Il comune di Torino deve sospendere la registrazione dei figli delle coppie omogenitoriali

A seguito di una sentenza e della lettera del prefetto che mette fine a una prassi introdotta dalle ultime due amministrazioni

Torino Pride 2021 (ANSA/ALESSANDRO DI MARCO
Torino Pride 2021 (ANSA/ALESSANDRO DI MARCO

Dopo quattro anni, l’anagrafe di Torino dovrà interrompere le registrazioni dei figli nati dalle coppie omogenitoriali. La decisione è stata presa a seguito di una sentenza e di una lettera inviata al sindaco Stefano Lo Russo dal prefetto Raffaele Ruberto, che ha di fatto messo fine a una prassi che si era consolidata in città su impulso delle ultime due amministrazioni, ribadendo l’obbligo di rispettare i precisi limiti che esistono in Italia sul riconoscimento del rapporto di filiazione da genitori dello stesso sesso. I figli delle coppie dello stesso sesso potranno essere registrati soltanto in relazione al genitore biologico.

Nell’aprile del 2018, Torino era stata la prima città a consentire la registrazione all’anagrafe di figli di coppie omogenitoriali e, dunque, a riconoscere la genitorialità delle coppie gay. La decisione era stata presa dalla ex sindaca del Movimento 5 Stelle Chiara Appendino ed era stata poi portata avanti anche dall’attuale sindaco Lo Russo, di centrosinistra, eletto nel 2021. Da allora gli uffici dell’anagrafe torinese hanno registrato 79 bambini figli di due madri o due padri.

A inizio aprile la Corte di Appello aveva però confermato la decisione adottata in primo grado dal Tribunale di Torino un mese prima, rifiutando il ricorso presentato da una coppia di donne per dare il cognome di entrambe alla figlia nata da fecondazione eterologa di Torino. In quel procedimento il Comune di Torino si era costituito in giudizio a fianco delle due madri.

Nelle motivazioni della Corte di Appello i giudici avevano fatto riferimento alla legge 40 del 2004, quella che norma la procreazione medicalmente assistita (PMA) e che prevede l’utilizzo degli ovuli o degli spermatozoi (gameti) donati da una terza persona. La legge 40, all’articolo 5, specifica che possono accedere a queste tecniche soltanto «coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi». La legge impedisce pertanto l’accesso alle procedure di procreazione assistita alle coppie omosessuali, alle donne single e alle vedove. La richiesta del doppio cognome delle due donne non è dunque possibile, hanno stabilito i giudici, perché l’atto di base in Italia è illegittimo.

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Dopo la sentenza, il sindaco Stefano Lo Russo e l’assessore ai Diritti Jacopo Rosatelli avevano deciso di chiedere all’avvocatura comunale degli «approfondimenti giuridici» e di sospendere in via cautelativa le registrazioni (sono sei quelle tuttora in sospeso). Secondo alcuni esperti di diritto, aveva spiegato La Stampa, la decisione della Corte d’Appello di Torino poteva comunque lasciare aperti dei margini perché, tecnicamente, riguardava soltanto un singolo caso e avrebbe potuto non avere effetto sulle future registrazioni, salvo impugnazione.

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Dopodiché è arrivata una lettera dal prefetto di Torino Raffaele Ruberto, e dunque dal ministero dell’Interno, che ha ricordato al sindaco Stefano Lo Russo che «gli atti di Stato civile sono redatti secondo le modalità stabilite dal ministero dell’Interno, escludendo margini di discrezionalità operativa». E ancora: «altre disposizioni del nostro ordinamento impongono limiti molto precisi nella formazione, nel nostro paese, di un atto di nascita o di riconoscimento di filiazione da genitori dello stesso sesso». Negli atti di nascita è cioè possibile indicare solo il padre e la madre, non due madri o due padri, senza alcun margine di discrezionalità. E poi c’è appunto la legge 40 che consente la PMA soltanto alle coppie di sesso diverso.

Il servizio di registrazione dei figli nati dalle coppie omogenitoriali a Torino resta dunque sospeso. «Sono amareggiato, ma la nostra battaglia non finisce qui. Ora diventa di natura politica», ha commentato il sindaco Lo Russo che ha dunque chiesto al Parlamento di colmare questo vuoto legislativo: «È necessario riconoscere la genitorialità delle coppie dello stesso sesso nel supremo interesse dei minori a crescere in una famiglia con pienezza di diritti e doveri». L’assessore ai Diritti Jacopo Rosatelli ha poi convocato un incontro con le associazioni del Torino Pride: «Dobbiamo condividere con loro un percorso di iniziative per continuare la battaglia con le armi della legalità e della giustizia, confidando che alla fine avremo ragione».