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  • Martedì 17 maggio 2022

Mezza Inghilterra parla del processo “Wagatha Christie”

Riguarda le mogli dei calciatori Wayne Rooney e Jamie Vardy, al centro ci sono un profilo privato di Instagram e il “Sun”

Coleen Rooney, a sinistra, e Rebekah Vardy davanti alla Corte di Giustizia di Londra, il 13 maggio (collage da foto di Dan Kitwood/ Getty Images)
Coleen Rooney, a sinistra, e Rebekah Vardy davanti alla Corte di Giustizia di Londra, il 13 maggio (collage da foto di Dan Kitwood/ Getty Images)
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Il 9 maggio a Londra si è aperto il processo per diffamazione intentato da Rebekah Vardy, moglie del calciatore del Leicester City Jamie Vardy, contro Coleen Rooney, sposata dal 2008 con l’ex attaccante del Manchester United Wayne Rooney. Riguarda una vicenda cominciata nell’ottobre del 2019, quando Rooney accusò Rebekah Vardy di aver fornito informazioni private sul suo conto al tabloid The Sun, accuse da lei sempre negate e anzi ritenute diffamatorie.

In questi giorni il processo è molto seguito dalle TV e dai giornali inglesi, soprattutto da quelli scandalistici, che danno sempre molte attenzioni alle vicende di gossip che coinvolgono sportivi e personaggi famosi. Fin dagli anni Duemila in particolare i tabloid britannici hanno creato una sorta di genere letterario attorno alle notizie e ai pettegolezzi sulle compagne dei calciatori, che chiamano – con un’accezione giudicata da molti sessista – WAGs (“wives and girlfriend”, mogli e fidanzate). Negli anni gli scandali – spesso di carattere sessuale, ma non solo – che si sono sviluppati nell’ambiente dei calciatori della nazionale inglese, coinvolgendo le relative partner, sono stati diversi e sempre seguiti con grandi attenzioni dai tabloid. A volte le donne coinvolte in queste storie desideravano fama e risonanza mediatica, in altri casi sono state tirate in mezzo loro malgrado.

Nell’ottobre del 2019 Coleen Rooney – che oggi ha 36 anni – scrisse un post su Twitter in cui sosteneva che da tempo qualcuno di cui si fidava aveva passato «in maniera sistematica» al Sun informazioni su di lei, sui suoi amici e sulla sua famiglia, senza il suo permesso e senza che lei ne fosse a conoscenza. Rooney sospettava arrivassero dalle cose che condivideva sul suo account privato di Instagram, riservato ai soli conoscenti, e dopo una specie di tranello aveva detto di aver individuato una presunta colpevole: Rebekah Vardy.

Rooney aveva infatti bloccato tutti i profili che la seguivano tranne il suo, e poi aveva condiviso una serie di Storie con informazioni inventate che in seguito erano effettivamente state pubblicate sul Sun. Rooney aveva quindi salvato le Storie e fatto degli screenshot che, a suo dire, «mostravano chiaramente» che erano state viste solo da una persona, dall’account di Rebekah Vardy.

Vardy, oggi 40enne, negò di aver dato alcuna informazione sul conto di Rooney ai giornalisti e sostenne che il suo profilo Instagram fosse stato hackerato. Il tweet di Rooney comunque diventò virale, e per via della trappola che aveva escogitato per scoprire chi c’era dietro alla fuga di notizie lei fu soprannominata “Wagatha Christie”, unione di WAGs e del nome della celebre scrittrice di gialli.

A essere considerata “la prima WAG” è Victoria Beckham delle Spice Girls, conosciuta anche come Posh Spice e moglie dell’ex capitano della Nazionale inglese David Beckham. Come molte altre mogli e fidanzate dei calciatori inglesi della nazionale, invece, Coleen Rooney e Rebekah Vardy non erano famose prima dei rispettivi matrimoni. I loro compagni non giocavano insieme in squadra, ma erano entrambi nel giro della Nazionale.

Durante il processo Rooney ha detto che lei e Vardy «non erano buone amiche». Come notò la giornalista inglese Elizabeth Paton, che nel 2019 aveva commentato le accuse di Rooney a Vardy sul New York Times, le due comunque erano abbastanza in buoni rapporti da sedersi vicine allo stadio, ogni tanto, e da essere tra le persone che potevano vedere i post l’una dell’altra sui rispettivi profili privati di Instagram.

Inizialmente Vardy si era difesa dalle accuse sostenendo di non avere bisogno di soldi e dicendo di aver avuto malesseri in gravidanza per colpa delle accuse, presentati come prova del fatto che non fosse stata lei a passare le informazioni al Sun. Si lamentò anzi del comportamento di Rooney e disse che avrebbe voluto chiarire la questione in privato. Nel luglio del 2020, poi, Vardy citò in giudizio Rooney, sostenendo di essere stata diffamata e gravemente danneggiata dal suo post, che l’aveva esposta ad estese critiche da parte del pubblico. Alcuni mesi dopo Vardy e Rooney concordarono una sospensione temporanea del processo per provare a risolverlo con un accordo extragiudiziale: accordo che però non fu raggiunto.

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In base alla legge che regolamenta le cause per diffamazione nel Regno Unito, adesso Rooney dovrà provare che Vardy sia stata effettivamente responsabile di aver violato la sua privacy e di aver fatto arrivare le informazioni sul proprio conto al Sun.

Per farlo, gli avvocati di Rooney hanno richiesto di vedere le copie delle conversazioni che potrebbero esserci state tra Vardy e il giornalista del Sun Andy Halls: il Sun tuttavia si è rifiutato di rivelare dati e informazioni che potrebbero compromettere la sicurezza delle proprie fonti. La difesa di Rooney sta anche cercando di ottenere i messaggi inviati e ricevuti dal telefono di Vardy all’epoca, e in particolare quelli che si sarebbe scambiata con Caroline Watt, la sua agente.

Nonostante Vardy abbia sempre sostenuto di non avere niente a che fare con la vicenda, durante le testimonianze al processo sembra aver suggerito che Watt possa aver passato alcune informazioni a Halls senza che lei ne fosse a conoscenza. Come scrive il Guardian, tuttavia, il telefono di Watt è “caduto” in mare dopo che gli avvocati di Rooney avevano chiesto di poter vedere i messaggi che conteneva, e l’esperto di informatica che era stato contattato da Vardy per esaminare le sue conversazioni su WhatsApp avrebbe perso le password per accedervi. Un laptop usato sempre da Vardy nel periodo in cui avrebbe diffuso le informazioni su Rooney inoltre avrebbe smesso di funzionare.

Secondo gli avvocati di Rooney comunque i tabulati elettronici delle conversazioni tra Vardy e Watt indicherebbero che alcuni messaggi scambiati tra di loro siano stati cancellati manualmente. Gli avvocati di Vardy dal canto loro sostengono che lei non abbia «distrutto né perso in maniera deliberata documenti rilevanti sul caso», cosa che se invece dimostrata potrebbe crearle notevoli problemi legali. Nel frattempo, anche Watt avrebbe dovuto comparire come testimone durante il processo: alcuni giorni fa però si è saputo che non avrebbe testimoniato per problemi di salute.