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  • Martedì 22 marzo 2022

Anastasia Vasilieva, contro Putin per forza di cose

La sua storia di medico "dissidente per caso" è raccontata nel libro di Gianni Vernetti sugli oppositori alle dittature

Anastasia Vasilieva fuori dall'ospedale a Vladimir, dove era detenuto Alexei Navalny, aprile 2021 (AP Photo/Kirill Zarubin)
Anastasia Vasilieva fuori dall'ospedale a Vladimir, dove era detenuto Alexei Navalny, aprile 2021 (AP Photo/Kirill Zarubin)

Anastasia Vasilieva fa il medico a Mosca, ma negli ultimi anni si è impegnata in una serie di iniziative contro il governo del suo paese sulle questioni sanitarie che si sono aggiunte al suo avere curato Alexei Navalny – il più famoso e perseguitato leader dell’opposizione al regime di Vladimir Putin – dopo un’aggressione, e ad aver aderito alle sue campagne. Così è stata arrestata più volte e perseguitata anche lei, ed è diventata “dissidente per caso”, come la definisce Gianni Vernetti nel suo nuovo libro Dissidenti (Rizzoli), che raccoglie le storie di tante persone che sono diventate i simboli più visibili delle opposizioni a dittature e regime autoritari in molti paesi del mondo. Vernetti ha fatto politica con i Verdi e poi con il Partito Democratico, è stato senatore e sottosegretario agli Esteri nel governo Prodi, negli ultimi anni ha scritto per le testate del gruppo GEDI.

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«Sono un medico, un oftalmologo, e insegno anche alla Prima Università medica statale di Mosca. Non ho mai fatto politica. Nell’aprile del 2017 ho curato Alexei Navalny per un grave danno all’occhio destro provocato dal lancio di un colorante antisettico, noto come “Zelyonka”, da parte di sconosciuti. Era il primo attentato che subiva: meno grave del tentativo di omicidio di Tomsk del mese di agosto del 2020 con il Novichok, ma ha comunque rischiato di perdere la vista. Fino ad allora sapevo poco di lui e per me era un paziente come un altro. Poi, nell’aprile del 2018 l’ospedale dove lavoravo (l’Istituto di ricerca oftalmologico di Mosca) decide di licenziare, per motivi di razionalizzazione finanziaria, oltre trenta medici specialisti. A molti di loro è stato offerto un lavoro come tecnici di laboratorio o addirittura come semplici addetti alle pulizie. Eravamo disperati e abbiamo iniziato a scrivere petizioni a tutto il mondo politico e governativo.
Nessuna risposta. L’unico che ci ha sostenuto è stato proprio Alexei Navalny, che ci ha offerto un supporto legale gratuito con il team della sua Fondazione anticorruzione. Dopo una lunga battaglia legale, siamo riusciti a vincere in tribunale e a far reintegrare la gran parte dei medici nell’ospedale. Da quel momento ho iniziato a ricevere telefonate da medici e infermieri da tutta la Russia, ognuno con la sua storia di inefficienze, piccoli e grandi soprusi, denunce.»

Questa è la storia di una «dissidente per caso», Anastasia Vasilieva, trentasei anni. Da quando ha conosciuto Alexei Navalny ha unito il suo impegno professionale a quello politico.
Inizia a collaborare con la Fondazione anticorruzione e grazie al lavoro in comune con il Team Navalny nel 2019 fonda l’Alleanza dei medici, la prima organizzazione indipendente che riunisce oltre seimila medici e infermieri in tutta la Russia e che ha oggi quarantuno uffici da San Pietroburgo a Vladivostok. L’Alleanza dei medici è ormai un’associazione diffusa in tutte le regioni della Russia ed è il soggetto più attivo nel denunciare le inefficienze del sistema sanitario russo, che non ha retto alla crisi della pandemia.
Anastasia Vasilieva è stata anche uno dei primi medici accorsi a Tomsk quando Alexei Navalny venne avvelenato, ed è stata lei a negoziare con le autorità russe il trasferimento dell’oppositore all’Ospedale Charité di Berlino.

Quando esplode la pandemia da Covid-19, Anastasia subisce il suo primo arresto.
«Era il marzo del 2020, il virus si stava diffondendo e lo Stato continuava ancora a negare la gravità della situazione. Medici e infermieri erano costretti a lavorare senza le minime protezioni e nella disinformazione più totale. Questo è il motivo per il quale abbiamo iniziato a raccogliere fondi in modo volontario per reperire maschere, tute e vari sistemi di protezione. Abbiamo raggiunto un ospedale nella cittadina di Okulovka, nella regione di Velikij Novgorod, a quattrocento chilometri da Mosca, quando siamo stati bloccati violentemente dalle forze dell’ordine. Mi hanno arrestata, ho passato una notte in prigione e poi sono stata rilasciata pagando una cauzione. È evidente che non c’era alcuna violazione della legge e l’arresto aveva il solo scopo di esercitare su di noi una forte pressione psicologica per farci desistere dal continuare nella nostra azione di sostegno a medici e infermieri.»

La crisi pandemica ha colpito duramente il sistema sanitario russo, che si è rivelato totalmente impreparato ad affrontare la crisi. «In tutta la Russia la sanità pubblica è in grande difficoltà» mi spiega Anastasia Vasilieva. «Forse a Mosca e San Pietroburgo il livello di qualità dei servizi è accettabile, ma appena usciamo dalle grandi metropoli la situazione nella Russia profonda è drammatica. All’inizio della pandemia, la gran parte di medici e infermieri negli ospedali della periferia lavorava senza alcun tipo di protezione. Questo è il motivo per il quale abbiamo promosso diverse raccolte fondi e abbiamo iniziato a distribuire mascherine, guanti, tute a infermieri e medici in tutto il Paese. Per Vladimir Putin il problema non sembra essere l’emergenza da coronavirus, ma piuttosto silenziare chi come noi denuncia le inefficienze del sistema sanitario. Stiamo cercando soltanto di raccontare la verità, e ogni giorno raccontiamo e rendiamo pubblica la realtà sanitaria della Russia profonda, denunciando le inefficienze, gli sprechi, gli errori nel contrasto alla pandemia e non solo.»

«Russia Today», uno degli strumenti della propaganda internazionale del regime di Vladimir Putin, è stato tra i media di Stato russi più attivi nel promuovere una duplice narrazione sulla crisi pandemica: da un lato minimizzando l’entità della crisi all’interno della Federazione Russa e dall’altro raccontando l’attivismo internazionale del Cremlino nel promuovere aiuti e sostegni in molti Paesi nel mondo per lanciare il vaccino nazionale Sputnik V. La rete televisiva RT ha subito attaccato Anastasia Vasilieva, denunciando la sua presunta «collusione» con l’Occidente per screditare l’impegno del governo russo nella lotta alla pandemia.

«Il regime di Putin sta mentendo sulla reale situazione» aggiunge Vasilieva. «Non c’è un sistema efficace di diagnostica e non c’è una statistica attendibile sul numero dei contagiati e dei deceduti. Grazie al nostro network indipendente di medici, ci giungono ogni giorno notizie sullo stato della pandemia: la situazione è tuttora estremamente preoccupante. E le autorità, anziché tentare di affrontare al meglio l’emergenza, sembrano essere solo preoccupate di “gestire” e “filtrare” le notizie. C’era una battuta che girava in Russia all’inizio della pandemia, recitava così: “Nei nostri ospedali non ci sono più mascherine perché Putin le ha spedite tutte in Europa e negli Stati Uniti”. Vede, in linea di principio non sono contraria alle iniziative di cooperazione internazionale, ma devo rilevare che quelle iniziative sono state solo una forma di propaganda: uno show politico di Vladimir Putin per dimostrare la “superiorità” russa, quando il nostro sistema sanitario è invece allo sbando.»

I dati nell’inizio dell’autunno del 2021 confermano le sue previsioni: la realtà della pandemia all’interno della Federazione Russa è drammatica. E mentre Stati Uniti ed Europa, grazie a una estesa campagna di vaccinazione, green pass obbligatori, controlli assidui, hanno potuto iniziare a programmare un ritorno alla normalità pre-Covid, in tutta la Russia si contano ancora fra gli ottocento e i mille morti al giorno e non vi sono dati affidabili né sull’efficacia del vaccino nazionale Sputnik V, né sulle percentuali di vaccinazione.
Il sito ufficiale della Federazione Russa svolge ogni giorno il monitoraggio della situazione pandemica e fornisce dati estremamente preoccupanti: il più alto numero di contagiati fra tutti i Paesi europei (7,8 milioni nell’ottobre del 2021); il più alto numero di morti (217.372 l’11 ottobre 2020) con un trend di crescita che non accenna a rallentare. Anche il tasso di vaccinazione della popolazione russa è ancora ampiamente al di sotto della media europea, attestandosi nell’ottobre del 2021 al trentacinque per cento dei 146 milioni di russi che hanno ricevuto almeno una dose e non più del trentuno per cento che hanno completato il ciclo vaccinale.

Quella russa è tuttora una scelta autarchica: in tutto il Paese si somministra soltanto lo Sputnik V, vaccino sul quale l’Organizzazione mondiale della sanità ha espresso molte riserve, giungendo a interrompere anche il processo di validazione su scala globale alla luce delle troppe inadeguatezze rilevate nelle varie fasi del processo produttivo. E nonostante gli annunci del Centro Gamaleya e del Russian Direct Investment Fund, i «padri» e i proprietari del vaccino, l’Agenzia europea del farmaco non ha ancora sbloccato l’iter autorizzativo di Sputnik V, rendendo così impossibile a coloro che sono stati vaccinati in Russia di muoversi liberamente in Europa.

E mentre il sito ufficiale di Sputnik V nel settembre del 2021 annunciava trionfalmente che la campagna di vaccinazione in Bielorussia aveva raggiunto un’efficacia del 97,2 per cento, con oltre 860.000 cittadini vaccinati nel Paese, migliaia di russi che possono permetterselo volano all’estero per farsi inoculare uno dei vaccini occidentali disponibili sul mercato. Come dichiarato da Maya Lomidze, la direttrice esecutiva dell’Associazione russa dei tour operator, «ogni giorno aumentano le richieste di viaggio da parte di cittadini russi che vogliono essere vaccinati con vaccini riconosciuti dall’Organizzazione mondiale della sanità. Le nostre agenzie offrono pacchetti fra i trecento e i settecento dollari, tutto compreso». Una delle mete preferite è la Serbia, Paese nel quale è possibile ricevere a pagamento quasi tutti i vaccini attualmente in circolazione, da AstraZeneca a Moderna, da Pfizer a Johnson & Johnson.

La pandemia rischia però di lasciare segni profondi nella Federazione Russa e su questo punto Anastasia Vasilieva ha pochi dubbi. «L’emergenza coronavirus sta peggiorando ulteriormente i già deboli standard di rispetto dei diritti in Russia. Le forze dell’ordine hanno spesso implementato il lockdown in modo violento: anziani picchiati perché sorpresi fuori casa a fare la spesa, arresti di giovani a spasso con il cane e poi la repressione contro la nostra organizzazione di medici… Tutto ciò è però un segnale di debolezza del regime, e di contro non c’è alcuna efficacia nel contrasto alla pandemia. La narrazione sui successi del vaccino Sputnik nel mondo stride con la realtà all’interno del Paese: la percentuale di vaccinati è estremamente bassa, la gente non si fida di Putin e nemmeno della ricerca scientifica nazionale… La pandemia in Russia ha infine svelato il dramma di un welfare molto debole, di una sanità pubblica che non è in grado di offrire un servizio efficiente in condizioni di normalità, figuriamoci durante una pandemia. Il Covid-19 farà aprire gli occhi sulla reale situazione sanitaria e politica del Paese.
Il cambiamento forse non sarà immediato, ma sono ottimista e credo che in un paio di anni la Russia non sarà più la stessa. Credo che un cambiamento radicale sia possibile.»

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