Arriva il nuovo vecchio secondo

Una nuova generazione di orologi atomici permetterà di definire meglio l’unità di tempo, e non manca molto

Leonardo DiCaprio nel film "Inception" di Christopher Nolan (Warner Bros. Pictures)
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L’Ufficio internazionale dei pesi e delle misure (BIPM) è una delle organizzazioni sovranazionali più importanti al mondo, ma anche una delle meno conosciute. Insieme ad altre due istituzioni, si occupa di mantenere e aggiornare il Sistema internazionale di unità di misura (SI), dal quale dipende praticamente qualsiasi cosa delle esistenze di molti, compresa la possibilità per Internet di esistere. I gruppi di ricerca del BIPM sono sempre al lavoro per migliorare il modo in cui definiamo la misura delle cose, ma tra poche settimane i responsabili dell’organizzazione definiranno una lista di criteri da seguire per definire una delle unità di misura più sfuggenti di tutte: il secondo.

Minuti, ore, giorni e anni manterranno la loro durata, perché la nuova definizione non porterà ad avere un secondo più lungo o più breve, ma aumenterà la precisione con cui lo definiamo e di conseguenza potranno diventare più affidabili anche tutte le altre misurazioni. In decenni di lavoro, i metrologi – cioè gli scienziati che si occupano di metrologia, la scienza della misurazione – hanno via via ridefinito buona parte degli standard, arrivando a nuove e condivise definizioni per chilogrammo (per misurare la massa), kelvin (per la temperatura) e ampere (per la corrente). E per farlo hanno scelto di legarli allo standard più importante e con il quale dobbiamo fare tutti i conti: il tempo.

Come ha raccontato al New York Times uno dei responsabili del BIPM, il fisico Noël C. Dimarcq: «Tutte le unità ora non sono unità autonome, ma dipendono dal secondo. Potresti quindi andare dal fruttivendolo e dire: ‘Non vorrei un chilogrammo di patate, ma una quantità di secondi di patate’».

Utilizzare il secondo come base per le altre unità di misura si è rivelato essenziale per avere standard più precisi, scollegandoli il più possibile da oggetti che con il tempo tendono a cambiare le loro proprietà fisiche. Questa scelta ha però reso fondamentale disporre di sistemi per misurare in modo sempre più accurato il tempo, alla ricerca di una nuova definizione di secondo che preservi comunque la durata dell’unità di tempo, che conosciamo tutti.

Nel corso dei millenni, siamo diventati via via piuttosto abili nel tenere traccia del tempo che passa, osservando la volta celeste prima e inventandoci poi gli orologi con meccanismi sempre più elaborati. Intorno agli anni Venti del Novecento, l’introduzione degli orologi al quarzo cambiò radicalmente il nostro approccio con la misurazione del tempo, molto meno approssimativa e più accessibile a tutti rispetto alle tecnologie precedenti.

Gli orologi al quarzo utilizzano una particolare caratteristica dei cristalli di quarzo: quando viene applicata una corrente elettrica, questi vibrano e lo fanno mantenendo costante il numero di vibrazioni al secondo (frequenza). Le vibrazioni sono l’equivalente delle oscillazioni del pendolo nei vecchi orologi, e grazie a esse si può calcolare quanto tempo è passato.

In breve tempo, e non è un gioco di parole, divenne evidente che gli orologi al quarzo erano un importante passo avanti, ma che non erano comunque “stabili” a sufficienza, perché non scandivano in modo affidabile un secondo senza andare indietro o avanti nel corso del tempo, il problema che aveva afflitto tutti gli orologi inventati nei secoli precedenti.

Dopo un’ora di utilizzo, un oscillatore al quarzo accumula un ritardo di un miliardesimo di secondo, in un mese e mezzo si può arrivare a un millesimo di secondo, troppo per effettuare misurazioni di grande precisione.

Il problema fu parzialmente ridotto alla fine degli anni Sessanta, con il perfezionamento degli orologi atomici. Come suggerisce il nome, questi dispositivi utilizzano gli atomi per correggere gli oscillatori al quarzo. Ogni atomo di un elemento è formato da un nucleo (protoni e neutroni) intorno ai quali ci sono una certa quantità di elettroni a determinate distanze, o per meglio dire livelli di energia (orbitali). Impiegando una minuscola quantità di energia, sotto forma di microonde, si può indurre un elettrone a passare a un livello energetico maggiore. Ciò può accadere solo se l’ammontare di energia è ben calibrato, e cioè se le microonde hanno la corretta frequenza.

Nello stato eccitato, ovvero lo stato in cui l’elettrone assorbe energia, l’elettrone passa da un livello energetico inferiore (stato fondamentale) a un livello energetico superiore (stato eccitato) (Zanichelli)

La quantità di energia varia per ogni elemento, ma per gli atomi di uno specifico elemento è sempre la stessa ovunque ci si trovi, qui sulla Terra come altrove. Ed è questa la chiave per misurare accuratamente il tempo.

In un orologio atomico, la frequenza dell’oscillatore al quarzo viene trasformata nella frequenza delle microonde con cui colpire un gruppo di atomi. Se questa frequenza è corretta, molti elettroni intorno all’atomo cambieranno il loro livello energetico, mentre se non è corretta il passaggio riguarderà solo alcuni di loro. Sapendo quale deve essere la giusta frequenza per ottenere il passaggio, si può calcolare quanto sia l’errore dell’oscillatore al quarzo e lo si può riportare alla giusta frequenza.

Il livello di accuratezza degli orologi atomici al cesio, l’elemento chimico che si è rivelato ideale per tenere il tempo, ci ha permesso di confermare diverse cose che avevamo teorizzato sul conto della Terra e della fisica. Una di queste è che la velocità con cui il nostro pianeta gira su se stesso si sta riducendo, rendendo di conseguenza più lunghe le giornate. Immaginandola come un orologio, è stato stimato che la Terra abbia perso più o meno tre ore negli ultimi due millenni. Se ai tempi dell’imperatore romano Marco Aurelio qualcuno avesse fatto partire un orologio atomico, ora quell’orologio sarebbe 180 minuti più avanti rispetto alla scansione delle giornate basate sul ciclo dì e notte (“giorno solare”).

Gli orologi atomici offrirono la possibilità di superare le irregolarità nei moti celesti, offrendo sistemi accurati a sufficienza per coordinare attività molto importanti e che richiedono una misurazione del tempo molto precisa. Le trasmissioni radio prima e la digitalizzazione poi resero sempre più evidente la necessità di misurare correttamente il tempo, per esempio per consentire a computer, cellulari e altri dispositivi di funzionare e di comunicare tra loro oppure di far funzionare i sistemi per la geolocalizzazione, come il GPS.

Abbiamo inoltre imparato a essere comprensivi con la Terra e i suoi ritardi nel girare in tondo. Nel 1972 furono aggiunti dieci secondi a una giornata per riallineare il tempo atomico e quello astronomico, smaltendo vari ritardi accumulati negli anni precedenti. Da allora ogni anno e mezzo circa viene aggiunto un secondo (“secondo intercalare”) allo stesso scopo.

Benché abbiano reso possibile una misurazione del tempo più accurata, anche gli orologi atomici basati sul cesio non sono comunque perfetti, e per questo da decenni sono in corso ricerche e studi per sviluppare una nuova generazione di dispositivi chiamati orologi ottici atomici: invece di impiegare le microonde, utilizzano onde nello spettro del visibile.

Le sperimentazioni hanno riguardato elementi diversi dal cesio, come l’itterbio, il mercurio o l’alluminio, con risultati incoraggianti, ma ancora distanti dal rendere questa nuova tecnologia utilizzabile per definire meglio il secondo. Ne esistono meno di 30 al mondo e in molti casi occupano grandi stanze e richiedono un lavoro lungo e difficoltoso di calibrazione.

Gli atomi (o gli ioni) di un elemento vengono raffreddati al punto da essere quasi allo zero assoluto (la temperatura minima possibile teorica: 0 K, cioè -273,15 °C), in modo che non abbiano praticamente energia. Poi vengono colpiti con un raggio laser in modo da trovare la corretta lunghezza d’onda che indurrà una variazione come si fa con le microonde nei tradizionali orologi atomici.

Jeffrey A. Sherman, un fisico statunitense che si occupa di orologi ottici atomici, l’ha spiegata così al New York Times: «Così come un bambino raggiunge una grande altezza sull’altalena solo se le spinte del suo genitore arrivano al giusto ritmo, così gli atomi vengono eccitati in modo misurabile solo se il colore del laser è calibrato alla perfezione». Un secondo laser viene poi impiegato per risalire alle caratteristiche del fascio di luce emesso dal primo laser, determinando la sua frequenza. Questa viene poi impiegata per calcolare l’errore e tarare la giusta misurazione del tempo.

Al di là degli aspetti tecnici, molto più complessi di come li abbiamo riassunti, gli orologi ottici atomici sono considerati una grande opportunità per definire meglio il modo in cui determinare l’unità di tempo. A giugno, i responsabili del BIPM prevedono di avere una lista definitiva dei requisiti necessari per raggiungere una nuova definizione, in modo che i gruppi di ricerca che stanno sviluppando i nuovi orologi possano condurre test ed esperimenti orientati verso quegli obiettivi. Molti dei requisiti potrebbero essere già raggiunti nel 2026, poi saranno necessari anni di verifiche e analisi, in modo da arrivare intorno al 2030 a una nuova definizione di secondo. Per il tempo, ci vuole tempo.