Berlusconi dice che ha sempre apprezzato Eugenio Scalfari

«Non posso non riconoscergli di essere stato un grande direttore e giornalista», ha detto commentandone la morte

(Silvio Berlusconi/Twitter)
(Silvio Berlusconi/Twitter)

Giovedì mattina l’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha commentato la morte del giornalista Eugenio Scalfari, fondatore di Repubblica e storicamente tra i suoi più grandi critici, con un tweet in cui ha scritto di averlo sempre apprezzato «per la dedizione e la passione per il suo lavoro».

L’omaggio di Berlusconi è comprensibile per l’importanza di Scalfari e si inserisce in un generale cordoglio pubblico in cui moltissimi politici, giornalisti e intellettuali stanno esprimendo rispetto e ammirazione. Ma rimane piuttosto sorprendente, visti i trascorsi tra i due: la Repubblica diretta da Scalfari è stata per anni l’organo di informazione più ostile a Berlusconi e al cosiddetto “berlusconismo”, ossia quell’impostazione culturale e politica associata agli anni in cui Forza Italia e le sue successive evoluzioni rimasero al governo.

Ma il rapporto conflittuale tra Scalfari e Berlusconi ha radici più lontane, precedenti all’ingresso del secondo in politica nel 1994. Già quando era solamente un imprenditore, Berlusconi aveva avuto un lungo contenzioso con Scalfari nell’ambito dello scontro per il controllo della casa editrice Mondadori tra Berlusconi e Carlo De Benedetti.

Mondadori aveva una partecipazione nelle quote societarie di Repubblica, ed era a sua volta controllata negli anni Ottanta dal gruppo CIR di De Benedetti. Nel 1991 l’azionista di maggioranza di Mondadori divenne però Berlusconi, nonostante De Benedetti avesse precedentemente stipulato un accordo con la famiglia Formenton (azionista di minoranza) per prendere il controllo della società. Ne nacque un lungo contenzioso legale tra Berlusconi e De Benedetti (detto anche la “guerra di Segrate” dal nome della località fuori Milano dove ha sede Mondadori) che ebbe lunghe evoluzioni e strascichi che si conclusero alla fine con un compromesso: la spartizione dei prodotti della casa editrice tra i due, i libri e i periodici a Berlusconi, e Repubblica, L’Espresso e quotidiani locali a De Benedetti. Anni dopo una serie di processi avrebbero accertato che Cesari Previti e altri due avvocati Fininvest avevano corrotto uno dei giudici coinvolti nel cosiddetto “lodo Mondadori”.