La soluzione per i navigator è stata rimandata di nuovo

Il contratto dei consulenti che dovrebbero trovare lavoro a chi riceve il reddito di cittadinanza è stato rinnovato per pochi mesi

La protesta dei navigator a fine marzo di fronte al ministero dello Sviluppo economico (ANSA/MASSIMO PERCOSSI)
La protesta dei navigator a fine marzo di fronte al ministero dello Sviluppo economico (ANSA/MASSIMO PERCOSSI)
Caricamento player

Giovedì 28 aprile è stato trovato un accordo per rinnovare, seppur di pochi mesi, il contratto dei navigator, i consulenti – oggi quasi 2.000 – assunti nel luglio del 2019 per aiutare i beneficiari del reddito di cittadinanza a trovare un lavoro. Al termine di un incontro organizzato al ministero del Lavoro, il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, ha detto che il ministro Andrea Orlando si è impegnato a rinnovare per altri due mesi il contratto dei navigator, in scadenza sabato 30 aprile, con la possibilità che alla fine di giugno ci sia un ulteriore rinnovo per altri due mesi.

L’accordo trovato giovedì sembra essere una replica delle decisioni prese nell’ultimo anno: a pochi giorni dalla scadenza del contratto dei navigator, e in seguito alle loro proteste, il problema è stato rinviato di pochi mesi senza trovare una soluzione definitiva. Alla fine di agosto il ministero dovrà decidere se prorogare i contratti per la quinta volta oppure se assumere i navigator definitivamente, con un contratto a tempo indeterminato.

A dicembre c’era stata la possibilità di trovare una soluzione per il futuro dei navigator grazie al decreto legge per l’attuazione del PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Un emendamento alla legge avrebbe consentito alle Regioni di prendersi carico dei navigator almeno per sei mesi, fino alla scadenza del 30 aprile. Ma questa possibilità era stata considerata dalle Regioni come un obbligo, definito paradossale da molti presidenti regionali che già nel 2019 si erano opposti all’ingresso dei navigator nei Centri per l’impiego gestiti dalle Regioni. Nel 2019, come lo scorso dicembre, c’era il timore che i consulenti precari dovessero essere poi stabilizzati a spese delle Regioni.

Il problema principale è che la gestione e l’eventuale assunzione dei navigator, fin dalla nascita di questa figura professionale, è stata un motivo di contesa politica tra il Movimento 5 Stelle, che ha fortemente sostenuto il reddito di cittadinanza, e gli altri partiti che a fasi alterne hanno assecondato o criticato il sostegno economico alle persone in difficoltà introdotto dal primo governo guidato da Giuseppe Conte. Per questo negli ultimi due anni nessuno – né il governo, né le Regioni – si è preso la responsabilità di decidere il futuro di questi lavoratori.

Il primo politico a introdurre la parola “navigator” nel dibattito pubblico fu Luigi Di Maio, nel 2018, quando era ministro del Lavoro: spiegò che sarebbero stati dei “facilitatori” assunti per lavorare nei Centri per l’impiego gestiti dalle Regioni.

Il reddito di cittadinanza, infatti, aveva un obiettivo ambizioso: oltre a sostenere le persone in difficoltà economica, era stato pensato come uno strumento per trovare più velocemente una corrispondenza tra le offerte di lavoro delle aziende e la necessità di un impiego per le persone nelle fasce più povere della popolazione. Dopo un’accurata selezione, furono assunti 2.978 navigator, distribuiti nei Centri per l’impiego in tutta Italia sulla base della popolazione residente. Oggi sono 1.831. Guadagnano circa 1.700 euro netti al mese di cui 300 euro come rimborso spese forfettario.

A tre anni dalla sua introduzione, è ormai chiaro che il reddito di cittadinanza si sia dimostrato un’efficace misura di sostegno economico, simile a quelle di altri paesi, ma non un altrettanto valido mezzo di incentivo del mercato del lavoro. A novembre 2020 anche Luigi Di Maio, in un lungo intervento sul Foglio, aveva spiegato che sarebbe stato opportuno «ripensare i meccanismi separando nettamente gli strumenti di lotta alla povertà dai sostegni al reddito in mancanza di occupazione».

Il più grande limite delle cosiddette politiche attive legate al reddito di cittadinanza, cioè l’incrocio di domanda e offerta, è l’intricato rapporto tra regioni, comuni, Centri per l’impiego e ANPAL, l’agenzia nazionale delle politiche attive per il lavoro: ognuno ha un ruolo nella gestione dei beneficiari, ma spesso questi enti si parlano con grande difficoltà. Nonostante il coordinamento dei Centri per l’impiego sia un compito delle Regioni e delle Province, i navigator sono stati assunti da ANPAL, che è controllata dal ministero del Lavoro. Fin dall’inizio, i direttori dei Centri per l’impiego non hanno potuto coordinare direttamente i navigator senza prima passare dagli uffici regionali di ANPAL, con uno spreco di tempo ed energie. Oggi questi problemi non sono stati risolti del tutto, anzi per certi versi si sono aggravati.

Secondo i dati pubblicati un anno fa dalla Corte dei Conti, al 10 febbraio 2021 erano 152.673 le persone che avevano instaurato un rapporto di lavoro successivo alla data di presentazione della domanda per il reddito di cittadinanza: il 14,5 per cento del totale. I numeri, tuttavia, possono spiegare soltanto in parte il lavoro dei navigator, che assistono quotidianamente persone spesso in grave difficoltà non solo economica, ma anche sociale.

Matteo Diomedi, presidente di AN.NA, un’associazione nazionale nata come punto di riferimento per i navigator, ma senza prerogative sindacali, dice che l’accordo trovato al ministero del Lavoro è un segnale positivo perché sembra che per la prima volta il governo si sia accorto dell’importanza del loro lavoro. «Il messaggio è che finalmente hanno studiato i report della Corte dei Conti sui nostri risultati, hanno capito come funzionano i Centri per l’impiego e qual è il nostro lavoro, hanno parlato con noi e ci hanno ascoltati», dice. «Forse si sono resi conto che sarebbe utile non disperdere questo patrimonio di competenze e utilizzarlo al meglio per aiutare le persone».

Una delle questioni legate al lavoro dei navigator, spesso sottovalutate, riguarda proprio i Centri per l’impiego, che da anni attendono di essere potenziati attraverso nuove assunzioni. Il “Piano straordinario di potenziamento dei Centri per l’impiego e delle politiche attive del lavoro” deciso dall’accordo tra Stato e Regioni nell’aprile del 2019 è ancora oggi in gran parte inattuato: erano previste 11.600 assunzioni, ma molte Regioni non hanno ancora bandito i concorsi.

Anche nelle Regioni in cui sono stati assunti i consulenti, gli effetti sono stati meno significativi rispetto alle aspettative perché nelle assunzioni sono state comprese stabilizzazioni di persone che già lavoravano nei Centri per l’impiego e in molti casi non sono stati considerati i pensionamenti. I dati definitivi non sono ancora disponibili, ma secondo le prime ricognizioni in molte Regioni il saldo tra nuove assunzioni e pensionamenti è quasi nullo, se non negativo.

Un altro problema che riguarda i navigator è che negli ultimi anni molti consulenti hanno deciso di cambiare lavoro e non sono stati sostituiti. I 1.831 in servizio oggi assistono oltre 1,1 milioni di beneficiari, con un carico di lavoro individuale notevole. A Napoli, per esempio, ogni navigator assiste fino a 700 beneficiari con evidenti ripercussioni sulla qualità dell’assistenza nei confronti di queste persone e sulle già difficili possibilità di far trovare loro un lavoro.