Non è semplice capire quanti account finti ci sono su Twitter

Elon Musk crede siano di più di quelli dichiarati, e dice di volerlo verificare prima di concludere l'affare: ma forse è una scusa

Elon Musk al Met Gala 2022, New York, Stati Uniti (Mike Coppola/Getty Images)
Elon Musk al Met Gala 2022, New York, Stati Uniti (Mike Coppola/Getty Images)
Caricamento player

L’effettivo numero di account falsi su Twitter è finito al centro della complessa iniziativa di acquisizione del social network da parte di Elon Musk, che ad aprile aveva offerto 44 miliardi di dollari per ottenerne il controllo. Musk sostiene che i profili fasulli e spesso automatici (“bot”) siano molti di più di quelli indicati da Twitter, e che di conseguenza il valore del social network sia inferiore rispetto a quello dichiarato, perché avrebbe meno utenti veri e propri; Twitter sostiene invece che i conteggi siano accurati a sufficienza.

Nel mezzo ci sono esperti, analisti e investitori, che iniziano a sospettare che Musk abbia sollevato la questione dei bot per provare a spuntare condizioni di acquisto più vantaggiose o per ritirarsi dall’acquisizione, nonostante gli impegni ormai assunti formalmente anche con le autorità di controllo dei mercati negli Stati Uniti.

Venerdì 13 maggio, Musk aveva annunciato proprio su Twitter di avere «sospeso temporaneamente» la propria iniziativa, dicendo di essere in attesa di dati più solidi sul fatto che davvero gli account falsi e che fanno spam siano meno del 5 per cento, come sostenuto dal social network. In seguito aveva detto di essere comunque «ancora impegnato» nell’acquisizione, ma senza fornire ulteriori dettagli. L’annuncio aveva portato le azioni di Twitter a perdere svariati punti in borsa, facendo circolare nuovi sospetti circa le intenzioni di Musk, noto per porsi obiettivi talvolta irrealizzabili e per cambiare repentinamente idea sui propri progetti.

L’andamento di Twitter in borsa negli ultimi sei mesi (Google Finanza)

Tenere sotto controllo la proliferazione di account fasulli è una delle attività più difficili e onerose per i social network. Facebook, il più grande di tutti, elimina svariati miliardi di profili finti ogni anno, impiegati per truffe online, per diffondere notizie false o per far apparire più seguiti e famosi profili e pagine di altri utenti (spesso figure pubbliche) o aziende.

Molti profili fasulli funzionano tramite bot – sistemi automatici o che possono essere controllati in blocco da una singola persona – per mettere in poco tempo migliaia di “Mi piace” o commenti, in modo da far emergere post e conversazioni sperando che vengano poi messi in evidenza dagli algoritmi che organizzano i contenuti sui social network.

Il problema dei bot affligge da molti anni Twitter e la società ha ricevuto nel tempo varie critiche e accuse di non voler affrontare seriamente il problema, perché ciò implicherebbe cancellare milioni di account riducendo la quantità dichiarata di iscritti al social network. Twitter deriva buona parte dei propri ricavi dalla pubblicità e dai tweet sponsorizzati, il cui prezzo per chi fa promozione deriva proprio da quanto sono visti. Gli account fasulli possono finire nel conteggio delle visualizzazioni, con il rischio di restituire statistiche errate e prezzi gonfiati per le inserzioni pubblicitarie.

Nei documenti fiscali che periodicamente deve presentare alle autorità di controllo negli Stati Uniti, Twitter pubblica i dati sulla quantità dei propri utenti e fornisce anche informazioni sulla quantità stimata di account fasulli e bot presenti sulla propria piattaforma. Le stime più recenti della società dicono che la quantità di bot è intorno al 5 per cento, ma il calcolo non convince tutti gli analisti e gli esperti, per i quali il problema è sottostimato.

Lo pensa anche Musk e per questo la scorsa settimana aveva annunciato la sospensione dell’acquisizione. Molti osservatori hanno però segnalato che il problema dei bot su Twitter era noto da anni, compresi i dubbi sulle stime al 5 per cento, definendo per lo meno strano che Musk se ne sia accorto solo dopo avere presentato una proposta di acquisto da decine di miliardi di dollari. Alcuni hanno inoltre ipotizzato che la circostanza possa diventare un pretesto per abbandonare l’operazione di acquisto.

Musk potrebbe provare a dimostrare che la percentuale di bot è molto più alta e che di conseguenza i veri utenti di Twitter siano meno del dichiarato, perché ciò avrebbe un impatto sull’effettivo valore della società. In questo modo potrebbe spuntare condizioni più favorevoli per l’acquisizione o ritirare la propria proposta, ma in entrambi i casi Musk dovrebbe affrontare strascichi legali considerato che il prezzo di acquisto era già stato formalizzato alle autorità di controllo e si potrebbero applicare penali.

Alcuni giorni dopo i tweet di Musk sui bot, il CEO di Twitter Parag Agrawal aveva scritto un lungo thread per spiegare quanto sia difficile tenere sotto controllo gli account fasulli su una piattaforma dove quotidianamente si attivano e si cancellano centinaia di migliaia di account. Agrawal aveva spiegato che: «Lo spam non è ‘binario’ (umano / non umano). Le campagne di spam più avanzate utilizzano una combinazione di umani coordinati tra loro e di sistemi automatici. Violano anche account reali e poi li impiegano per portare avanti le loro campagne. Quindi: sono sofisticati e difficili da beccare».

Secondo i dati forniti da Agrawal, Twitter sospende ogni giorno circa mezzo milione di account che fanno spam e blocca ogni settimana milioni di account sospettati di fare spam, se non superano alcuni test di verifica sulla loro autenticità, come associare un numero di telefono all’account e verificarlo tramite un codice: «La vera difficoltà è che molti account che all’apparenza sembrano fasulli sono in realtà autentici. E alcuni degli account che fanno spam e che sono più pericolosi – perché causano più danni agli utenti – possono apparire del tutto autentici a prima vista».

Agrawal aveva poi confermato la stima di meno del 5 per cento di bot, rispetto al resto degli utenti attivi giornalmente su Twitter e conteggiati per le visualizzazioni della pubblicità: «Sulla base dei margini di errore sulle nostre stime siamo sicuri delle nostre dichiarazioni che forniamo a ogni trimestrale di cassa».

Concludendo la propria spiegazione, Agrawal aveva detto di non ritenere fattibile una valutazione così accurata dei bot da parte di un soggetto esterno «Data la necessità di impiegare informazioni pubbliche e private (che non possiamo condividere). Dall’esterno non è nemmeno possibile sapere quali account vengano conteggiati per le visualizzazioni della pubblicità ogni giorno». Il riferimento era alle analisi che il 14 maggio Musk aveva annunciato di voler fare su un campione di 100 account di Twitter. Musk aveva risposto alla spiegazione di Agrawal con un tweet piuttosto laconico e al tempo stesso eloquente:

Negli ultimi giorni il test sui 100 account proposto da Musk è stato svolto da vari utenti e società, comprese alcune che già in passato avevano provato a stimare in maniera indipendente la percentuale di bot su Twitter. Tra queste c’è IV.ai, che ha analizzato le caratteristiche di un centinaio di profili che seguono l’account di Tesla, l’azienda di automobili elettriche di Musk. Secondo i risultati, il 20 per cento degli account avevano un’alta probabilità di essere bot; una successiva analisi manuale ha stimato una percentuale ancora più alta, intorno al 50 per cento.

Il calcolo è però complicato dalla breve durata degli account fasulli, derivante probabilmente dalla costante attività di Twitter di rimozione o sospensione di quelli sospetti. Buona parte di quelli rilevati da IV.ai, per esempio, erano scomparsi poco dopo l’analisi. Ciò dimostrerebbe che i sistemi di riconoscimento dei bot funzionano piuttosto bene e rimuovono rapidamente una parte rilevante degli account fasulli. Il test era però su un gruppo molto limitato di account, considerato che il profilo di Tesla è seguito da 15,5 milioni di account.

Esistono algoritmi che effettuano analisi più raffinate e su un maggior numero di account, ma non sempre i loro risultati sono soddisfacenti. Botometer è considerato uno dei più affidabili, ma in una recente analisi ha segnalato come probabile che l’account stesso di Elon Musk sia un bot, a dimostrazione di quanto possa essere difficile distinguere gli account fasulli da quelli autentici.

L’algoritmo di Botometer impiega enormi quantità di dati per fare in modo che i propri algoritmi apprendano automaticamente il modo migliore per compiere le analisi, migliorando nel corso del tempo la loro affidabilità. Il sistema potrebbe essere molto più accurato se avesse accesso non solo ai dati che tutti possono vedere su Twitter, ma anche a quelli che solamente il social network può vedere. I responsabili di Twitter sostengono che ciò non sia possibile per ragioni di privacy, ma secondo vari analisti il problema potrebbe essere superato anonimizzando i dati sensibili, in modo da offrire set di dati più rilevanti per chi fa ricerca tramite il social network.

Non è chiaro quali potrebbero essere le prossime evoluzioni del confronto tra Musk e Twitter sui bot e le metodologie per calcolarli. Negli ultimi anni Twitter aveva mostrato di avere qualche problema nel fare le proprie stime, ma difficilmente modificherà stime che sono state presentate in varie occasioni agli investitori e alle autorità di controllo.

Nel frattempo le dichiarazioni di Musk e la sospensione dell’acquisizione stanno comportando forti conseguenze per Twitter. In due settimane la società ha perso circa un quarto del proprio valore in borsa e vari dirigenti hanno scelto di dimettersi, lasciando una situazione che da alcune fonti interne all’azienda viene definita “caotica”. Il consiglio di amministrazione, che inizialmente aveva annunciato di voler bloccare l’acquisizione per poi ripensarci dopo qualche giorno, ha detto di non essere disposto a cambiare i termini dell’accordo.