe dovuto essere convalidata da un magistrato. Secondo il procuratore di Salerno Giuseppe Borrelli e l’aggiunto Marco Colamonici Cagnazzo, che conosceva bene la figlia di Vassallo, provò prima ad accreditare la pista passionale. Quindi, redasse un’informativa in cui, partendo dalle immagini dei video che secondo la procura furono manipolate, indirizzò le indagini contro un pregiudicato italo-brasiliano, Bruno Humberto Damiani, noto trafficante di droga che è stato indagato e la cui posizione è stata archiviata per due volte. 

I familiari di Vassallo avevano da subito sollevato dubbi circa le modalità con le quali erano state svolte le indagini considerandole non adeguate e fuorvianti. Secondo le ipotesi della procura, i tre carabinieri erano parte attiva nella gestione del traffico di droga. Nel decreto di perquisizione è scritto: «L’Ufficio si riserva la completa ed esaustiva discovery degli elementi di prova acquisiti». Significa che nel decreto è scritta solo una parte delle informazioni acquisite durante le indagini.

Oltre a Cagnazzo e al suo aiutante Molaro, a essere indagato è l’ex carabiniere Lazzaro Cioffi, genero di Domenico D’Albenzio, esponente importante del clan camorristico Belforte. Nel 2018, Cioffi venne arrestato con l’accusa di essere coinvolto negli affari illeciti del clan camorrista Sautto-Ciccarelli, di Caivano. Fu condannato a 15 anni di reclusione per concorso esterno in traffico internazionale di droga, corruzione, riciclaggio e intestazione fittizia di beni. 

In un’intercettazione allegata al decreto di perquisizione e riportata dal Corriere del Mezzogiorno, risalente al periodo in cui era indagato solo Lazzaro Cioffi, la moglie di quest’ultimo al telefono con la sorella disse, lamentandosi che solo suo marito fosse coinvolto: «Glieli vado a fare io i nomi. Se è così, io parlo! Non me ne fotto proprio. Solo mio marito?! È solo indagato mio marito della squadra».