Cosa sappiamo dei casi di epatite acuta nei bambini

Ci sono stati 169 casi nel mondo, alcuni anche in Italia: per ora non se ne conosce la causa

Il simbolo dell'Organizzazione mondiale della sanità (AP Photo/Anja Niedringhaus, file)
Il simbolo dell'Organizzazione mondiale della sanità (AP Photo/Anja Niedringhaus, file)
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Negli ultimi giorni in diversi paesi del mondo sono stati segnalati casi di epatite acuta pediatrica, la cui origine è al momento sconosciuta: la maggior parte delle segnalazioni è avvenuta nel Regno Unito, ma successivamente ce ne sono state anche in altri paesi, Italia compresa. Al momento, quello che si sa è che i casi accertati sono stati 169 nel mondo: in Italia sono stati segnalati 11 di possibili casi, ma solo due sono stati confermati.

L’epatite comune, che esiste in varie forme, è una malattia che attacca le cellule del fegato e che colpisce anche gli adulti. In genere è la conseguenza di un’infezione virale, ma può anche essere causata dall’esposizione a determinate sostanze, dall’eccessivo consumo di alcol o da certe patologie genetiche. Esistono cinque varietà di epatite virale, note con le lettere dalla A fino alla E. Da alcune epatiti si può guarire senza che lascino tracce rilevanti, altre hanno invece effetti più duraturi e gravi.

Nella giornata di sabato 23 aprile alcuni chiarimenti sull’aumento dei casi di epatite acuta pediatrica sono arrivati da un comunicato dell’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, e da una circolare del ministero della Salute italiano.

Questa nuova epatite (che il ministero della Salute chiama «epatite acuta a eziologia sconosciuta in età pediatrica») è diversa perché sembra fin qui colpire soggetti di età compresa tra un mese e 16 anni, e almeno in certi casi essere appunto “acuta” nel suo manifestarsi. Come sottolinea il ministero della Salute, «non è stato identificato alcun legame con il vaccino anti COVID-19 e un questionario somministrato ai casi, su alimenti e abitudini personali, non ha identificato alcuna esposizione comune».

Nel suo comunicato l’OMS ha parlato, secondo dati aggiornati al 21 aprile, di 169 casi totali nel mondo, segnalati in 11 paesi. La maggior parte (114) è stata individuata nel Regno Unito e quasi tutti in Europa. In 17 casi (circa il 10 per cento di quelli individuati), l’epatite acuta di origine sconosciuta ha richiesto trapianti. In almeno un caso ha portato alla morte. L’OMS ha scritto comunque che «non è chiaro se c’è stato un aumento dei casi di epatite o un aumento nell’attenzione verso casi di epatite».

I sintomi principali individuati fin qui sono dolori addominali, diarrea e vomito. La maggior parte dei casi osservati non presentava invece febbre. «In nessuno dei casi considerati» ha scritto l’OMS «sono stati individuati i virus comuni che causano l’epatite virale» (cioè i virus dell’epatite A, B, C, D ed E).

L’OMS fa notare che in almeno 74 casi su 169 sono stati trovati degli adenovirus (virus che possono causare diverse malattie, da quelle collegate al raffreddore a bronchiti e polmoniti) e che in 19 di questi casi c’era una co-infezione da coronavirus e adenovirus. Comunque, scrive ancora l’OMS, «se l’adenovirus è una possibile causa, ancora non ci si spiega la gravità del quadro clinico» che causa in certi pazienti. Inoltre, scrive sempre l’OMS, «mentre erano noti casi di epatite in bambini immunodepressi con infezioni da adenovirus», non erano noti casi in cui l’adenovirus causava l’epatite in bambini sani.

A questo proposito, il ministero della Salute ha scritto:

«Le infezioni da adenovirus sono comuni e di solito provocano una malattia lieve, con sintomi simili al raffreddore, vomito e diarrea. La maggior parte delle persone infettate da un Adenovirus non presenta complicazioni. Gli adenovirus non causano comunemente l’epatite, che è una complicazione rara, nota di solito tra gli individui immunocompromessi.

Si potrebbe ipotizzare o la comparsa di una nuova variante in circolazione che causi una grave epatite nei bambini, o che una variante comunemente in circolazione stia colpendo soprattutto bambini più piccoli forse immunologicamente non protetti in relazione alla minore circolazione di Adenovirus durante la pandemia COVID-19».