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  • Venerdì 18 marzo 2022

Gli accordi di Evian, 60 anni fa

Misero fine alla guerra di Algeria, portando all'indipendenza del paese dalla Francia

Ritratti del generale Charles de Gaulle durante una manifestazione davanti alla sede del governo ad Algeri, 19 maggio 1958 (AP Photo)
Ritratti del generale Charles de Gaulle durante una manifestazione davanti alla sede del governo ad Algeri, 19 maggio 1958 (AP Photo)

L’ex Hôtel du Parc, sulle sponde del lago di Ginevra, al confine tra Francia e Svizzera, è il luogo in cui, dopo quasi due anni di negoziati segreti, il 18 marzo di sessant’anni fa la Francia del generale Charles de Gaulle e il governo provvisorio della Repubblica algerina firmarono gli storici accordi di Evian, che misero fine a una guerra iniziata nel novembre del 1954.

L’Algeria era diventata una colonia francese nel 1830 e, seguendo la politica dell’assimilazione portata avanti dall’allora governo di Parigi, era stata riconosciuta come una provincia francese. Già nella metà degli anni Cinquanta dell’Ottocento vi si erano trasferiti più di un milione di francesi ed europei che occupavano posizioni di privilegio e di prestigio rispetto alla maggioranza algerina.

Nel 1954, il movimento indipendentista nato dopo la Seconda guerra mondiale si organizzò prima nel Comitato Rivoluzionario d’Unione e d’Azione e poi nel Fronte di Liberazione Nazionale (FLN), decidendo di passare alla lotta armata. Dal primo giorno del conflitto, gli algerini rivendicarono comunque l’apertura di negoziati senza precondizioni con il governo francese e per l’indipendenza del paese, ma la risposta dell’allora ministro dell’Interno François Mitterrand fu di rifiuto.

Il 12 novembre del 1954 il primo ministro francese Mendès-France dichiarò a sua volta che non era possibile «giungere a compromessi» quando si trattava «di difendere la pace interna della nazione, l’unità e integrità della Repubblica. I dipartimenti algerini sono parte della Repubblica francese. Sono francesi da lungo tempo e sono irrevocabilmente francesi (…), tra loro e la Francia metropolitana non è concepibile alcuna secessione».

Ben Tobal e Ben Yahia del Fronte di liberazione algerino arrivano all’Hôtel du Parc a Evian per i colloqui con il governo francese, 9 maggio 1962 (Keystone/Getty Images)

Da subito, la repressione francese fu violentissima. Nel 1956, quando la Francia concesse l’indipendenza a Marocco e Tunisia, iniziò la più famosa delle battaglie di questo conflitto, quella di Algeri: tre donne piazzarono delle bombe in tre luoghi diversi della città frequentati dai coloni francesi. Il governatore generale dell’Algeria diede mandato all’esercito di utilizzare ogni mezzo e l’8 gennaio del 1957 entrarono in città 7 mila paracadutisti e venne proclamata la legge marziale. Dal punto di vista militare l’azione ebbe successo, ma la notizia che per vincere la battaglia di Algeri l’esercito avesse operato con metodi brutali ebbe grande risalto a livello internazionale e cominciò a provocare la messa in discussione della stessa presenza francese nel paese.

Alla fine degli anni Cinquanta, il ritorno sulla scena politica del generale De Gaulle diede una svolta al conflitto. Ritenuto inizialmente il garante dell’Algeria francese e fortemente voluto dai cosiddetti pieds-noirs, i francesi d’Algeria contrari all’indipendenza, de Gaulle cominciò gradualmente a rivedere le proprie posizioni, arrivando ad ammettere, nel 1959, il principio di autodeterminazione dell’Algeria e a parlare, nel 1960, di «un’Algeria algerina». Nel novembre dello stesso anno riconobbe il Fronte come un valido interlocutore.

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Questo cambio di posizione venne vissuto dai coloni e da una parte degli ambienti militari in Algeria come un tradimento, dopo gli anni di dura lotta contro gli indipendentisti. Nel gennaio del 1961 un referendum organizzato nella capitale algerina diede come esito una maggioranza a favore dell’autodeterminazione del paese e portò il governo francese ad avviare segretamente negoziati col governo provvisorio algerino. Quando, in aprile, venne comunicato un imminente incontro franco-algerino, un gruppo di generali francesi contrari ai progetti di indipendenza prese possesso con le truppe dell’aeroporto di Algeri, del municipio e del governatorato generale e tentò di organizzare un colpo di stato militare.

Il generale de Gaulle comunicò in televisione che «un potere insurrezionale» si era installato in Algeria. Il suo appello portò al fallimento del colpo di stato: centinaia di ufficiali furono estromessi dal comando, altri furono arrestati, e molti aderirono all’Organisation armée secrète, un gruppo paramilitare clandestino contrario all’indipendenza e a de Gaulle che da lì in poi compì una serie di attentati sia in Algeria che in Francia, e che proseguirono anche dopo la firma degli accordi di pace.

I negoziati col Fronte di Liberazione Nazionale, con la Svizzera nel ruolo di mediatrice, vennero riaperti nella città francese di Évian-les-Bains nel maggio del 1961. Vi furono due incontri: il primo ebbe luogo dal 20 maggio al 13 giugno e il secondo dal 20 al 28 luglio dello stesso anno. Il 18 marzo 1962, le delegazioni francesi e algerine si incontrarono di nuovo e riuscirono a firmare gli accordi sulla cessazione delle ostilità e sui futuri assetti delle due nazioni.

Una manifestazione a favore del dominio francese in Algeria a Aïn Témouchent, in vista dell’arrivo del presidente Charles de Gaulle, 10 dicembre 1960 (Agence France-Presse/Getty Images)

Il primo luglio del 1962 sei milioni di algerini andarono a votare il referendum sull’indipendenza: quasi tutti i voti furono a favore, e il 3 luglio de Gaulle proclamò l’Algeria indipendente. Il governo provvisorio algerino scelse però il 5 luglio come Giorno dell’Indipendenza, per ricordare l’anniversario della presa di Algeri da parte delle truppe francesi avvenuta il 5 luglio del 1830.

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La guerra causò più di 400 mila morti tra gli algerini, quasi dieci volte quelli tra i francesi. Nel 2018 l’attuale presidente Emmanuel Macron riconobbe per la prima volta che i membri dell’esercito francese erano stati responsabili di torture e omicidi durante la guerra in Algeria decidendo poi, nel 2021, di declassificare i documenti secretati per ragioni di sicurezza nazionale relativi al periodo antecedente al 1971, compresi quelli che riguardavano la guerra in Algeria.

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