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  • Lunedì 21 marzo 2022

I due giornalisti di Associated Press che hanno raccontato la guerra a Mariupol

Sono gli ucraini Mstyslav Chernov e Evgeniy Maloletka, che hanno fatto un lavoro tanto prezioso quanto pericoloso

Il bombardamento di un edificio residenziale a Mariupol, in Ucraina (AP Photo/Evgeniy Maloletka)
Il bombardamento di un edificio residenziale a Mariupol, in Ucraina (AP Photo/Evgeniy Maloletka)

Mercoledì scorso Associated Press ha pubblicato un lungo reportage da Mariupol, la città più martoriata dai bombardamenti russi in Ucraina e sotto assedio da inizio marzo. Gli autori del reportage, i due giornalisti ucraini Mstyslav Chernov e Evgeniy Maloletka, sono gli unici giornalisti che lavorano per una testata occidentale a essere rimasti dall’inizio dell’invasione in città, forse il posto più pericoloso dell’intera guerra: ora se ne sono andati, ma per tre settimane hanno vissuto in mezzo ai civili assediati, e insieme a loro hanno rischiato ogni giorno di essere obiettivo dei bombardamenti e dei cecchini russi.

I loro articoli e le loro fotografie vengono considerate testimonianze preziose per raccontare quello che è successo a Mariupol, e per questo sono state riprese dai giornali di mezzo mondo.

Il loro reportage pubblicato mercoledì scorso – assai apprezzato e scritto in collaborazione con Lori Hinnant, che lavora per Associated Press da Parigi – ha raccontato come i civili si siano ridotti a bere la neve a causa della mancanza di acqua potabile, a vivere al freddo, senza elettricità e riscaldamento, con i cadaveri lasciati per strada o buttati in fosse comuni: è infatti troppo pericoloso organizzare funerali o trascorrere troppo tempo all’aperto, a causa dei bombardamenti sistematici e costanti dei russi.

Tra i racconti più importanti fatti finora da Chernov e Maloletka ci sono quelli relativi al bombardamento sull’ospedale di Mariupol.

Sono di Maloletka le foto, molto dure, che mostrano i momenti immediatamente successivi all’attacco; quella della donna incinta trasportata su una barella dai soccorsi, morta poco dopo insieme al bambino che avrebbe dovuto partorire, e quella dell’influencer ucraina Marianna Podgurskaya che corre giù per le scale dell’ospedale in pigiama.

Podgurskaya è sopravvissuta, ha partorito il giorno dopo ed è stata oggetto di una campagna di disinformazione organizzata dalla Russia che sosteneva (falsamente) che lei fosse un’attrice e che il bombardamento non fosse mai avvenuto. Maloletka ha poi scattato una foto che mostra Podgurskaya due giorni dopo il bombardamento, insieme alla figlia appena nata.

Marianna Podgurskaya con la bambina che ha partorito due giorni dopo il bombardamento (AP Photo/Evgeniy Maloletka)

È di Chernov, invece, la foto di Podgurskaya avvolta in un grosso piumino col volto coperto di sangue, fuori dall’ospedale: è stata una delle immagini più presenti sui giornali di tutto il mondo per raccontare i bombardamenti russi su Mariupol e per mostrare come gli attacchi fossero diretti verso i civili, e non su obiettivi militari, come ha continuato a sostenere la Russia.

Le altre poche immagini che si hanno sulla situazione a Mariupol, scrive il Washington Post, sono soprattutto del fotografo di Reuters Alexander Ermochenko, del governo ucraino e dei civili che hanno condiviso alcune immagini sui social network.

Marianna Podgurskaya, una delle donne incinte colpite dai bombardamenti di Mariupol (AP Photo/Mstyslav Chernov, File)

Nelle ultime tre settimane spesso Chernov e Maloletka non hanno avuto accesso a internet e non hanno potuto mantenere contatti costanti con la redazione: questo non solo ha rallentato il loro lavoro (alcuni articoli sono stati scritti dai colleghi fuori dall’Ucraina che si sono basati su informazioni raccolte da loro due, per esempio), ma ha anche fatto crescere i timori per la loro sicurezza nella redazione di Associated Press. Come è emerso dal loro reportage, nei giorni successivi al bombardamento dell’ospedale di Mariupol uno dei due giornalisti (non si sa se Chernov o Maloletka) era insieme al personale medico preso di mira e colpito da alcuni spari russi.

Il governo russo ha tentato in tutti i modi di screditare il loro lavoro.

Riferendosi alle immagini delle due donne incinte dopo il bombardamento sull’ospedale, l’ambasciata russa nel Regno Unito aveva condiviso le foto sostenendo che fossero false, e opera di un «famoso fotografo propagandista» (Twitter ha rimosso il tweet perché violava le sue norme). È una tesi che il governo russo ha continuato a promuovere in diversi modi e occasioni (qui un esempio di una diplomatica russa che ha sostenuto le stesse cose durante una trasmissione televisiva nei Paesi Bassi a cui era stata invitata).

Peter Leonard, ex corrispondente di Associated Press dall’Ucraina, si è detto «disgustato» del comportamento della Russia rispetto al lavoro fatto da Chernov e Maloletka. Anche perché, ha raccontato Leonard, quando nel 2014 Chernov raccontò le due parti del conflitto, dedicando attenzione anche alle difficoltà e alle paure dei separatisti russi nel territorio ucraino, la televisione di stato russa incensò il suo lavoro.

– Leggi anche: I reporter di guerra stanno tornando centrali

Chernov e Maloletka sono due giornalisti esperti. Chernov lavora con Associated Press dal 2014, quando faceva il “fixer” per alcuni giornalisti italiani (i “fixer” sono giornalisti o collaboratori di media locali che vengono “assunti” dagli inviati come traduttori e guide, e per altri vari compiti di supporto). Da giornalista, Chernov ha raccontato diverse guerre in Medio Oriente, tra cui in Siria, in Iraq e a Gaza.

Maloletka è un fotogiornalista freelance e anche lui lavora da tempo con Associated Press. Negli ultimi anni si è occupato dell’invasione e dell’annessione russa della Crimea, oltre che delle proteste che si tennero in Ucraina tra il 2013 e il 2014 e che portarono alla destituzione del governo del presidente filorusso Viktor Yanukovych.

Sia Chernov che Maloletka provengono dall’Ucraina orientale e conoscono molto bene le zone che stanno raccontando: Julie Pace, direttrice di Associated Press, ha spiegato che la sua testata preferisce rivolgersi sempre a giornalisti locali che conoscono bene il territorio, e che sono in grado di raccontarne gli eventi con un dettaglio superiore a quello di inviati stranieri.