• Mondo
  • Venerdì 1 luglio 2022

Il presidente della Tunisia vuole più poteri

E per ottenerli farà approvare una costituzione che potrebbe riportare il paese ai tempi dell'autoritarismo

Il presidente tunisino Kais Saied (Fethi Belaid/Pool via AP)
Il presidente tunisino Kais Saied (Fethi Belaid/Pool via AP)
Caricamento player

Il presidente della Tunisia Kais Saied ha reso pubblica questa settimana una nuova proposta di costituzione che se approvata potrebbe portare il paese sempre più vicino a una dittatura, guidata da Saied stesso. Il testo della costituzione sarà votato il prossimo 25 luglio e ci si aspetta che passerà, anche perché Saied ha preso il controllo delle autorità elettorali e non c’è un quorum minimo da raggiungere per far approvare la bozza.

La proposta di costituzione attribuisce enormi poteri alla carica del presidente e li riduce grandemente alle altre istituzioni, come il governo, il Parlamento e la magistratura. Di fatto, hanno notato alcuni analisti, la nuova Costituzione riproporrebbe un equilibrio dei poteri simile a quello che c’era in Tunisia prima della Primavera araba del 2011, quando le proteste portarono alle dimissioni del dittatore Zine El Abidine Ben Ali, che governava il paese dal 1987.

La Tunisia è stata l’unico paese interessato dalla Primavera araba a uscire da quel grande periodo di sommovimenti e proteste con un sistema politico democratico. Nel 2014, dopo due anni di discussioni molto accese, le forze politiche trovarono un accordo per approvare una nuova costituzione, che riduceva i poteri del presidente (che era stato Ben Ali) e li aumentava a Parlamento e magistratura. La costituzione del 2014 garantiva inoltre i diritti di espressione e di manifestazione, tra gli altri.

Ma la politica tunisina fu quasi immediatamente molto caotica. Alla fine del 2019 Saied, giurista e professore universitario molto conservatore, vinse le elezioni promettendo che avrebbe eliminato la corruzione e riportato la serenità al paese, facendo le riforme necessarie per risollevare l’economia.

Da quel momento tuttavia è cominciata da parte di Saied una graduale e costante eliminazione delle libertà che erano state ottenute dopo la Primavera araba. L’anno scorso Saied aveva rimosso il primo ministro, bloccato i lavori del Parlamento e inviato l’esercito a presidiare i principali palazzi governativi della capitale Tunisi, imponendo il coprifuoco in città. Erano cominciate grosse proteste, che erano state tuttavia represse.

Nei mesi successivi, e ancora di recente, Saied ha limitato l’autonomia del potere giudiziario, sciogliendo il Consiglio superiore della magistratura. Molti mesi dopo aver rimosso il primo ministro l’anno scorso, Saied nominò infine Najla Bouden Romdhane, prima donna a ricoprire l’incarico, ma di fatto ha continuato a governare da solo, per decreto. In questi mesi ha fatto imprigionare vari oppositori politici e rimosso decine di giudici critici nei suoi confronti.

Proteste a Tunisi contro la proposta di costituzione voluta da Saied, il 18 giugno (EPA/MOHAMED MESSARA)

La nuova proposta di costituzione è stata redatta da un gruppo di esperti nominati personalmente da Saied. Tra le altre cose, dà al presidente il potere di nominare il governo e di proporre le leggi. Il presidente ha il potere di firmare i trattati internazionali, scrivere la legge di bilancio e nominare o far dimettere i ministri e le principali cariche del sistema giudiziario. Il presidente può inoltre sciogliere il Parlamento, ma non esistono meccanismi di impeachment per rimuoverlo. Può rimanere in carica per due mandati da cinque anni, che però possono essere di più nel caso in cui il paese si trovi in imminente pericolo.

Come ha notato Saïd Benarbia, direttore regionale per il Medio Oriente della Commissione internazionale dei giuristi, un’organizzazione non governativa, la proposta di Costituzione prevede «un presidente onnipotente, un Parlamento senza poteri e un potere giudiziario inefficace». I principali partiti d’opposizione, compresi quelli che avevano contribuito a scrivere la costituzione del 2014, hanno annunciato che boicotteranno il referendum, e in queste settimane hanno indetto grosse proteste.

Il crescente autoritarismo di Saied non ha giovato nemmeno alle riforme economiche: la Tunisia si trova nel pieno di una crisi gravissima, in cui il governo fatica a pagare gli stipendi pubblici e gli scioperi di varie categorie di lavoratori sono molto frequenti. La guerra in Ucraina, che ha provocato un forte aumento dei prezzi delle derrate alimentari, ha ulteriormente peggiorato le cose. Saied sta cercando di ottenere un prestito dal Fondo monetario internazionale, ma i grossi tagli al welfare che dovrebbe fare per ottenerlo rischiano di renderlo ancora più impopolare.