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  • Martedì 15 marzo 2022

La vittoria della sinistra in Colombia, senza precedenti

Sia alle elezioni legislative sia alle primarie per le presidenziali: ed è una notizia, per un paese tradizionalmente assai conservatore

Gustavo Petro, Bogotà, Colombia, 13 marzo 2022 (AP Photo/Ivan Valencia)
Gustavo Petro, Bogotà, Colombia, 13 marzo 2022 (AP Photo/Ivan Valencia)

Il 13 marzo in Colombia ci sono state due elezioni a livello nazionale, entrambe importanti, che hanno mostrato uno spostamento della politica nazionale verso sinistra: una novità in Colombia, un paese che non ha mai avuto un presidente di sinistra nella sua storia.

Le elezioni per rinnovare il parlamento sono state vinte dall’attuale opposizione al governo del presidente di centrodestra Iván Duque, anche se nessun partito ha superato il 16 per cento dei voti (ne è risultato un parlamento molto frammentato). Lo stesso giorno si sono tenute anche le primarie per scegliere i candidati delle tre principali coalizioni del paese alle presidenziali che si terranno il prossimo 29 maggio. I risultati hanno rafforzato il ruolo di favorito di Gustavo Petro, ex sindaco di Bogotà e ex guerrigliero, oggi leader dell’alleanza di sinistra e ambientalista Pacto Histórico.

«Seppur senza grosse sorprese, il panorama politico delle elezioni in Colombia mostra un paese non paragonabile a quello del passato», ha scritto Daniel Pardo, corrispondente in Colombia di BBC Mundo.

Le elezioni politiche
Nel primo voto sono stati eletti i membri del Senato e della Camera per i prossimi quattro anni, fino al 2026. Il parlamento uscente si era formato nel 2018 quando si erano svolte anche le prime elezioni legislative dalla pace raggiunta nel novembre del 2016 con le FARC, l’ex gruppo rivoluzionario di ispirazione marxista che per decenni aveva combattuto le istituzioni statali.

Nel 2018 aveva vinto di misura Centro Democratico, il partito conservatore e nazionalista dell’attuale presidente Iván Duque. Centro Democratico era stato fondato dall’ex presidente Álvaro Uribe, che con Duque stesso aveva fatto campagna elettorale per il No alla pace con le FARC. Pur avendo ottenuto il maggior numero di seggi, i partiti conservatori non avevano comunque raccolto voti a sufficienza per formare una maggioranza ed erano stati costretti a costruire una coalizione di grandi dimensioni per poter governare.

I risultati delle ultime politiche hanno confermato la frammentazione del voto, che ha rovesciato però gli equilibri a favore delle forze di sinistra.

Per la prima volta in Colombia, la coalizione di sinistra si è infatti posizionata come la principale sia al Senato che alla Camera, con una rappresentanza senza precedenti nella storia recente del paese. Al Senato Pacto Histórico ha ottenuto poco più del 14 per cento dei voti, e alla Camera poco più del 15. Tra i partiti più votati ci sono poi il Partido Conservador con il 13,5 per cento circa dei voti al Senato e poco più del 12 per cento alla Camera, e il Partido Liberal con il 12,7 per cento dei voti al Senato e il 14,2 per cento dei voti alla Camera.

Il voto è stato considerato anche come una prova importante per il governo del presidente Duque e l’esito è stato piuttosto chiaro: Centro Democratico è andato male, passando dal primo al quinto posto al Senato e dal primo al quarto posto alla Camera.

Negli ultimi tre anni, la presidenza di Duque è stata segnata da malcontento e proteste. L’anno scorso, il presidente era stato contestato soprattutto per la gestione della pandemia. La Colombia aveva imposto uno dei lockdown più lunghi al mondo che aveva causato enormi problemi economici, tra cui la chiusura di oltre 500 mila attività e un aumento della parte di popolazione che vive al di sotto della soglia di povertà.

Nel il 2019 e poi di nuovo nel 2021, la proposta di legge sulla riforma fiscale voluta dal governo aveva causato grandi manifestazioni in tutto il paese: era stata ritirata, il ministro delle Finanze Alberto Carrasquilla si era dimesso, ma le proteste erano continuate, si erano estese ed erano state represse con un’enorme violenza da parte dello stato. La crescente violenza armata nelle campagne, aggravata dalla mancata attuazione dell’accordo di pace con le FARC da parte di Duque, hanno poi contribuito a diminuire la popolarità del presidente: una recente ricerca citata da Al Jazeera dice che Duque è disapprovato da circa il 75 per cento della popolazione.

Le primarie
Il 13 marzo, insieme alle elezioni legislative, i colombiani hanno votato anche per le primarie in vista delle presidenziali del prossimo maggio (la Colombia è una repubblica presidenziale) e i risultati hanno mostrato un esito molto netto e una forte polarizzazione tra sinistra e destra, a differenza di quanto emerso invece nelle elezioni legislative.

Fra le tre coalizioni politiche che si sono presentate, il candidato più votato in termini assoluti è stato Gustavo Petro, della coalizione di centrosinistra, con 4,4 milioni di preferenze (oltre l’80 per cento dei voti). Petro ha 61 anni, è stato sindaco di Bogotà, la capitale della Colombia, dal 2012 al 2015, ed è anche un ex guerrigliero del Movimento 19 aprile (M-19), un gruppo rivoluzionario di sinistra attivo negli anni Settanta e Ottanta che nel 1990 firmò un accordo di pace con il governo e si ritirò dalla lotta armata, diventando il partito Alleanza Democratica M-19.

Petro ha sempre sostenuto di non aver combattuto direttamente, ma di aver svolto soltanto incarichi amministrativi, peraltro trattando con lo Stato la pace e l’amnistia di molti suoi compagni.

Petro – che si era già candidato alla presidenza nel 2018 quando poi vinse Duque – sarà il candidato della coalizione di sinistra Pacto Histórico: «Pacto Histórico ha ottenuto i migliori risultati del progressismo nella storia della Colombia», ha detto Petro dopo i risultati. Il suo risultato personale è stato considerato storico, per un paese tradizionalmente governato dalla destra: se vincesse, Petro diventerebbe infatti il primo presidente di sinistra a guidare il paese.

Per la coalizione di centrodestra Equipo por Colombia ha vinto l’ex sindaco di Medellín, Federico Gutiérrez, che ha totalizzato il 54 per cento dei voti circa, cioè 2,1 milioni di preferenze; mentre per la coalizione di centro Centro Esperanza ha vinto Sergio Fajardo, anche lui ex sindaco di Medellín: ha ottenuto più o meno il 33 per cento delle preferenze, ossia circa 722 mila di voti. Commentando i risultati, Gutiérrez, uno dei più accaniti oppositori di Petro, ha chiesto «la protezione della nostra democrazia e delle nostre libertà» contro il «populismo», mentre Fajardo ha ripreso lo slogan portato avanti da quasi tutti i candidati della lotta contro la corruzione.

Petro, Gutiérrez e Fajardo si affronteranno alle elezioni del 29 maggio insieme a qualche altro candidato che non ha però partecipato alle primarie: tra loro c’è anche Ingrid Betancourt, la politica centrista colombiana che nel 2002 fu rapita dalle FARC e che rimase in ostaggio per sei anni. Se alle presidenziali nessun candidato o nessuna candidata otterrà più del 50 per cento dei voti, i due più votati andranno al ballottaggio che si terrà a giugno.

Commentando i risultati delle primarie, diversi giornali locali e non solo hanno parlato molto di Francia Márquez, che si era candidata per Pacto Histórico e che, con 800 mila voti, è arrivata al secondo posto dopo Petro all’interno della sua coalizione e al terzo posto assoluto. Che una figura con il suo profilo abbia ottenuto un simile risultato è stato considerato come un grande cambiamento, per il paese.

Francia Márquez, Bogotà, Colombia, 25 gennaio 2022 (AP Photo/Ivan Valencia)

Márquez ha 39 anni, è nata a Suárez, in una regione del sud-ovest particolarmente colpita dal traffico di droga e dal conflitto armato, ed è stata lei stessa l’obiettivo di diversi attentati per la sua attività di ambientalista. È un’avvocata ed è femminista. Se Petro diventasse presidente, è possibile che Márquez possa diventare la sua vice o comunque una delle politiche più importanti del potenziale futuro governo. Ma non solo, anche della politica colombiana dei prossimi anni.

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