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  • Martedì 26 luglio 2022

Ricordate quando i fumetti erano una cosa da nerd?

Ora invece li leggono tutti, grazie a Zerocalcare, alla crisi delle edicole e al lockdown che ha favorito il successo dei manga

di Arianna Cavallo

(Ben Pruchnie/Getty Images)
(Ben Pruchnie/Getty Images)

Negli ultimi mesi nell’editoria sembra non passare giorno senza qualche notizia dal mondo dei fumetti: dai dibattiti sulla loro presenza nelle classifiche dei libri più venduti all’entrata nel gruppo Mondadori dell’editore di fumetti giapponesi Star Comics, dalla nascita di nuovi festival dedicati (come quello della casa editrice Coconino) alle iniziative per farli conoscere in libreria, come MangaMania di Feltrinelli. I fumetti sono stati anche al centro del Salone del libro di Torino, con molti stand dedicati alle case editrici specializzate e con la prima ricerca di mercato appositamente realizzata dall’AIE, l’Associazione italiana degli editori.

Fino a qualche tempo fa, però, i fumetti erano ai margini del mondo editoriale, interessavano pochi appassionati e si compravano soprattutto in edicola o in fumetteria mentre le librerie, che ora ci dedicano scaffali interi, li relegavano in una nicchia.

La libreria Feltrinelli in Gae Aulenti a Milano durante MangaMania (Feltrinelli)

Le cose sono cambiate soprattutto negli ultimi dieci anni, per diverse ragioni: c’entrano, per esempio, l’affacciarsi sul mercato dei Millennials (i nati tra gli anni Ottanta e la metà degli anni Novanta), il successo del disegnatore Zerocalcare e la pandemia da coronavirus, che ha dato impulso al settore e contribuito a far conoscere i manga, i fumetti seriali giapponesi.

I dati dell’AIE
È un segno che l’AIE abbia realizzato quest’anno la sua prima ricerca sul mercato dei fumetti in Italia, presentandola a maggio durante il Salone internazionale del libro di Torino.

La prima cosa di cui tenere conto è che i dati fotografano soltanto una parte e non il totale delle vendite di fumetti: considerano quelle avvenute nelle librerie fisiche e digitali (compreso Amazon) e nella grande distribuzione, ma escludono quelle delle edicole, delle fumetterie, dei festival di fumetti e anche quelle, numericamente rilevanti, delle librerie online degli editori di fumetti. Significa che «i numeri reali sono nettamente superiori», come spiega Matteo Stefanelli, fondatore del sito dedicato Fumettologica.

Secondo la ricerca dell’AIE, nel 2021 un libro ogni dieci venduto in questi canali era un fumetto e le vendite di fumetti hanno rappresentato il 5,9 per cento sul totale del mercato di varia (cioè romanzi, saggi e libri per ragazzi). Questo valore è quasi triplicato dal 2019: in quell’anno pre-pandemia erano stati venduti 3,242 milioni di copie per 36,450 milioni di euro a prezzo di copertina, nel 2021 erano diventati 11,543 milioni per un valore a prezzo di copertina di 100,245 milioni di euro: una crescita del 256 per cento a copie e del 175 per cento a valore.

Nel 2021 il genere più comprato sono stati i manga con il 58,1 per cento dei soldi spesi in totale, seguiti con il 28,7 per cento da graphic novel (cioè i fumetti non seriali e solitamente non umoristici, destinati soprattutto agli adulti e con una ricerca grafica), dai fumetti tradizionali italiani (come quelli di Bonelli) e dalle strisce, e infine da quelli per bambini e ragazzi, pari al 12,2 per cento.

La crescita dei manga è il dato che salta più agli occhi: dal 2019 al 2021 le vendite sono passate da 11,2 milioni di euro a 58,3 milioni, nello stesso periodo di tempo la produzione delle novità è passata dal 34,7 al 46,5 per cento del totale. È anche aumentata la produzione di fumetti in generale: nel 2000 erano il 2 per cento di tutti i titoli di narrativa pubblicati in quell’anno, nel 2021 sono diventati il 12,6 per cento.

Cosa è cambiato
Michele Foschini, co-fondatore della casa editrice Bao che pubblica, tra gli altri, il fumettista Zerocalcare, racconta che «dieci anni fa il panorama dei fumetti era rappresentato da quello americano con i classici supereroi di Marvel e DC, da quello italiano (per esempio con l’editore Bonelli, che pubblica Tex Willer e Dylan Dog, n.d.r.) e poi dai romanzi concettuali e dai graphic novel. Era soprattutto un prodotto di intrattenimento rimpiazzabile per un pubblico maschile, e veniva acquistato perlopiù in edicola. Le cose sono cambiate soprattutto da quando le librerie si sono interessate al fumetto, aprendo la strada a un pubblico generalista».

Le classifiche dei libri più venduti di Robinson, l’inserto culturale di “Repubblica”, hanno da poco aggiunto una categoria riservata ai graphic novel, dove rientrano tutti i fumetti

Bao fu fondata nel 2009, proprio nel periodo in cui le cose stavano cambiando, ma ancora allora «il mondo del fumetto sembrava un po’ un “clubbino” per appassionati» e l’importante «Scuola per Librai Umberto ed Elisabetta Mauri categorizzava i fumetti tra i generi emergenti, insieme al giardinaggio e alla religione».

Non che le librerie ignorassero del tutto i fumetti: per esempio Matteo Lemucchi, responsabile eventi e progetti speciali delle Librerie Feltrinelli, ricorda che la catena li vende «da sempre, e alcuni hanno fatto la storia del genere, come Maus di Art Spiegelman o le graphic novel di Hugo Pratt». I titoli però erano pochi, così come chi li comprava, come accade per esempio ancora oggi ai testi di poesia, spesso contenuti in un piccolo scaffale.

Il merito di aver coinvolto le librerie va per primo alla casa editrice Coconino, fondata nel 2000 a Bologna da Carlo Barbieri e dal fumettista Igort, che pubblicava importanti autori internazionali come Art Spiegelman, Daniel Clowes, Craig Thompson, Adrian Tomine, e italiani, tra cui Manuele Fior, Paolo Bacilieri, Davide Toffolo, Giacomo Nanni, Lorenzo Mattotti, Alessandro Tota e Gipi, nome d’arte di Gianni Pacinotti. Fu soprattutto grazie a Gipi che Coconino riuscì a raggiungere il grande pubblico, in particolare con LMVDM – La mia vita disegnata male, uscito nel 2008.

«Coconino – prosegue Stefanelli – ha aperto la strada, parlando soprattutto a un pubblico alto e medio alto, Bao con Zerocalcare l’ha consolidata, parlando anche a un pubblico alla ricerca di intrattenimento: è stato il primo autore italiano di graphic novel con un successo di vendite in una fase in cui le vendite di fumetti nel circuito delle librerie erano minoritarie».

“LMVDM – La mia vita disegnata male”, di Gipi

Zerocalcare, pseudonimo di Michele Rech, viene riconosciuto in maniera unanime come l’autore che ha sdoganato il fumetto in Italia, trasformandolo da prodotto maschile, per ragazzini e nerd, a un prodotto narrativo che leggono davvero tutti.

Auto-pubblicò il suo primo lavoro, La profezia dell’armadillo, con l’aiuto del disegnatore Makkox nel 2011, vendendo cinquemila copie: tantissime, considerato che si appoggiava completamente sul passaparola e che erano loro due a rifornire le librerie, trasportando le copie negli zaini. Nello stesso anno Bao pubblicò un’edizione a colori che da allora ha venduto 150mila copie. Il successo di Zerocalcare andò oltre ogni previsione e il suo editore Foschini ricorda che «alla prima presentazione a Milano si fece nottata» per tutte le persone in coda a chiedergli un autografo, un rituale che ormai si ripropone a ogni nuova uscita.

“La profezia dell’armadillo” di Zerocalcare

Grazie al lavoro di Coconino e alle vendite di Zerocalcare, i distributori di libri e le librerie si accorsero delle potenzialità dei fumetti e decisero di sfruttarle approfittando anche della crisi che stavano attraversando le edicole a causa del calo di vendita dei giornali.

Come spiega Stefanelli «nell’arco di dieci anni gli editori di fumetto hanno ridotto la presenza in edicola, pochi sono rimasti o lo hanno fatto con pochi prodotti; hanno continuato a produrre per le fumetterie e hanno esteso la distribuzione nelle librerie».

Foschini racconta che «il successo del fumetto è in parte dovuto alla crisi delle edicole» causata dal calo di vendite dei giornali e delle riviste di carta, perché ha spinto alcuni editori a rivolgersi alle librerie proponendo anche dei fumetti pensati apposta per vendere meglio in quel contesto. Questo, aggiunge Foschini, «ha cambiato l’anima del fumetto rendendolo più generalista, aprendolo a storie più universali che interessano tutti e trasformandolo in un contenitore plasmabile dalla storia che vuole raccontare. È anche un circolo virtuoso: più spazio danno le librerie ai fumetti, più attirano pubblico eterogeneo, più allargano i campi e le possibilità del fumetto (nelle storie, negli argomenti, anche nei tratti grafici) attirando altri nuovi lettori, oltre che nuovi autori, tra cui molte donne, come Fumettibrutti, Zuzu, Elisa Macellari, Cristina Portolano e le fumettiste scelte per Post Pink, una raccolta selezionata da Feltrinelli Comics.

Secondo Lemucchi è un processo favorito da un cambio di prospettiva: «mettere al centro le storie, a prescindere dal supporto, senza tenere i comparti troppo distinti» che è poi il modo in cui, aggiunge, i «giovani affrontano la voglia di storie, il supporto è quasi secondario: oggi è un film, domani un cartone, poi un libro o un manga».

La presenza nelle librerie ha inoltre reso i fumetti più visibili nel mondo culturale italiano. Da quel momento, infatti, sono entrati nella rete delle rilevazioni delle vendite, come qualsiasi altro libro, e sono iniziati ad affiorare nelle classifiche di libri più venduti.

Oltre a Zerocalcare, che ci finisce ormai con ogni suo lavoro, si parla soprattutto di manga: nel settembre del 2021 l’edizione celebrativa del numero 98 di One Piece, un manga su un gruppo di pirati pubblicato da Star Comics, fu il primo fumetto a raggiungere il primo posto della classifica dei libri più venduti in Italia, con 14.800 copie vendute nelle librerie. Nel 2020, inoltre, Star Comics si affermò come il primo editore indipendente per numero di copie vendute e settimo nella classifica generale dopo grossi editori come Mondadori, Feltrinelli e Giunti.

«Negli ultimi tre-quattro anni il manga è esploso ma non è solo un caso italiano: in tutto il mondo il fumetto giapponese si è imposto con una forza che non aveva mai avuto», spiega Renato Franchi, responsabile marketing di Star Comics.

In Italia c’era già stata una prima ondata di manga negli anni Novanta, con Dragon Ball, Saint Seya (I Cavalieri dello Zodiaco), Capitan Tsubasa (Holly e Benji), con numeri e tirature importanti. «La differenza – spiega sempre Franchi – oggi la fanno la quantità di titoli offerti e la viralità: i manga infatti sono favoriti dal mondo dei social network e dalla “transmedialità”, che è la chiave del loro successo», ovvero l’integrazione tra fumetto di carta, videogiochi, anime (cioè i film animati con gli stessi protagonisti e le stesse storie dei manga), merchandising e parchi divertimento a tema.

 

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Questa integrazione delle stesse storie su mezzi diversi è alla base del successo recente dei manga.

Durante la pandemia, infatti, le piattaforme di streaming hanno reso disponibili molti anime – che erano già pronti in archivio o facili da importare – che, grazie al tempo libero dovuto al lockdown, sono stati visti da molte persone che così si sono avvicinate a quel tipo di immaginario estetico e narrativo, derivato dalle storie su carta. Una volta affezionatisi ai personaggi, li hanno ricercati e ritrovati nei manga.

Questo meccanismo è ancora nuovo invece per l’industria dell’intrattenimento occidentale. Per esempio, spiega Franchi, «nell’universo della Marvel le storie e i personaggi dei fumetti sono spesso molto distanti dai film, e c’è il rischio di trovarsi spaesati». Nel mondo del fumetto italiano ha fatto qualcosa di simile Zerocalcare con Strappare lungo i bordi, la sua serie tv animata che ha realizzato su Netflix, che riprende i toni, l’ambientazione e i personaggi della sua produzione su carta.

Anche secondo Franchi, il successo dei manga è stato favorito da un cambiamento culturale in corso.

Per prima cosa, ora c’è un pubblico adulto già abituato ai fumetti giapponesi. Li aveva letti negli Novanta e aveva continuato negli anni, magari regalandoli anche a figli, cugini e nipoti più piccoli. I manga e il mondo del fumetto, inoltre, sono tra i pochi prodotti in grado di attirare lettori giovani in libreria, e per questo particolarmente preziosi, come spiega Lemucchi di Feltrinelli: «le librerie si sono attrezzate per dare uno spazio al manga nel settore fumetto: negli ultimi due anni è raddoppiato se non triplicato. Lo spazio che ora è del fumetto, comunque, non ha rubato posto ai libri ma ai cd musicali e agli home video, che sempre di più si stanno dematerializzando. Di solito non si legge un fumetto al posto di un libro, ma magari si legge un manga al posto di una serie tv».

Un altro fattore sono stati i social network, con gli influencer e gli appassionati di manga che hanno introdotto i più giovani a questo tipo di lettura, non così immediata per un pubblico occidentale (banalmente, il manga si legge al contrario, sfogliando le pagine dal fondo e leggendo le vignette da destra a sinistra). I manga che vanno di più, dice sempre Franchi, sono quelli «destinati agli adolescenti, con storie epiche e roboanti».

Vende ancora bene One Piece – la storia di un ragazzo che mangia un frutto del diavolo, diventa elastico come la gomma e mette insieme una ciurma di pirati – che ha superato i 100 numeri, viene pubblicato da Star Comics dal 2001 ed è il manga più venduto al mondo, mentre My Hero Academia, in corso dal 2014, è quello che ha sdoganato i manga sul mercato americano perché è il più simile all’immaginario occidentale, a metà strada tra Harry Potter e gli X-Men della Marvel: il protagonista è un ragazzino senza alcun potere che sogna di fare il supereroe in un mondo in cui tutti sono mutanti.

Per finire, sempre secondo Franchi, c’è lo sdoganamento della “figura del nerd”, per esempio con serie tv con The Big Bang Theory, e dei prodotti culturali che le sono associati, primi tra tutti fumetti e manga.