L’uomo in fuga da dieci giorni nei boschi sopra il lago di Como

Massimo Riella, accusato di rapina, è scappato dagli agenti durante una visita alla tomba della madre

(ANSA/MATTEO BAZZI)
(ANSA/MATTEO BAZZI)

Dal 12 marzo le forze di polizia, e in particolare il Nucleo investigativo della polizia penitenziaria di Milano, stanno dando la caccia nei boschi del comasco a una persona evasa. Si chiama Massimo Riella, ha un passato di denunce per bracconaggio e sembra conosca perfettamente i boschi della zona, e la posizione di casolari e cascine abbandonate. Finora è riuscito a nascondersi e anche quando è stato avvistato è poi riuscito a dileguarsi nuovamente.

Riella era in carcere a Como con l’accusa di aver minacciato, gettato a terra e rapinato due anziani il 9 ottobre scorso a Consiglio di Rumo, un paese sul lago di Como vicino al confine con la Svizzera. Ha sempre dichiarato di essere innocente, ma nella casa delle due persone rapinate erano state trovate le sue tracce biologiche.

Il 9 marzo Riella era salito sul tetto del carcere di Como, per protestare perché non gli era stato dato il permesso di fare visita al cimitero di Brenzio, frazione di Gravedona ed Uniti (Como), dove è sepolta la madre morta a dicembre. Era stato convinto a scendere dal tetto del carcere e il permesso gli era stato accordato. Il 12 marzo, accompagnato al cimitero da quattro agenti della polizia penitenziaria, si è soffermato alcuni istanti davanti alla tomba della madre, quindi ha colpito due degli agenti ed è corso nel vicino bosco, scomparendo.

L’area boschiva è molto vasta, in alcuni tratti anche parecchio impervia. Riella non ha soldi né un telefono, ma ha sempre vissuto in queste zone, dove ha fatto a lungo il bracconiere. Chi lo conosce sostiene che è in grado di vivere procurandosi il cibo e nascondendosi. Le forze di polizia stanno controllando l’area con l’aiuto di cani specializzati nella ricerca di persone. Il Nucleo investigativo della polizia penitenziaria ha segnalato all’autorità giudiziaria due persone sospettate di aver aiutato Riella, dandogli cibo e abiti, la sera del 12 marzo. L’evasione, secondo gli investigatori, sarebbe stata pianificata. Prima di scomparire, avrebbe anche detto ai parenti che sarebbe evaso per trovare i veri colpevoli della rapina di Consiglio di Rumo.

Riella è ben conosciuto dalle forze dell’ordine della zona. La polizia provinciale lo aveva già arrestato nel maggio del 2021 perché in casa gli era stato trovato un fucile con la matricola abrasa. A ottobre era poi sfuggito ai carabinieri che erano andati ad arrestarlo per la rapina a Consiglio di Rumo: quella volta era saltato dal balcone di casa, al secondo piano, scappando nei boschi a piedi nudi armato di un coltello. Quando lo presero, a dicembre, i carabinieri di Menaggio gli misero due paia di manette perché in precedenza era riuscito a togliersele spezzandole su una pietra.

Domenica la polizia penitenziaria ha avvistato Riella vicino a un casolare, troppo distante però per riuscire a prenderlo. Poi era scomparso di nuovo. Ieri la figlia ha scritto un messaggio sulla sua pagina Facebook: «Mio padre non si è mai fatto di crack, come è stato detto al telegiornale, e della famosa rapina ai due anziani di Consiglio di Rumo non è lui il responsabile. L’hanno incastrato».