La truffa da 21 milioni di euro sul reddito di cittadinanza

Sono state fatte migliaia di richieste a nome di cittadini rumeni mai stati in Italia, e ci sono decine di persone arrestate

Il fermo immagine di uno dei video di TikTok in cui gli indagati mostravano i soldi ottenuti grazie alla truffa (ANSA)
Il fermo immagine di uno dei video di TikTok in cui gli indagati mostravano i soldi ottenuti grazie alla truffa (ANSA)
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Sedici persone lunedì hanno chiesto di patteggiare la pena dopo essere state accusate di aver organizzato una truffa di vasta portata sul reddito di cittadinanza, dal valore di alcune decine di milioni di euro, in cui erano coinvolti anche alcuni patronati CAF e di cui si era molto discusso negli scorsi mesi. L’udienza preliminare si è svolta al Tribunale di Milano, e il giudice deciderà a fine mese se accettare o meno la richiesta di patteggiamento: le pene per cui gli indagati hanno chiesto di patteggiare vanno da un anno e dieci mesi a tre anni e quattro mesi.

I risultati dell’inchiesta erano stati annunciati l’11 novembre 2021, quando le 16 persone erano state arrestate in varie regioni d’Italia su ordine della Procura. Le accuse di cui devono rispondere sono associazione a delinquere, truffa aggravata ai danni dello Stato ed estorsione. Fino al momento dell’arresto il danno all’erario ammontava a 21,5 milioni di euro.

La Procura aveva scoperto che i 16 arrestati, molti dei quali di origine rumena, grazie alla complicità di persone che lavoravano in alcuni patronati CAF (Centri di assistenza fiscale) avevano ottenuto redditi di cittadinanza e redditi di emergenza presentando le domande a nome di quasi 10mila cittadini rumeni residenti da dieci anni in Italia (il requisito che i cittadini stranieri devono avere per aver diritto al reddito). In realtà, quelle persone non avevano mai messo piede in Italia. Durante l’indagine, la Guardia di Finanza aveva scoperto che il sussidio era stato incassato persino a nome di una donna rumena assassinata otto anni fa, mentre altri due connazionali avevano avuto i soldi anche se erano ricercati in Italia per altre vicende.

Le domande venivano presentate ai funzionari compiacenti dei CAF nell’ordine di centinaia per volta con allegati codici fiscali e numeri di cellulare attivati per l’occasione. Durante l’indagine, la Guardia di Finanza aveva scoperto che molte delle migliaia di cittadini rumeni “finti” avevano la residenza negli stessi palazzi. Per esempio, ben 688 richiedenti il reddito di cittadinanza figuravano come residenti allo stesso numero civico di un palazzo in piazza Selinunte, nel quartiere San Siro, a Milano.

Se la truffa non fosse stata scoperta, secondo la Procura di Milano, gli organizzatori della frode avrebbero potuto ottenere dallo Stato 80 milioni di euro.

Tra i funzionari dei CAF interessati dall’indagine in molti si erano accorti della truffa ma allo stesso tempo approfittavano del fatto di poter ottenere i 10 euro che l’Inps riconosce per ogni pratica istruita.

Il 16 marzo scorso ci sono stati altri otto arresti, tra cui una cittadina italiana, funzionaria di un CAF. La truffa era infatti proseguita nonostante l’arresto delle prime 16 persone. In occasione dei nuovi arresti, la Procura ha spiegato che i capi del gruppo criminale «avevano il compito di procurare i documenti e i nominativi di propri connazionali avvalendosi anche dell’ausilio di complici operanti all’estero». Quindi, «i titolari e dipendenti di CAF e patronati compiacenti» ricevevano i documenti, «tramite persone di fiducia», e compilavano tutta la documentazione necessaria per presentare la domanda. Poi, «mediante la produzione di certificati di attribuzione del codice fiscale e documenti d’identità contraffatti», donne e uomini del gruppo andavano negli uffici postali e lì ottenevano il sussidio.

Secondo l’ordinanza di arresto la cittadina italiana arrestata nel marzo scorso non soltanto era impegnata «nell’istruzione di numerosissime domande di Rdc», ma procurava, per 50 euro l’uno, codici fiscali falsi poi utilizzati dal gruppo di truffatori.

Tra le prove presentate davanti al giudice, ci sono anche tre filmati presi da TikTok in cui una delle donne arrestate sventola e conta pile di banconote per poi lanciarle in aria felice.