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  • Lunedì 7 marzo 2022

I rischi della guerra in un paese con le centrali nucleari

In Ucraina ci sono quattro impianti attivi che potrebbero essere danneggiati dai combattimenti, ma i timori per ora sono limitati

Il direttore generale dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica Rafael Mariano Grossi durante una conferenza stampa sulla situazione alla centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia a Vienna, in Austria, il 4 marzo 2022 (AP Photo/Lisa Leutner, La Presse)
Il direttore generale dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica Rafael Mariano Grossi durante una conferenza stampa sulla situazione alla centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia a Vienna, in Austria, il 4 marzo 2022 (AP Photo/Lisa Leutner, La Presse)

Prima dell’attacco russo alla centrale di Zaporizhzhia della scorsa settimana non era mai successo che un impianto nucleare attivo fosse bombardato, e in generale la guerra in Ucraina è il primo caso di conflitto armato in un territorio dove sono presenti grandi strutture di produzione di energia nucleare. Per questo tra le tante notizie sui combattimenti degli ultimi giorni quelle su Zaporizhzhia hanno causato particolari preoccupazioni, per la paura che provocassero una diffusione di radiazioni: nonostante l’attacco di venerdì non abbia minimamente compromesso la sicurezza dell’impianto, che ora è sotto il controllo delle forze militari russe, dei rischi ci sono.

A grandi linee un’azione bellica potrebbe causare un grosso incidente in una centrale nucleare in tre modi: colpendo i reattori, le strutture in cui avvengono le reazioni di fissione e in cui è prodotta l’energia; danneggiando le vasche d’acqua fredda in cui sono stoccate le barre di combustibile esausto e che permettono di contenerne la radioattività; o interrompendo il funzionamento dei sistemi che raffreddano l’acqua delle vasche e che permettono di controllare la temperatura dei reattori.

Anche quando le reazioni di fissione sono sospese o terminate, il combustibile nucleare di un impianto deve essere continuamente raffreddato per evitare che arrivi alla fusione, col rischio che diffonda materiale radioattivo fuori dal reattore. Succederebbe insomma qualcosa di simile al disastro della centrale giapponese di Fukushima Daiichi, nel 2011, quando uno tsunami causato da un terremoto bloccò il funzionamento dei sistemi di raffreddamento della centrale. Se per qualche ragione una centrale sotto attacco dovesse rimanere priva di elettricità, i sistemi di raffreddamento potrebbero smettere di funzionare causando un grosso incidente.

In una centrale come quella di Zaporizhzhia il rischio di un incidente causato da un colpo diretto ai reattori era in realtà abbastanza contenuto, secondo gli esperti. Costruiti tra il 1984 e il 1995, sono contenuti in un recipiente di acciaio a sua volta all’interno di una struttura di calcestruzzo armato. Durante gli scontri tra le forze militari russe e quelle ucraine avvenuti tra giovedì e venerdì, un colpo di artiglieria russo ha centrato l’edificio di uno dei sei reattori della centrale, il numero 1, ma i suoi solidi muri hanno resistito senza che la sicurezza fosse compromessa.

Intervistato da Nature Michael Bluck, direttore del Centro per l’ingegneria nucleare dell’Imperial College di Londra, ha detto che sarebbe gravissimo se le forze russe cercassero deliberatamente di danneggiare un edificio contenente un reattore, ma anche che difficilmente un colpo accidentale farebbe grandi danni: «Se un singolo missile ne colpisse uno accidentalmente mi preoccuperei poco. Sono strutture molto robuste». Anche Koji Okamoto, ricercatore sulla sicurezza nucleare dell’Università di Tokyo, si è detto d’accordo: «Le strutture di contenimento dovrebbero essere resistenti alle armi utilizzate normalmente».

Tra i criteri standard di progettazione delle centrali nucleari c’è la possibilità che un aereo si schianti accidentalmente contro un reattore: è un’ipotesi che non ha a che fare con la guerra, ma con un disastro certamente raro non impossibile. Petro Kotin, presidente ad interim di Energoatom, la società statale ucraina che gestisce le centrali nucleari del paese, ha confermato che i reattori di Zaporizhzhia potrebbero resistere all’impatto di un aereo.

A Zaporizhzhia durante l’attacco c’è stato un incendio, che però si è sviluppato in una zona della centrale in cui si trovano degli uffici ed è stato spento senza che nessuno fosse ferito e senza diffusione di radiazioni. Il reattore 1 non era in attività al momento dell’attacco perché è in manutenzione programmata fino a metà anno; tra gli altri ora sono attivi solo il 2 e il 4, mentre il 3 e il 6 sono nel cosiddetto stato di cold shutdown, cioè sostanzialmente spenti, e il 5 è in fase di raffreddamento: la produzione di energia è stata ridotta per ridurre i rischi. Nell’attacco nemmeno le vasche di raffreddamento sono state danneggiate.

Le parti delle centrali nucleari eventualmente più vulnerabili e che, se danneggiate, causerebbero più problemi, sono i sistemi di raffreddamento e le strutture che li riforniscono di energia, compresi i generatori elettrici di emergenza a gasolio: si trovano al di fuori dei solidi edifici dei reattori. «Un qualsiasi reattore subirebbe danni in caso di rottura del sistema di raffreddamento», ha spiegato Okamoto, ricordando però che le centrali ucraine – come è normale – hanno diversi sistemi di raffreddamento alternativi, che dovrebbero ridurre i rischi. L’importante sarebbe garantirne il funzionamento a lungo, dato che il combustibile nucleare ha bisogno di giorni per raffreddarsi.

Se qualcosa andasse storto, intorno alle centrali potrebbe essere diffuso del materiale radioattivo, con conseguenti rischi per la salute per la popolazione, non solo dell’Ucraina ma anche dei paesi confinanti, Russia compresa: gli esperti di energia nucleare intervistati negli ultimi giorni sembrano escludere che la Russia voglia qualcosa del genere e sono piuttosto allineati nel ritenere che difficilmente dei danni accidentali potrebbero avere conseguenze paragonabili a quelle dell’incidente a Chernobyl (la centrale ucraina danneggiata nell’incidente catastrofico del 1986) o Fukushima.

La centrale di Zaporizhzhia è la più grande d’Europa e quindi anche dell’Ucraina (può erogare una potenza totale di 5.700 megawatt), ma non è l’unica attiva nel paese. Ce ne sono altre tre, per un totale di 15 reattori in attività: oltre ai sei di Zaporizhzhia, ci sono i tre della centrale di Kostyantynivka, nel sud del paese, i due della centrale di Khmelnitsky, a est di Kiev, e i quattro della centrale di Rivne, vicina al confine con la Polonia e la Bielorussia. Attualmente sia la centrale di Zaporizhzhia che quella dismessa di Chernobyl sono sotto il controllo dell’esercito russo, che si sta avvicinando anche alla centrale di Kostyantynivka.

Secondo Claire Corkhill, esperta di energia nucleare della Sheffield University intervistata da BBC, l’obiettivo della Russia potrebbe essere ridurre l’approvvigionamento energetico dell’Ucraina: «Se vuoi colpire le fonti di energia, attacchi un edificio vicino alla centrale e costringi gli operatori a interrompere la produzione».

Domenica il direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) Rafael Grossi ha detto di essere stato informato dalle autorità ucraine che il personale ucraino di Zaporizhzhia è tuttora al lavoro nella centrale, ma che per ogni operazione, comprese quelle più tecniche di manutenzione, deve chiedere approvazione all’ufficiale russo che comanda i militari che hanno preso il controllo dell’impianto. Questa situazione è preoccupante per l’AIEA perché va contro uno dei sette pilastri della sicurezza nucleare, cioè che il personale che fa funzionare una centrale sia nelle condizioni di svolgere il proprio lavoro e di prendere decisioni libero da pressioni ingiustificate.

Energoatom ha detto all’AIEA di avere difficoltà a comunicare con i lavoratori di Zaporizhzhia perché i russi hanno bloccato internet e parte della rete mobile. Questa situazione viola un altro dei pilastri dell’AIEA, secondo cui il personale di una centrale dovrebbe sempre essere in contatto stabile con le autorità regolatrici dell’energia nucleare e non solo. Anche le comunicazioni con i lavoratori di Chernobyl sono ridotte: Energoatom riesce a contattarli solo via email. Si sono invece del tutto interrotti i contatti con le aziende e le istituzioni di Mariupol, occupata dall’esercito russo, in cui si usano materiali radioattivi.

Riguardo a Chernobyl la preoccupazione maggiore di Energoatom è che i russi non stiano permettendo al personale tecnico e di sicurezza che si occupa della manutenzione del sito di lavorare a turni come di consueto: la stanchezza potrebbe compromettere la loro attenzione e quindi la sicurezza. A Zaporizhzhia invece sembra che sia stata mantenuta la turnazione in tre gruppi di lavoro, ma preoccupa la scarsità di cibo a disposizione dei lavoratori.