Una canzone di Amy Speace

"Una volta qui era tutto cavalli"

(Rick Diamond/Getty Images)
(Rick Diamond/Getty Images)
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Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, pubblicata qui sul Post l’indomani, ci si iscrive qui.
A moderata ma assai gentile richiesta abbiamo messo su Spotify la playlist delle canzoni usate nel podcast Un furto di quart’ordine : anche se non la ascoltate, andate a dare un’occhiata alla densità di cose che uscirono nel 1972 (e aggiungeteci Harvest di Neil Young).
Mick Jagger si è ripreso e domani sera sarà in concerto a Milano (io non ci sarò, che vado dai National stavolta: e anzi se siete a Lido di Camaiore la mattina di mercoledì parliamo di canzoni e di questa newsletter, a margine di quel festival ).
Stasera esce la prima canzone di Beyoncé dal suo disco nuovo che arriva tra un mese.
Ho provato ad ascoltare il nuovo disco di Drake, su insistenza di Emilia a cui piace molto, ma ho una cosa di intolleranza nei confronti dell’effetto generato dall’autotune sulle voci (ve ne potete accorgere qui , su Spotify), per cui tutto mi sembra uguale, come certe foto su Instagram sempre con gli stessi filtri. Ma credo che ne parlerà presto e con maggiore competenza nel suo podcast Matteo Bordone, con cui ho conversato di questo oggi.
Oggi è l’ottantesimo compleanno di Brian Wilson dei Beach Boys e gli hanno fatto gli auguri in parecchi .

There used to be horses here
Amy Speace

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Molti anni fa – ma ero già un giovane adulto – con mio padre andammo a Trieste, che è il posto dove è nato e che però io non avevo mai frequentato da ragazzo. Con l’approccio che peraltro ha pure nei posti dove ha passato anche solo un mezzo pomeriggio, mi guidò a vedere questo e quello, con un carico di istruzioni e aneddoti fuori tempo e il modo che hanno certi padri – io compreso, temo – di descrivere ogni cosa come se l’avessero creata loro: e a un certo punto non so come arrivammo in mezzo a una campagna del Carso, se si può chiamare campagna il Carso, in cui mi ricordo che l’obiettivo fosse un qualche luogo di avventure o giochi infantili che mi doveva mostrare. E se tutto questo non suonasse abbastanza luogo comune prevedibile – lo suonava già per me allora -, lo sviluppo lo fu ancora di più: sbucammo tra una boscaglia di cespugli e sterpi in un’improvvisa apertura che avrebbe dovuto ospitare il traguardo agognato e nostalgico, e quello che ci apparve di fronte fu il percorso a doppia carreggiata di uno svincolo autostradale di successiva costruzione.

Una cosa del genere secondo me succede anche a Snoopy quando va in cerca dell’allevamento della quercia, o di sua mamma, non mi ricordo (no: di sua mamma è quando si sbaglia e si precipita verso una signora bracchetta scusandosi poi con “a me i bracchetti sembrano tutti uguali”). Ma insomma, una cosa del genere succede in milioni di opere letterarie, e musicali: il riferimento più immediato è Il ragazzo della via Gluck , “là dove c’era l’erba ora c’è una città, e quella casa in mezzo al verde ormai dove sarà”.

Tutto questo per mettere le mani avanti e chiedere indulgenza per la banalità della storia, nella canzone di stasera: anche se quando la metti dentro il contesto del Tennessee, coi cavalli e tutto, il luogo comune è così avanzato da diventare più vero del vero, e magari è pure vero (anche se lei è di Baltimora, in realtà).
Lei, Amy Speace, non so quanti anni abbia, credo una cinquantina, fa dischi da venti, non proprio country anche se vive a Nashville, piuttosto quel genere che si chiama “americana” e di cui abbiamo parlato altre volte: quel folk-rock di alterne vivacità che sta in mezzo tra il country e il rock, con molte sfumature ma suoni sempre tradizionali. Questo disco era dell’anno scorso, ma ne ha da poco pubblicato uno nuovo. Ha una voce piuttosto sexy, e una volta accantonata appunto la diffidenza per la canzone che dice “una volta qui era tutto cavalli” e ricorda quando lei ci veniva con suo padre, il verso del titolo con cui inizia suona in un modo già speciale: “there-used-to-be-horses-here”. Il resto lo fa l’andamento monocorde, e le discontinuità sono tutte affidate a come lei la canta.


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