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  • Giovedì 12 maggio 2022

Il Paraguay è sempre più importante per il traffico della droga

Il procuratore Marcelo Pecci, ucciso questa settimana, aveva condotto un'enorme indagine che riguardava vari politici locali

Il procuratore paraguayano Marcelo Pecci Albertini, assassinato in Colombia (EPA/NOELIA F. ACEITUNO)
Il procuratore paraguayano Marcelo Pecci Albertini, assassinato in Colombia (EPA/NOELIA F. ACEITUNO)
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Questa settimana è stato ucciso in Colombia, mentre era in viaggio di nozze, l’importante procuratore paraguaiano Marcelo Pecci Albertini, che si occupava di criminalità organizzata e traffico di droga. L’omicidio è stato molto commentato sui giornali internazionali, e mostra tra le altre cose come il Paraguay sia ormai diventato un paese di primaria importanza per i gruppi criminali del Sud America.

Pecci aveva 46 anni, era di origine italiana (aveva doppio passaporto) ed era diventato piuttosto noto dopo che, a febbraio, aveva guidato assieme ad altri procuratori antidroga la più grande operazione contro i narcotrafficanti della storia del Paraguay, mostrando come il paese abbia un ruolo cruciale per il commercio mondiale della cocaina. Le sue inchieste avevano colpito i cartelli della droga transnazionali che hanno basi in Brasile, Bolivia, Colombia, Paraguay e fanno accordi con organizzazioni criminali italiane, con la mafia dell’Est Europa e quella dei Paesi Bassi.

Pecci e la moglie Claudia Aguilera, giornalista, si erano sposati il 30 aprile. La coppia era all’ultimo giorno di vacanza sull’isola di Barú e si trovava sulla spiaggia dell’albergo in cui alloggiava, l’hotel Decameron. Due uomini armati sono arrivati a bordo di una moto d’acqua. Si sono avvicinati a Pecci e hanno sparato due colpi, in faccia e alla schiena. Quindi hanno colpito un addetto alla sicurezza dell’hotel che stava tentando di intervenire. I due uomini se ne sono andati sempre sulla moto d’acqua. Claudia Aguilera, che è incinta, ha raccontato ai giornali locali: «Sono arrivati all’improvviso e hanno aperto il fuoco, colpendo Marcelo in faccia e alla schiena, un agente della sicurezza dell’hotel ha tentato di intervenire ma hanno sparato anche a lui».

Sono state diffuse alcune immagini dei due sicari ripresi dalle telecamere dell’albergo: di uno di loro è stato fornito anche un identikit. Investigatori della polizia paraguaiana sono arrivati a Cartagena per affiancare quelli colombiani. La polizia colombiana ha anche promesso una ricompensa di 2 miliardi di pesos (circa 460 mila euro) a chi fornirà informazioni utili all’identificazione dei sicari.

Pecci non aveva una scorta o almeno non l’aveva in Colombia, dove era in vacanza, anche se era piuttosto celebre in vari paesi sudamericani. La grande operazione antidroga di cui si era occupato negli ultimi mesi era iniziata il 22 febbraio ed era chiamata A Ultranza PY. Era stata la conclusione di un’indagine iniziata dopo il sequestro di 16 tonnellate di cocaina in Europa, di cui 11 nel porto di Anversa, in Belgio, e altre cinque tonnellate in Paraguay. Alle indagini avevano partecipato anche la DEA (Drug Enforcement Administration, l’agenzia antidroga degli Stati Uniti), e l’Europol.

L’identikit e la foto segnaletica diffuse dalle autorità colombiane (Ansa)

Il Paraguay ha assunto una notevole centralità nei traffici di droga sudamericani da meno di un decennio, cioè da quando molte delle attività di spedizione dei carichi di droga si sono spostate dai porti brasiliani a quelli paraguaiani. La principale organizzazione criminale coinvolta è il cosiddetto Clan Infrán, che secondo le indagini gestiva un ampio traffico che coinvolgeva vari paesi del Sudamerica.

Nel corso dell’operazione A Ultranza PY sono state scoperte, secondo il sito di giornalismo investigativo InSight Crime, 40 basi logistiche utilizzate dai narcotrafficanti in tutto il paese; sono inoltre stati eseguiti 43 mandati di arresto e sequestrati oltre 100 milioni di dollari.

Le autorità paraguaiane hanno spiegato che i narcotrafficanti facevano partire la cocaina dalla Bolivia, via aereo. I voli clandestini atterravano su piste segrete della riserva naturale del Cerro Cabrera, nel dipartimento dell’Alto Paraguay. Da lì, dopo vari passaggi, la cocaina veniva messa in container e partiva lungo il fiume Paraná, attraversando Argentina e Uruguay. Poi, a bordo di altre navi, attraversava l’oceano Atlantico per raggiungere i mercati europei e, in alcuni casi, anche africani. La magistratura paraguaiana ha spiegato nel corso di una conferenza stampa che il denaro ricavato dai trafficanti veniva poi riciclato in proprietà immobiliari oltre che in società ed eventi sportivi. 

A guidare l’organizzazione paraguaiana sarebbe, secondo la magistratura, Sebastián Marset Cabrera, 30 anni, ex calciatore del Deportivo Capiatá, poi cantante e soprattutto Jefe, cioè “capo”, di un’organizzazione di narcotrafficanti che gestisce il traffico di cocaina verso l’Europa grazie agli accordi con la criminalità europea e con i gruppi di narcos boliviani, colombiani, brasiliani e argentini.

Marset Cabrera fu arrestato nel 2013 per essere stato coinvolto nel sequestro di 450 chili di marijuana trovati a bordo di un aereo pilotato da Juan Domingo Viveros Cartes, zio dell’allora presidente del Paraguay, Horacio Cartes. Dopo essere stato rilasciato, Marset Cabrera ha vissuto in Bolivia e Brasile. Nel 2021 è stato arrestato a Dubai dove ha passato un periodo agli arresti domiciliari per possesso di un passaporto falso.

A capo della rete logistica del gruppo al centro dell’inchiesta, secondo quanto scoperto dalle indagini, sarebbe stato Miguel Ángel Insfrán Galeano che coordinava trasporto, stoccaggio e invio della cocaina verso l’Europa. Al suo fianco c’era il fratello José Insfrán, che secondo le indagini avrebbe legami con la chiesa colombiana Centro Mundial de Avivamiento. Entrambi sono latitanti.

Il clan Insfrán (ABC-Paraguay)

L’inchiesta paraguaiana ha fatto emergere connessioni tra i capi dei narcos e politici anche importanti del paese.

Lo stesso José Insfrán era stato candidato alla carica di governatore del dipartimento di Canindeyú, nella parte orientale del paese. Gli intrecci tra narcos e politici paraguaiani sono molti. Secondo le indagini, a gestire il trasporto aereo della droga tra Bolivia e Paraguay sarebbe stato il colonnello dell’esercito, ora in pensione, Masi Job Von Zastrow, la cui figlia è compagna di un senatore molto noto ad Asunción.

La filiale del riciclaggio sarebbe invece stata guidata dall’imprenditore Alberto Koubè, che possiede importanti società che hanno contratti con l’amministrazione statale, e che è stato arrestato a febbraio. Un ministro, Joaquin Roa, si è dimesso dopo che l’inchiesta ha scoperto che Koubè gli aveva venduto a un prezzo simbolico uno yacht da 4 milioni di dollari.

Quello che Marcelo Pecci Albertini e i suoi colleghi avevano denunciato era quindi un pesante intreccio tra élite paraguaiane e narcotrafficanti. La magistratura aveva agito dopo che il governo paraguaiano aveva ricevuto forti pressioni dall’amministrazione americana perché intervenisse per contrastare l’enorme flusso di cocaina in partenza dal paese. Inoltre le indagini potrebbero essere state favorite dal pesante scontro in atto tra l’attuale presidente Mario Abdo Benítez e l’ex presidente Horacio Cartes per il controllo del Partido Colorado, al potere per molti anni e ora in crisi di consensi.

In passato, secondo quanto riporta InSight Crime, entrambe le parti hanno usato la loro influenza politica per fare rivelazioni sui collegamenti dei loro avversari con attività illecite, nel tentativo di ottenere vantaggi politici.

Dato il livello di corruzione denunciato dall’inchiesta e le collusioni tra narcotrafficanti e potere politico paraguaiano, appare sorprendente che Pecci, il magistrato antidroga più esposto, fosse senza scorta. Tanto più che ormai da mesi in Paraguay si verificano omicidi commessi da sicari tra vari appartenenti a gruppi criminali rivali: solo a gennaio di quest’anno ne sono stati commessi 27.

L’ultimo caso eclatante è stato l’assassinio a febbraio di Marcos Rojas Mora, ucciso mentre stava assistendo a un concerto poco lontano da Asunción, la capitale. Rojas Mora era un noto narcotrafficante. Con lui sono stati feriti anche altri due narcos, Luis Bogado Quevedo e Marcelo Monteggia, il primo ricercato per traffico di droga in Brasile, il secondo per omicidio in Bolivia. Durante la sparatoria è morta anche una ragazza, la modella Cristina Vita Aranda.

La guerra tra bande di narcotrafficanti si sta svolgendo soprattutto nella zona di Amambay, vicino al confine con il Brasile, e ne sono protagonisti alcuni gruppi criminali armati brasiliani che stanno cercando di scalzare le organizzazioni paraguaiane nella gestione logistica del trasporto di droga verso l’Europa. Tra questi c’è il Primeiro Comando da Capital: il gruppo, uno dei più forti del Sud America, si è formato nella prigione di Taubaté, a San Paolo del Brasile e ha circa 6mila affiliati. È celebre in Brasile per vari atti violenti, che hanno portato alla morte di decine di persone.