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  • Giovedì 10 marzo 2022

Putin può essere processato per crimini di guerra?

È molto difficile, per diverse ragioni, anche se ci sono pochi dubbi che la Russia stia violando il diritto internazionale in Ucraina

(AP Photo/Thanassis Stavrakis)
(AP Photo/Thanassis Stavrakis)

Mercoledì l’esercito russo ha bombardato un ospedale a Mariupol, distruggendo i reparti di pediatria e maternità e uccidendo almeno tre persone (compreso un bambino) e ferendone 17, secondo le autorità dell’Ucraina. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha definito l’attacco un «crimine di guerra», come aveva fatto nei giorni precedenti per altri bombardamenti russi contro ospedali ed edifici civili, e delle presunte violazioni del diritto internazionale ha già cominciato a occuparsi anche la Corte penale internazionale, il principale tribunale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità.

Più proseguono e si intensificano i bombardamenti russi sui civili ucraini – sia nelle città assediate o semi-assediate, sia nei “corridoi umanitari” in violazione dei cessate il fuoco – più crescono le certezze che la Russia stia effettivamente compiendo gravi crimini in Ucraina: la Russia non è accusata solo per il bombardamento a Mariupol, ma anche per esempio per gli attacchi con bombe a grappolo nella zone di Kharkiv e contro un asilo a Okhtyrka, nell’est dell’Ucraina, e per l’uso di bombe termobariche – particolarmente potenti e con effetti più devastanti di quelle ordinarie – in aree densamente popolate dai civili.

Per il diritto internazionale, attacchi deliberati e sistematici da parte di un esercito verso obiettivi civili sono un crimine di guerra, così come l’uso di armi particolari; ma come accaduto in passato con molti conflitti è raro che i responsabili ricevano sanzioni e condanne per le loro azioni.

Anche nel caso della guerra in Ucraina, provare le eventuali responsabilità per questi crimini sarà un processo lungo e complicato, che potrebbe non portare nemmeno a incriminazioni formali e processi, né di leader militari né di esponenti del governo russo, tra cui il presidente russo Vladimir Putin. È comunque importante che indagini simili vengano avviate, perché aiuteranno a chiarire alcuni degli eventi più gravi della guerra, che sono difficilmente ricostruibili a causa della difficoltà per la stampa di raggiungere e coprire tutte le zone del conflitto.

– Leggi anche: Cosa si sa della “cerchia ristretta” di Putin

Cosa sono i crimini di guerra 
Anzitutto, nel diritto internazionale i crimini di guerra sono definiti da diversi documenti, tra cui trattati e statuti di tribunali (che in generale vincolano solo i paesi che hanno deciso di firmarli e ratificarli). La guerra di per sé non è vietata del tutto: è prevista, e quindi “legale”, ma solo se vengono rispettate determinate regole, che vietano per esempio l’uso di certe armi e i bombardamenti deliberati sui civili.

I primi trattati internazionali a regolare la guerra furono le due Convenzioni di Ginevra del 1864 e 1906 e le Convenzioni dell’Aia di inizio Novecento, che furono il risultato di due conferenze di pace che si tennero nella città olandese e che si occuparono per esempio delle armi consentite e di quelle vietate. Alla fine della Seconda guerra mondiale furono negoziate altre Convenzioni di Ginevra, quattro accordi relativi per lo più ai diritti dei prigionieri di guerra, dei malati, dei feriti e dei civili durante un conflitto; nei decenni successivi furono adottati dei protocolli addizionali.

I crimini di guerra sono poi definiti da alcuni trattati specifici. Uno di questi è la Convenzione ONU sulle bombe a grappolo, che proibisce l’uso di questo tipo di armi il cui effetto è la dispersione di bomblets, submunizioni, che aggravano notevolmente le conseguenze di un’esplosione. È un trattato che fu firmato nel 2008 da 100 paesi, tra cui non ci sono però Russia, Ucraina e Stati Uniti.

La Corte penale internazionale ha giurisdizione in Ucraina?
Uno dei testi che oggi definiscono meglio nello specifico i crimini di guerra è l’articolo 8 dello Statuto di Roma, il trattato che istituì la Corte penale internazionale.

Il tribunale fu creato nel 2002 con l’obiettivo di perseguire i crimini di guerra, i crimini contro l’umanità, i genocidi e il crimine di aggressione, nelle situazioni in cui i tribunali nazionali non siano in grado di farlo. La giurisdizione della Corte vale però solo per i paesi che hanno deciso di accettarla: l’Ucraina non ha mai firmato lo statuto, la Russia non l’ha mai ratificato, ma ci sono delle cose da dire al riguardo.

Nel 2015 l’Ucraina accettò la giurisdizione della Corte per un periodo, nonostante non fosse un paese firmatario. L’allora governo ucraino prese questa decisione per permettere al tribunale di indagare sui presunti crimini commessi dalla Russia durante e dopo l’invasione della Crimea, che iniziò nel febbraio 2014. Nel 2018 il team che seguiva l’indagine disse di credere con ragionevole sicurezza che fossero stati compiuti crimini di guerra nelle regioni orientali dell’Ucraina, dove i separatisti filo-russi nel frattempo avevano iniziato una guerra contro il governo centrale ucraino (prendendo il controllo delle regioni di Donetsk e Luhansk); l’indagine fu poi sospesa a causa della pandemia.

L’aver accettato la giurisdizione della Corte fa sì che oggi l’Ucraina non possa rivolgersi direttamente al tribunale per chiedere l’avvio di un’indagine per crimini internazionali, ma permette allo stesso tempo alla Corte di avviare un’indagine di sua iniziativa, se ritiene che ci siano i presupposti per farlo: cosa che è successa nel caso dell’invasione russa in Ucraina. Le permette inoltre, almeno in via teorica, di incriminare sia Vladimir Putin che altri leader russi, pur non potendoli processare in absentia: quindi per processarli bisogna prima arrestarli, e la Corte non ha una propria “polizia”, deve affidarsi a quelle dei singoli stati.

Il fatto che la Russia non abbia ratificato lo statuto e non abbia mai accettato la giurisdizione della Corte complica ulteriormente le cose: la Russia non ha infatti l’obbligo legale di cooperare con la Corte o consegnarle gli indagati per sottoporli a un eventuale processo per crimini di guerra.

Ci sarebbe la possibilità che la Corte penale perseguisse il leader politico di un paese per il reato di «condurre una guerra d’aggressione», che si verifica in sostanza quando uno stato ne attacca un altro non per autodifesa e senza l’autorizzazione dell’ONU, tramite per esempio invasione, bombardamento o annessione (circostanze molto evidenti nel caso dell’invasione russa in Ucraina).

Secondo Philippe Sands QC, esperto di diritto internazionale all’University College London, la Corte non potrebbe però perseguire i leader russi perché la Russia non ha ratificato lo statuto. In teoria l’avvio dell’indagine potrebbe essere chiesta dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, dove però il governo russo ha il potere di veto, e quindi può bloccarne qualsiasi decisione. La Russia aveva già usato il suo potere di veto per bloccare l’avvio di un’indagine della Corte: nel 2014 Russia e Cina misero un veto a una risoluzione che avrebbe dovuto affidare alla Corte il potere di indagare sui gravi crimini internazionali commessi durante la guerra in Siria dalle parti coinvolte, anche dallo schieramento fedele al regime siriano di Bashar al Assad, insieme al quale combattevano i russi.

Le difficoltà e le altre opzioni, tutte complicate
Alle difficoltà particolari di questo caso, ci sono da aggiungere quelle che deve affrontare praticamente sempre la Corte quando avvia indagini sui crimini di guerra, che sono molto difficili da dimostrare, specialmente quando riguardano militari di alto rango, e ancora di più quando riguardano importanti leader politici, come Putin.

Ben Saul, docente di diritto internazionale all’Università di Sydney, ha detto ad ABC: «Si deve dimostrare che [i comandanti o i leader politici] fossero a conoscenza di quello che le loro truppe stavano facendo sul campo di battaglia, che avevano la capacità di imporsi e che però non hanno fatto niente per fermare i loro soldati»: sono accuse molto difficili da dimostrare soprattutto senza la collaborazione del paese coinvolto.

Come ha scritto il Wall Street Journal, la dinamica potrebbe cambiare in futuro solamente se a un certo punto Putin perdesse il potere e la nuova leadership russa decidesse di consegnarlo alla Corte penale o di istituire un tribunale ad hoc che giudichi sui crimini internazionali (come successe per esempio in Iraq con l’istituzione di un tribunale speciale che si occupasse dei crimini compiuti dal regime di Saddam Hussein, deposto poco prima, nel 2003). In caso di sconfitta e cambio di regime in Russia si potrebbe anche stabilire un tribunale internazionale ad hoc, come quello di Norimberga alla fine della Seconda guerra mondiale incaricato di processare i capi nazisti.

Ci sarebbe anche un’altra possibilità, anche se forse ancora più improbabile: cioè che Putin venga processato da un tribunale nazionale non russo e per crimini non compiuti contro cittadini russi.

Si potrebbe fare sulla base della cosiddetta “giurisdizione universale”, cioè quel principio che si basa sull’idea che alcune norme internazionali siano talmente rilevanti da valere per tutti gli stati del mondo, e che tutti gli stati del mondo si debbano impegnare a farle rispettare, a prescindere da dove siano avvenute. Uno dei paesi che sta facendo più ricorso alla giurisdizione universale è la Germania, che a gennaio aveva già condannato un ex funzionario dell’intelligence siriana per crimini contro l’umanità compiuti durante la guerra in Siria. Il procuratore federale tedesco ha annunciato di avere aperto un’indagine sui crimini compiuti dalle truppe russe in Ucraina sulla base proprio della giurisdizione universale.

Anche in questo caso, comunque, il problema maggiore per poter avere un processo sarebbe arrestare Putin o altri importanti funzionari russi eventualmente indagati.