Nella destra i rapporti con la Russia sono diventati un problema

Meloni sta cercando di prendere le distanze dalle ultime vicende che riguardano Salvini e Berlusconi, con qualche difficoltà

(ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)
(ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)
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Negli ultimi due giorni alcune notizie e retroscena usciti sui giornali italiani hanno riportato l’attenzione generale sui rapporti della destra italiana con la Russia e il governo di Vladimir Putin. Gli ultimi sviluppi ruotano soprattutto intorno alla Lega e al suo leader Matteo Salvini, sono piuttosto nebulosi e hanno ricevuto diverse smentite nelle ultime ore. Ma sono comunque rilevanti perché segnalano una certa differenza di vedute all’interno della coalizione di destra, che a breve potrebbero diventare un problema soprattutto per Giorgia Meloni.

Da mesi infatti la leader di Fratelli d’Italia sta cercando di smarcarsi da alcune posizioni tradizionali dell’estrema destra, soprattutto in politica estera, per presentarsi come una leader istituzionale e affidabile in vista di un possibile incarico di governo: ma le notizie di legami fra la Russia e i suoi alleati politici non aiutano.

Tutto è iniziato da un articolo pubblicato dal giornalista Jacopo Iacoboni sulla Stampa di giovedì. Iacoboni si è occupato spesso dei rapporti fra la Russia e alcuni partiti italiani, soprattutto il M5S e la Lega, i due partiti che in questi anni hanno spesso preso posizioni piuttosto benevole con la Russia, anche dopo l’inizio della guerra in Ucraina.

Nel suo articolo Iacoboni ha scritto che a fine maggio, un paio di mesi prima della caduta del governo guidato da Mario Draghi, un funzionario dell’ambasciata russa in Italia aveva chiesto a un collaboratore di Salvini se la Lega avesse intenzione o meno di ritirare i suoi ministri dal governo Draghi. Il collaboratore di Salvini era Antonio Capuano, ex parlamentare di Forza Italia noto da qualche mese ai giornali perché proprio a fine maggio cercò di organizzare un viaggio di Salvini in Russia, senza successo.

Non sono disponibili molti altri dettagli – non è chiaro per esempio se quella del funzionario fosse una richiesta oppure una forma di pressione più perentoria – ma ad ogni modo la vicenda non ebbe apparentemente seguito: la Lega non ha ritirato i suoi ministri né a maggio né a luglio, quando assieme agli alleati della coalizione di destra ha fatto cadere il governo Draghi dopo la crisi innescata dal Movimento 5 Stelle. Ma qualcuno ha comunque ipotizzato un collegamento tra il contatto con la Russia e la decisione della Lega di uscire dalla maggioranza.

La storia è stata commentata per tutta la giornata di giovedì ed è ancora molto presente sui giornali di venerdì. Salvini l’ha definita una «fake news», la presidenza del Consiglio italiana ha smentito che le informazioni siano arrivate dall’intelligence italiana – ma nel suo articolo Iacoboni non le attribuiva a una fonte italiana – e la Stampa ha confermato la propria ricostruzione. «Ci teniamo a confermare tutto quello che abbiamo scritto», ha scritto oggi il direttore Massimo Giannini nel suo editoriale in prima pagina.

Su Repubblica di venerdì sono uscite altre due notizie, più piccole, che hanno alimentato il dibattito intorno alla Russia e alla coalizione di destra. Nell’articolo con cui ha scelto di aprire il giornale, i giornalisti Giuliano Foschini e Fabio Tonacci sostengono che un noto gruppo di mercenari russi attivo in Libia, il cosiddetto Gruppo Wagner, abbia allentato la gestione della sicurezza in alcune città della costa orientale per facilitare le partenze di navi di migranti verso l’Italia. In questo modo la Russia vorrebbe aumentare gli sbarchi in Italia e favorire così i partiti di destra, noti da anni per strumentalizzare con allarmismo gli arrivi di migranti via mare in Italia.

Negli ultimi mesi il numero di sbarchi in Italia è effettivamente aumentato, ma secondo gli esperti di immigrazione per ragioni che hanno a che fare con la maggiore instabilità dei principali paesi di partenza dei migranti, dovuta in gran parte alle conseguenze della guerra in Ucraina.

Sempre Repubblica racconta che negli ultimi tempi l’ambasciatore russo in Italia, Sergey Razov, ha sentito più volte il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi, a cui avrebbe ribadito diverse tesi della propaganda russa sulla guerra in Ucraina. «Mi ha raccontato che è stata l’Ucraina a provocare ventimila vittime nelle zone contese. E che l’invasione era necessaria perché il rischio era che l’Ucraina attaccasse la Russia», avrebbe detto Berlusconi ad alcuni parlamentari di Forza Italia, sintetizzando le sue conversazioni con Razov. Berlusconi ha da molti anni un rapporto di amicizia col presidente russo Vladimir Putin, che ha difeso in più occasioni anche dopo l’inizio della guerra in Ucraina.

Queste notizie, e più in generale una certa equidistanza fra Russia e Ucraina emersa da Lega e Forza Italia, sembrano generare un certo fastidio soprattutto dentro Fratelli d’Italia. Giovedì sera dopo la direzione nazionale del partito Giorgia Meloni ha fatto trapelare ai giornali una sua dichiarazione in cui di fatto prende le distanze dai propri alleati sui rapporti con la Russia. «Ribadiamo che saremo garanti, senza ambiguità, della collocazione italiana e dell’assoluto sostegno all’eroica battaglia del popolo ucraino. Posso dire che un’Italia guidata da Fratelli d’Italia e dal centrodestra sarà una Italia affidabile sui tavoli internazionali», avrebbe detto Meloni durante la riunione.

Non è la prima volta in questi giorni che Meloni dice una cosa del genere. Sabato scorso in un’intervista alla Stampa aveva detto che riguardo all’Ucraina la politica estera di un eventuale governo guidato da Fratelli d’Italia sarebbe rimasta la stessa del governo Draghi, cioè di sostegno all’Ucraina e di coordinamento con gli altri paesi occidentali. «La destra è sempre stata atlantista», aveva detto ad aprile.

In realtà in passato Meloni aveva più volte lodato Putin, per esempio in occasione della sua rielezione a presidente nel 2018. Meloni scrisse su Facebook che «la volontà del popolo in queste elezioni russe appare inequivocabile», nonostante nessun paese occidentale avesse considerato realmente libere quelle elezioni per via della rimozione quasi sistematica di ogni opposizione da parte di Putin.

Ma il tentativo di Meloni di presentarsi come più moderata parte da lontano, come ha notato qualche tempo fa anche Politico. Per esempio con la sua elezione, nel 2020, a presidente del Partito dei Conservatori e dei Riformisti Europei (ECR), che nel Parlamento Europeo raduna vari partiti nazionali di destra ed estrema destra ritenuti più moderati e meno filorussi della Lega e del Rassemblement National di Marine Le Pen.

In Parlamento negli ultimi mesi Fratelli d’Italia ha sostenuto le iniziative del governo in favore dell’Ucraina, comprese le forniture d’armi, senza esprimere scetticismo come hanno fatto invece Lega e M5S. Il motivo, secondo i commentatori, è evidentemente quello di posizionarsi come forza atlantista e pro-Ucraina, in previsione di una possibile vittoria alle elezioni. Meloni, che ambisce a diventare presidente del Consiglio o comunque leader del partito più forte della coalizione di governo, sa che se in Italia andassero al potere delle forze considerate più o meno a ragione vicine alla Russia potrebbero crearsi un bel po’ di problemi e imbarazzi internazionali con gli alleati della NATO.

Il progressivo spostamento di Meloni verso posizioni più moderate in politica estera, pur restando all’opposizione del governo Draghi, ha peraltro coinciso con un aumento costante di consensi nei sondaggi.