Lo stato argentino è stato riconosciuto colpevole di un massacro di circa 400 nativi compiuto nel 1924

L'aereo da cui le forze argentine spararono sui nativi di Napalpí, fotografato nel giorno del massacro. (Wikimedia Commons)
L'aereo da cui le forze argentine spararono sui nativi di Napalpí, fotografato nel giorno del massacro. (Wikimedia Commons)

Giovedì in Argentina il tribunale della città di Resistencia, capitale della provincia settentrionale del Chaco, ha formalmente riconosciuto lo stato argentino responsabile di un massacro di centinaia di nativi, avvenuto il 19 luglio 1924.

Nel cosiddetto massacro di Napalpí – dal nome della città del Chaco in cui avvenne – poliziotti argentini e coloni bianchi uccisero circa quattrocento nativi di etnia qom e moqoit. Napalpí era una riserva in cui i coloni bianchi all’inizio del Novecento avevano relegato moltissime persone appartenenti a etnie indigene, tra cui appunto i qom e i moqoit.

Negli anni Venti nella riserva si iniziò a produrre cotone, ma il governo argentino decise di imporre una tassa sul raccolto a cui gli abitanti si opposero con grandi proteste. Il governatore del Chaco, Fernando Centeno, decise quindi di reprimere le proteste con la violenza, e inviò un gruppo di circa 130 uomini, tra cui poliziotti, allevatori e coloni bianchi, a sparare sugli abitanti della riserva. Nel massacro venne usato anche un aereo, da cui il pilota con una mitragliatrice sparò sulla folla indistintamente.

Per anni del massacro di Napalpí si è parlato pochissimo in Argentina, e lo stato non ha mai riconosciuto alcuna colpevolezza. I sopravvissuti e i loro familiari avevano però avviato una causa contro lo stato, che si è conclusa con la decisione di giovedì. Oltre al riconoscimento formale del massacro, il tribunale di Resistencia non ha però richiesto risarcimenti economici.