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  • Lunedì 27 giugno 2022

Comincia un Wimbledon diverso

La gestione dell'erba è cambiata, e l'esclusione dei tennisti russi e bielorussi ha portato al mancato riconoscimento del torneo per i punti del ranking mondiale

Novak Djokovic si lascia cadere a terra dopo la vittoria a Wimbledon dell'anno scorso, su un prato del campo centrale piuttosto rovinato (AELTC/Florian Eisele via Getty Images)
Novak Djokovic si lascia cadere a terra dopo la vittoria a Wimbledon dell'anno scorso, su un prato del campo centrale piuttosto rovinato (AELTC/Florian Eisele via Getty Images)
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C’è una cosa di cui a Wimbledon, il torneo di tennis più prestigioso al mondo, si parla ogni anno: le condizioni dell’erba dei campi. Per la prima delle due settimane di torneo di solito si dice che è “troppo perfetta”, e quindi pericolosa, perché i tennisti scivolano e cadono con una certa frequenza. Nella seconda settimana invece si dice che è troppo rovinata, e che quindi compromette il gioco, perché ci sono zone di campo in cui l’erba è quasi del tutto consumata (in particolare a fondo campo, dove i giocatori passano più tempo) e la pallina rimbalza in modo strano e imprevedibile.

Per questa edizione di Wimbledon, che comincia lunedì, è stato permesso ai giocatori di allenarsi sui due campi principali per consumare un po’ l’erba prima dell’inizio del torneo ed evitare infortuni nelle prime partite. È una novità piccola, ma ha attirato comunque l’attenzione, perché Wimbledon è tradizionalmente un torneo molto conservatore e poco aperto a modificare le sue consuetudini, dove tutto si svolge secondo regole e codici che si sono consolidati in quasi 150 anni di storia, che servono a rimarcare la differenza con tutti gli altri tornei e a ricordare che quello è il più antico e importante del tennis.

Quest’anno però, oltre all’erba dei campi già calpestata prima dell’inizio, ci saranno altri cambiamenti rilevanti che renderanno questa edizione di Wimbledon molto diversa dalle precedenti, e probabilmente anche da tutte quelle successive.

La cosa più grossa successa quest’anno, e di cui si parla ormai da due mesi, è la decisione di Wimbledon (e di tutti i tornei britannici) di escludere i tennisti e le tenniste russi e bielorussi, come conseguenza dell’invasione della Russia in Ucraina (sostenuta in molti modi dalla Bielorussia). Non ci saranno quindi 5 dei primi 50 tennisti al mondo, tra cui il numero 1 Daniil Medvedev e il numero 8 Andrej Rublev, e 13 tenniste che avrebbero avuto diritto a partecipare, tra cui la numero 6 del ranking Aryna Sabalenka e la numero 20 (ed ex numero 1) Victoria Azarenka, entrambe bielorusse.

La decisione ha ricevuto molte critiche ed è stata vista come una discriminazione dalla maggior parte degli appassionati e dei commentatori, ma è stata molto contestata anche dagli stessi tennisti. Rublev per esempio l’aveva definita «illogica» e aveva proposto di destinare tutto il montepremi del torneo ad aiuti umanitari per l’Ucraina, ma la sua idea non era stata presa in considerazione. Diversi tennisti russi e bielorussi – tra cui lo stesso Rublev, Medvedev e Anastasia Pavlyuchenkova – si erano schierati contro la guerra, pur cercando di non esporsi eccessivamente. I tennisti ucraini invece avevano accolto generalmente con favore la decisione di Wimbledon, e alcuni avevano giudicato insufficienti le prese di posizione dei tennisti russi e bielorussi.

Al di fuori delle parti in causa, il tennista che si era esposto di più era stato il serbo Novak Djokovic, che aveva definito l’esclusione «una follia» e aveva commentato: «Quando la politica interferisce con lo sport, il risultato non è buono».

Per la verità non è affatto raro che avvenga qualcosa di simile, e in particolare nel tennis, che solo dall’inizio del 2022 ha dovuto affrontare almeno altri due grossi casi politici. Il primo aveva coinvolto a gennaio lo stesso Djokovic, che era stato espulso dall’Australia perché non vaccinato e non aveva quindi potuto partecipare agli Australian Open. Il secondo era stata la decisione della WTA, l’organizzazione mondiale del tennis femminile, di sospendere tutti i propri tornei e appuntamenti in Cina dopo che la tennista Peng Shuai aveva accusato un importante politico cinese, l’ex vicepremier Zhang Gaoli, di violenze sessuali nei suoi confronti.

Le sovrapposizioni tra tennis e politica non sono rare e se ne ricordano di eclatanti. Nel 1973 Wimbledon fu per esempio boicottato in massa da 81 giocatori della ATP, l’organizzazione del tennis maschile, dopo che la federazione tennistica jugoslava aveva sospeso per un anno dai maggiori tornei internazionali il giocatore Nikola Pilic, accusato di essersi rifiutato di rappresentare la Jugoslavia in Coppa Davis. È un precedente che è stato citato spesso nelle ultime settimane, perché l’ipotesi del boicottaggio era circolata anche per questa edizione di Wimbledon, come possibile reazione all’esclusione di russi e bielorussi, ma nessun tennista si è poi fatto avanti concretamente per sostenere la proposta.

Da sinistra: i tennisti Stan Smith, Ilie Nastase e Tom Okker nella riunione della ATP a Londra che avrebbe portato al boicottaggio di Wimbledon, il 20 giugno 1973 (Michael Webb/Keystone/Hulton Archive/Getty Images)

La decisione solitaria di Wimbledon sulla guerra in Ucraina ha anche certificato i problemi della politica interna al tennis, dove gli Slam – i quattro tornei più importanti della stagione (oltre a Wimbledon sono Roland Garros, Australian Open e US Open) – si muovono quasi sempre in modo molto indipendente dal resto del circuito. Nel tennis il potere è frammentato fra giocatori, tornei e media, e «non esiste nessuna organizzazione superiore in grado di regolare il potere fra questi interessi particolari», ha scritto su La Regione Emanuele Atturo.

Il risultato di questa frammentazione dei poteri è che le due organizzazioni mondiali del tennis maschile e femminile, ATP e WTA, non avevano mezzi per contrastare la decisione di Wimbledon, con cui si erano subito mostrati in disaccordo, e hanno fatto l’unica cosa in loro potere: negare l’assegnazione dei punti per la classifica mondiale in questa edizione del torneo. È una decisione che sta modificando molto le classifiche e che sta attirando molte critiche, perché penalizza i tennisti e le tenniste che l’anno scorso avevano ottenuto buoni risultati a Wimbledon.

I ranking del tennis mondiale vengono aggiornati ogni settimana con un meccanismo che assegna ai giocatori un certo numero di punti sulla base dei loro risultati nei tornei: il vincitore ne prende più di tutti, poi c’è il finalista, poi i semifinalisti e così via. Gli Slam sono i tornei che assegnano di gran lunga più punti di tutti, il vincitore ne prende 2mila. I punti valgono per circa un anno, poi vengono ritirati: quindi se un tennista non vuole perdere i punti che ha guadagnato in un torneo del 2021, nell’edizione dello stesso torneo del 2022 dovrà almeno ripetere lo stesso risultato.

Un caso concreto è quello del tennista italiano Matteo Berrettini, tra i tennisti più danneggiati dalla decisione di non assegnare i punti. L’anno scorso Berrettini era arrivato in finale a Wimbledon, guadagnando 1.200 punti che verranno sottratti dalla sua classifica in queste settimane. Se anche dovesse ripetersi o migliorarsi nel torneo, guadagnerà comunque zero punti, perdendo molte posizioni in classifica. È insomma penalizzato chi lo scorso anno è andato meglio: Djokovic per esempio perderà 2mila punti; Karolina Pliskova, che era arrivata in finale nel tabellone femminile, 1.200 come Berrettini.

Il tennis è uno sport che si gioca su diverse superfici, e ogni giocatore ha le sue specializzazioni e le sue condizioni di gioco preferite. Sull’erba si giocano pochissimi tornei rispetto al cemento e alla terra rossa, e per chi come Berrettini è molto competitivo su questa superficie non ci sono molte altre occasioni di rimediare i punti persi a Wimbledon. Ci sono tennisti che basano la propria preparazione in funzione di queste specializzazioni, riposandosi maggiormente durante la stagione della terra rossa (appena trascorsa) e cercando di arrivare al meglio sulla superficie a cui si sentono più adatti.

Il tennista ungherese Marton Fucsovics, che l’anno scorso aveva raggiunto i quarti di finale a Wimbledon, perderà 360 punti e passerà dalla posizione 59 del ranking alla 120, più o meno, cosa che non gli permetterà di accedere a molti dei tornei più importanti e lo costringerà a 30 anni a ricostruirsi una posizione in classifica nei tornei minori: non è detto che ci riuscirà.

Per diverse settimane molti osservatori si sono chiesti se questa situazione avrebbe tolto importanza a Wimbledon, che in risposta ha messo in palio per quest’anno il montepremi più alto di sempre. A giudicare da come si è arrivati al torneo e dalle motivazioni di molti giocatori, comunque, non sembra che questo Wimbledon sarà una semplice «esibizione», come l’aveva definita la tennista giapponese ed ex numero 1 al mondo Naomi Osaka (che non parteciperà per un infortunio).

Rafael Nadal per esempio arriva a questo Wimbledon con enormi aspettative e dopo aver vinto i primi due Slam della stagione, Australian Open (in modo molto inaspettato) e Roland Garros (in modo più prevedibile). Nonostante sia il tennista che ha vinto più Slam della storia, 22, solo quest’anno per la prima volta nella sua carriera si trova nelle condizioni di poter realizzare il cosiddetto Grande Slam, cioè l’impresa sportiva che consiste nel vincere tutti i quattro Slam della stagione. Nell’epoca moderna del tennis (l’era Open, dal 1968 in poi) ci sono riusciti solo l’australiano Rod Laver nel maschile e nel femminile l’australiana Margaret Court e la tedesca Steffi Graf.

– Leggi anche: La rivalità più longeva della storia del tennis

Nadal ha deciso di giocare nonostante una serie di problemi fisici e soprattutto al piede, a cui aveva dovuto fare delle infiltrazioni per partecipare al Roland Garros (poi vinto). L’erba è sempre stata la superficie in cui si esprime peggio, mentre ci si trova molto bene Novak Djokovic, che ha vinto Wimbledon sei volte ed è il campione in carica. In questo torneo si gioca forse le uniche chance di vincere uno Slam in questa stagione: agli Australian Open non aveva partecipato, al Roland Garros era stato eliminato da Nadal e agli US Open di quest’estate con ogni probabilità non potrà partecipare perché non è vaccinato (il torneo si tiene negli Stati Uniti, dove si può entrare solo con un certificato vaccinale).

Lui stesso ha detto che non è disposto a vaccinarsi per gli US Open e che questo sarà uno stimolo maggiore per fare bene a Wimbledon, oltre ad aver fatto capire che tiene molto a raggiungere e superare il numero di Slam vinti da Nadal. Djokovic infatti ne ha vinti 20, come Roger Federer, che invece non ci sarà per la prima volta dal 1999, cioè dal suo esordio nel torneo: anche questo renderà l’edizione di Wimbledon 2022 in qualche modo memorabile.

Djokovic e Berrettini durante la premiazione di Wimbledon 2021 (Julian Finney/Getty Images)

Tra i favoriti del tabellone maschile c’è anche Matteo Berrettini, che è tornato da un infortunio di oltre due mesi vincendo i due tornei su erba a cui ha partecipato nelle ultime settimane: Stoccarda (ATP 250) e il Queen’s (ATP 500), il prestigioso torneo di Londra che tradizionalmente designa con il suo vincitore anche il favorito per Wimbledon. Nei tornei prima di Wimbledon su erba è andato molto bene anche il polacco Hubert Hurkacz, semifinalista a Wimbledon dello scorso anno sconfitto proprio da Berrettini.

La decisione di escludere russi e bielorussi renderà questo Wimbledon unico anche per un altro motivo: il tabellone maschile sarà il primo di sempre senza i primi due tennisti al mondo da quando esiste il ranking (1973), perché oltre a Medvedev non ci sarà nemmeno il tedesco Alexander Zverev (numero 2), assente per infortunio.

Il tabellone femminile invece è più incerto: la vincitrice dello scorso anno, Ashleigh Barty, ha annunciato inaspettatamente il suo ritiro tre mesi fa, e l’altra finalista Karolina Pliskova è in una stagione abbastanza deludente e al di sotto delle aspettative, molto condizionata dagli infortuni. L’attuale numero 1 e assoluta dominatrice del circuito, Iga Swiatek, è giovane e ha poca esperienza su erba, e se c’è un torneo in cui la sua superiorità potrebbe essere messa in discussione è proprio Wimbledon.

– Leggi anche: Iga Swiatek non perde più

Negli ultimi giorni però si sta parlando soprattutto del ritorno della statunitense Serena Williams, una delle tenniste più forti di sempre, che giocherà un po’ a sorpresa il torneo a un anno dalla sua ultima partita in singolare, sempre a Wimbledon e terminata con un ritiro: potrebbe anche essere l’ultimo torneo della sua carriera. Non è certamente tra le favorite e non si conoscono bene le sue condizioni fisiche, ma ha vinto a Wimbledon sette volte e la sua esperienza potrebbe avere un peso.