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  • Mercoledì 30 marzo 2022

I risultati del primo giorno di negoziati in Turchia, in ordine

Si è parlato di neutralità dell'Ucraina, facendo forse qualche passo avanti, ma c'è enorme scetticismo sulle reali intenzioni della Russia

A sinistra la delegazione russa, a destra quella ucraina, al centro il presidente turco Erdoğan. (Xinhua via ANSA)
A sinistra la delegazione russa, a destra quella ucraina, al centro il presidente turco Erdoğan. (Xinhua via ANSA)

Martedì, in Turchia, è iniziata una nuova fase di negoziati tra l’Ucraina e la Russia: l’incontro tra le due delegazioni, al grande palazzo ottocentesco di Dolmabahçe di Istanbul, è iniziato alle 11 di mattina locali ed è durato circa tre ore e mezza. Le novità più importanti sono le proposte dell’Ucraina sulla propria neutralità, in cambio di alcune garanzie, e la promessa della Russia di ridurre «radicalmente» le attività militari nelle zone settentrionali dell’Ucraina. Sembrerebbero segnali positivi, ma c’è ancora moltissimo scetticismo: le proposte discusse ai negoziati restano piuttosto vaghe, e la Russia, considerata inaffidabile, potrebbe semplicemente star prendendo tempo per riorganizzarsi e ricominciare ad attaccare con più forza.

Il tema politico più importante riguarda le proposte fatte dall’Ucraina rispetto all’adozione di uno status neutrale, cioè di estraneità e non interferenza nel caso di conflitti tra paesi esteri. Nel concreto, l’Ucraina si è offerta di abbandonare l’idea di aderire ad alleanze militari di paesi stranieri e di non permettere a nessun paese di costruire basi militari all’interno del proprio territorio. Questo significa anche rinunciare all’entrata nella NATO, possibilità che comunque nessuno aveva mai considerato reale.

L’Ucraina si è detta pronta ad adottare uno status neutrale solo in cambio di alcune garanzie sulla propria sicurezza: su questo punto non ci sono ancora molte certezze e le informazioni diffuse al riguardo sono piuttosto vaghe.

Si è parlato di un’intesa che prevederebbe la possibilità di intervento militare di paesi stranieri in difesa dell’Ucraina, nel caso fosse attaccata. Secondo varie analisi, sarebbe una misura simile a quella prevista dall’articolo 5 della NATO, ma non è ancora chiaro quali paesi sarebbero disponibili a dare all’Ucraina queste garanzie: pare che durante i negoziati l’Ucraina abbia parlato di Stati Uniti, Regno Unito, Polonia, Francia, Turchia e Canada, ma sono indiscrezioni e se ne sa ancora molto poco.

Per l’Ucraina, tra l’altro, non è così semplice formalizzare le proprie proposte sulla neutralità per poter arrivare a un eventuale accordo di pace: l’aspirazione a entrare nella NATO, per esempio, è scritta nella Costituzione ucraina, che andrebbe cambiata attraverso un processo fatto di due votazioni in parlamento che richiedono una maggioranza dei due terzi dei suoi membri, e la successiva approvazione della Corte costituzionale: per ora, comunque, non è in programma alcuna revisione costituzionale.

Per quanto riguarda le pretese territoriali della Russia, quindi soprattutto Crimea e Donbass, la delegazione ucraina ha proposto un negoziato di 15 anni. Il processo dovrebbe portare anzitutto a un accordo sullo status della Crimea, anche se gli ucraini non hanno specificato quali siano i loro obiettivi di partenza; e poi dovrebbe comportare una discussione sulla regione del Donbass, che verrebbe affrontata dal presidente russo Vladimir Putin e da quello ucraino Volodymyr Zelensky.

Il capo della delegazione russa, Vladimir Medinsky, ha definito l’incontro con la delegazione ucraina «costruttivo» e ha detto che le proposte ucraine verranno inviate a Putin ed esaminate nei prossimi giorni. Rispetto all’incontro tra Putin e Zelensky, che Zelensky chiede da tempo, Medinsky ha detto che la delegazione accetterà di organizzarlo solo quando verrà raggiunta almeno una prima bozza di accordo di pace. La delegazione russa ha poi fatto sapere che non è contraria all’adesione dell’Ucraina all’Unione Europea, diversamente da quanto detto in occasioni precedenti.

Dopo i negoziati, la notizia più ripresa è stata che, a margine dell’incontro, il vice ministro della Difesa russo Alexander Fomin ha detto che la Russia ridurrà «radicalmente» le attività militari nelle zone di Kiev e Chernihiv, come passo per «aumentare la fiducia reciproca nelle future trattative, per arrivare a un accordo di pace con l’Ucraina». Fomin ha comunque specificato che la proposta «non è un cessate il fuoco».

Le parole di Fomin sono state accolte però con estremo scetticismo sia dai governi avversari che da molti analisti: in pochi credono davvero che l’obiettivo russo sia distendere i rapporti con l’Ucraina per favorire la pace. I motivi di questo scetticismo sono soprattutto due.

Il primo è che la Russia ha già mostrato in diverse occasioni di non rispettare gli accordi, per esempio bombardando i civili nei corridoi umanitari che aveva in precedenza accordato. Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha detto: «Ci sono le cose che la Russia dice, e le cose che la Russia fa. Noi ci concentriamo sulle seconde». Lo stesso Zelensky ha detto che «non c’è ragione di credere all’annuncio della Russia» sulla riduzione delle proprie attività militari. Anton Gerashchenko, ex vice ministro dell’Interno ucraino, le ha definite «bugie assolute».

Il secondo motivo per cui c’è molto scetticismo è che la situazione sul campo in Ucraina fa capire quanto la Russia abbia effettivamente bisogno di tempo per riorganizzarsi.

La zona in cui la Russia ha proposto di ridurre «radicalmente» le attività militari è quella di Kiev e Chernihiv, cioè la parte settentrionale dell’Ucraina in cui l’esercito russo non riesce ad avanzare da giorni (secondo le ultime notizie pare anche che intorno a Kiev l’esercito russo abbia dovuto cedere terreno e che anzi ora sia in posizione difensiva, invece che offensiva). Come ha detto Eliot Higgins di Bellingcat, proponendo di ritirarsi da Kiev e Chernihiv «la Russia sta offrendo di fare quello che sta già facendo»: non sarebbe quindi nessuna concessione.

La proposta di ridurre le attività militari è stata vista come un’ammissione del proprio fallimento, e un modo per potersi riorganizzare salvando la faccia con un’apparente disponibilità a risolvere il conflitto diplomaticamente, prima di colpire nuovamente. L’ammissione delle proprie difficoltà sul campo, tra l’altro, sembrerebbe confermata da una dichiarazione del ministro della Difesa russo Sergei Shoigu, che poco dopo l’inizio dei negoziati di martedì ha ripetuto una cosa che il ministero aveva già detto la scorsa settimana, ossia che l’obiettivo principale della guerra in Ucraina fosse il Donbass: obiettivi «raggiunti», ha detto Shoigu.

Ci si aspetta che i negoziati ricomincino oggi. Nel frattempo, l’esercito russo sta continuando a bombardare l’Ucraina meridionale.