Per molti pendolari i soliti problemi sono sempre peggio

In diverse zone d'Italia la vita di chi prende il treno tutti i giorni è piena di imprevisti, e la pandemia ha peggiorato le cose

di Eleonora Dragotto

La stazione di Milano Cadorna. (LaPresse)
La stazione di Milano Cadorna. (LaPresse)

Studenti e lavoratori si incamminano lungo i binari per raggiungere la stazione successiva a piedi, perché il loro treno è fermo a causa di un guasto. È il 17 novembre 2021 a Terzigno, una fermata raggiunta dalla linea ferroviaria che collega Napoli e la provincia est e sud e nota come Circumvesuviana. I passeggeri però non sono particolarmente sorpresi, perché casi simili si verificano ogni anno.

I problemi strutturali di molte linee ferroviarie utilizzate quotidianamente dai pendolari italiani sono stati in molti casi aggravati dalla pandemia e dalle limitazioni messe in atto per contenerla. Le conseguenze sono state ampie, dalle corse ridotte di numero all’impossibilità di applicare il distanziamento sui vagoni su cui si sono concentrati passeggeri che prima potevano distribuirsi meglio. Più di recente, con la diffusione della variante omicron del coronavirus, macchinisti contagiati e contatti stretti di contagiati non hanno potuto andare a lavorare, aggravando la situazione.

Nel 2021 il numero di passeggeri è calato sia su alta velocità sia su Intercity e treni regionali, sui quali in certi casi si sono quasi dimezzati. A dover affrontare le maggiori difficoltà sono stati i pendolari delle linee dove il servizio offerto era già molto scarso, come la stessa Circumvesuviana, ma anche alcune tratte lombarde, la Roma-Ostia Lido e la Roma Nord-Viterbo. Pendolaria 2022, l’ultimo rapporto di Legambiente sullo stato del trasporto ferroviario, descrive una situazione non allineata con i numeri di altri paesi europei, concludendo che in Italia si continuano a preferire investimenti sulle autostrade piuttosto che su treni, tranvie e metropolitane.

Il Conto nazionale delle infrastrutture e dei trasporti (il documento realizzato dall’Ufficio di Statistica del ministero) parla di 309 chilometri di autostrade realizzati tra il 2010 e il 2019, oltre a 2.449 chilometri di strade nazionali, contro i 911 chilometri di metropolitane e i 63,4 di tranvie costruiti nello stesso periodo. Con il Covid la situazione non è migliorata e tra il 2019 e il 2020 in Italia non è stato inaugurato nemmeno un tratto di metropolitana, e solo 1,7 chilometri nel 2021. Le carenze rispetto ad altre nazioni europee sono significative: in totale le linee della metropolitana di tutta Italia si estendono per 248,9 chilometri, contro i 675,9 del Regno Unito, i 656,5 della Germania e i 613,8 della Spagna. Per quanto riguarda le ferrovie suburbane, quelle su cui quotidianamente viaggiano molti pendolari, l’Italia ha una rete totale di 740,6 chilometri contro i 2.038,2 della Germania, i 1.694,8 km del Regno Unito e 1.442,7 della Spagna.

Il rapporto sottolinea anche l’ampio divario tra diverse aree del Paese. Se complessivamente nel decennio prima della pandemia il numero dei viaggiatori sui treni era cresciuto, per un totale di 46mila in più in un giorno medio, questo incremento si è concentrato nelle aree servite dall’alta velocità (+114% in dieci anni), a fronte di una diminuzione di quelli sugli Intercity (-47%) e di un aumento esiguo sui regionali (+8%).
In generale, nelle zone dove i treni veloci non passano, soprattutto nel Sud Italia e in Sardegna, le possibilità di spostamento si sono ridotte. La pandemia ha aumentato ulteriormente le disparità e ha provocato un calo dei viaggiatori, innescando un potenziale circolo vizioso, visto che con meno passeggeri i gestori hanno meno ricavi e quindi anche meno risorse da investire nel miglioramento del servizio. Naturalmente una parte dei pendolari ha smesso di viaggiare semplicemente perché ha avuto la possibilità di lavorare in smart working; un’altra parte, però, è stata spinta a spostarsi con la propria auto per il timore di contagiarsi e a causa della riduzione delle corse e del sovraffollamento.

I disagi vissuti durante il periodo pandemico hanno portato a numerose proteste e denunce da parte dei comitati dei viaggiatori, non solo al Sud. Lo scorso gennaio, 24 comitati dei pendolari lombardi hanno firmato una lettera aperta inviata al governatore della Regione, Attilio Fontana, chiedendo le dimissioni dell’assessora ai trasporti Claudia Maria Terzi, considerata la «responsabile del disastro Trenord» e descrivendo il trasporto pubblico lombardo come in «uno dei suoi più cupi periodi», soggetto a un costante degrado «ormai non più sostenibile».

Dalla Lombardia alla Campania, i problemi lamentati dai pendolari negli ultimi due anni sono molto simili: le frequenti cancellazioni dei treni, la riduzione delle corse e la loro sostituzione con autobus su alcune tratte, la mancanza di controlli anti-coronavirus e di informazioni su ritardi e soppressioni e la difficile comunicazione con i gestori del servizio ferroviario.

Spesso le aziende di trasporti hanno replicato in maniera evidentemente piccata. Trenord, ad esempio, aveva inviato ai suoi clienti una mail in risposta alla lettera scritta dai comitati dei pendolari a Fontana. Sosteneva che «si è parlato molto e fuori luogo del numero dei lavoratori necessari per effettuare il servizio», definendo gli autori della lettera «qualche sedicente rappresentante dei viaggiatori» e accusandoli di «accanita disinformazione». Umberto de Gregorio, presidente e amministratore delegato di Eav, a cui è affidata la gestione della Circumvesuviana, ha scritto in una lettera pubblicata su Repubblica Napoli:

«Mi spiace che il (presunto) leader dei pendolari della Vesuviana Ciniglio (Enzo Ciniglio, portavoce del gruppo ‘No al taglio dei treni della Circumvesuviana’, ndr) abbia perso la speranza. (…) Caro Ciniglio, sei un ottimo pendolare, protesta pure se vuoi perché ne hai tutto il diritto, ma non parlare di cose che non conosci. Perché amministrare un’azienda come Eav – ed un po’ devo dire tutte le società partecipate che gestiscono servizi al sud – è un’impresa faticosa ed a tratti impossibile»

Una delle linee peggiorate con la pandemia è la Roma Nord-Viterbo. Nel 2020 il Comitato Pendolari Ferrovia Roma Nord ha registrato più di 5mila treni soppressi su questa tratta, con punte di 100 corse al giorno (sulle 190 totali tra urbane ed extraurbane), e anche nel 2021 le soppressioni sono continuate, con una media di 50 al giorno (e picchi di 70). «Anche durante il lockdown viaggiavamo accalcati» spiega Fabrizio Bonanni, presidente del Comitato Pendolari Ferrovia Roma Nord, che da 30 anni si sposta tra Riano e Roma dove lavora come ingegnere informatico.

Nel gennaio del 2021 i comitati dei pendolari della Roma-Ostia Lido e della Roma Nord-Viterbo hanno presentato un esposto in procura lamentando la mancanza di controlli per le norme sul coronavirus a bordo dei treni e nelle stazioni. «È capitato anche che la sera in piazzale Flaminio [capolinea della ferrovia Roma-Nord] le persone, esasperate dal sovraffollamento, chiamassero le forze dell’ordine» continua Bonanni, che utilizza la linea dai tempi dell’università.

I treni utilizzati sulla linea Roma Nord-Viterbo, vecchi e lenti, spesso sono anche soggetti a guasti. Alcuni mesi fa l’Ansfisa (Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali) ha richiesto ad Atac, che gestisce la linea, di fare il punto sullo stato della circolazione dei treni e verificare la sicurezza dei mezzi e delle stazioni. A febbraio la Regione Lazio ha annunciato l’investimento di un miliardo di euro per migliorare la mobilità. «Da anni ci vengono promessi nuovi treni e i lavori di raddoppio dei binari nella parte extraurbana» commenta Fabrizio Bonanni riferendosi a quella che raggiunge Civita Castellana, Sant’Oreste e Viterbo. «Ogni volta le scadenze vengono spostate di sei mesi. Ora sul nostro sito abbiamo messo un conto alla rovescia per inchiodare la Regione alle deadline».

Meno corse, convogli datati e degrado sono problemi che riguardano anche le linee Circumvesuviane di Napoli e dell’hinterland, gestite da Eav, dove guasti e soppressioni sono molto comuni e dove i contagi tra il personale hanno aggravato la situazione. «Sono 10 anni che lottiamo con la Roma-Ostia Lido per il primo posto di peggiori in Italia. Abbiamo anche pensato a una Champions League, in effetti però in Europa non sembra esserci qualcosa di simile» commenta sarcastico Enzo Ciniglio, portavoce del comitato No al taglio dei treni della Circumvesuviana, con 45 anni di pendolarismo alle spalle sulla linea Napoli-Baiano.

Nata alla fine dell’Ottocento, la Circumvesuviana è sotto il controllo della Regione Campania dal 2001, in seguito al decreto legge 422 del 1997 che stabiliva il graduale passaggio delle ferrovie di interesse locale alle Regioni. A dieci anni da allora, le condizioni del servizio sono progressivamente peggiorate, tra tagli alle corse, ritardi, scarsa pulizia, guasti e soppressioni. «In 10 anni abbiamo perso oltre il 40% delle corse. I pendolari sono diminuiti gradualmente e con il Covid il calo è stato ancora più netto» dice Ciniglio. «I treni passano all’incirca ogni mezz’ora-40 minuti e gli orari sono molto limitati: il servizio al capolinea di partenza di Porta Nolana termina alle 20 su quasi tutte le linee».

I pendolari di questa linea sono anche abituati al fatto che i treni si fermino all’improvviso, costringendoli a proseguire a piedi. Il 14 maggio 2021 il tetto di un vagone aveva preso fuoco in aperta campagna nella tratta Boscoreale-Pompei. Dopo essere stati fatti scendere, i viaggiatori avevano raggiunto la stazione successiva camminando lungo i binari. Il 17 novembre 2021, invece, un altro treno si era fermato per un guasto vicino alla stazione di Terzigno, che, anche questa volta, era stata raggiunta proseguendo a piedi lungo i binari.

In uno dei suoi quotidiani video alla cittadinanza, il 18 febbraio il governatore della Regione Campania Vincenzo De Luca ha annunciato un grande programma di investimenti che riguarda l’Eav e autorizzato dal Cipess (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile), che comprende tre grandi progetti per Napoli: la nuova linea della metropolitana 10, il nodo di piazza Garibaldi e il nuovo collegamento della Circumvesuviana da Afragola a Napoli. «Stiamo facendo una rivoluzione del trasporto pubblico locale» aveva detto De Luca. Per chi come Enzo Ciniglio ha una lunga esperienza sulla Circumvesuviana il sentimento predominante è però quello della disillusione: «quella di Eav è una programmazione che non risponde alle esigenze di noi pendolari, anche se vorremmo solo treni più frequenti, tempi di attesa inferiori, corse che inizino prima la mattina e finiscano più tardi la sera e vagoni più puliti».

Un’altra linea ferroviaria citata nel rapporto di Pendolaria 2022 per le sue criticità è la Roma-Ostia Lido. Nel 2021 la situazione già problematica è peggiorata perché, dopo le richieste di Ansfisa, alcuni treni ritenuti non sicuri sono stati ritirati e, di conseguenza, le corse ridotte. «Già prima della pandemia questa tratta non era in grado di assorbire la domanda di trasporto. Il sovraffollamento per noi è la regola e anche all’inizio dell’emergenza sanitaria il distanziamento non è stato affatto garantito» dice Roberto Spigai, che fa parte del direttivo del Comitato pendolari Roma-Ostia Lido e da quasi 30 anni si sposta in treno tra Ostia e la Capitale, dove lavora come dipendente pubblico.

Fino al febbraio del 2020 sulla tratta viaggiavano circa 15 treni al giorno, mentre a febbraio 2022 se ne contano appena 3. Mercoledì 23 febbraio l’assessore alla Mobilità del Comune di Roma Eugenio Patanè aveva annunciato il ritorno di tre treni MA200 sulla Roma-Lido: «Sulla tratta viaggeranno 6 treni con la conseguente stabilizzazione del servizio con corse ogni 26 minuti». Giovedì 24 febbraio, però, i viaggiatori hanno denunciato che i treni promessi non sono arrivati e la frequenza dei passaggi è rimasta quella di prima.

Anche i pendolari lombardi con la pandemia hanno vissuto numerosi disagi fra cui, durante la quarta ondata, quelli causati dal taglio di centinaia di corse per via dei numerosi contagi tra i dipendenti di Trenord. «I nostri convogli durante la pandemia non sono stati toccati ma solo perché il servizio era già molto limitato» racconta Matteo Casoni, portavoce del comitato InOrario della tratta Mantova-Cremona-Lodi-Milano, che da 30 anni fa il pendolare tra la sua città, Cremona, e il capoluogo lombardo, impiegando circa un’ora e tre quarti a tratta.

Più penalizzate, in Lombardia come nel resto d’Italia, sono state le tratte intermedie, dove spesso i treni sono stati sostituiti da autobus. «Negli ultimi sei mesi» continua Casoni, «pur avendo sulla nostra tratta i Vivalto, che sono treni nuovi, si sono verificati anche diversi problemi di manutenzione che hanno portato a ritardi e soppressioni».
Il 17 febbraio Trenord ha annunciato di aver «recuperato affidabilità e regolarità» riuscendo a effettuare, dopo la fase di emergenza sanitaria, il 106% delle corse nei giorni feriali rispetto al periodo precedente al Covid. «La pandemia», diceva un comunicato dell’azienda, «ci ha rallentato, ha ridotto drasticamente il numero dei viaggiatori, ma non ha fermato il nostro progetto di rinnovamento con interventi strutturali sulla pianificazione e sulla programmazione del servizio».

A oggi in Lombardia 283 chilometri di linee ferroviarie non sono ancora elettrificati, alcune tratte hanno un solo binario e altre sono spesso congestionate per via della presenza sia di treni merci sia di treni a lunga percorrenza. Nell’insieme, poi, risultano carenti le connessioni dirette tra le province.

Secondo Legambiente nelle città italiane, dove vive la maggior parte dei pendolari, durante la pandemia non si è investito abbastanza per realizzare percorsi ciclabili, potenziare il trasporto pubblico locale e integrarlo con la mobilità non motorizzata. Questo nonostante sempre più persone si siano dimostrate disponibili a ripensare i propri spostamenti, utilizzando biciclette, monopattini e servizi in sharing. La stessa Milano, che rappresenta un esempio positivo in Italia, ha comunque raggiunto risultati mediocri rispetto ad altre metropoli europee. Si è posizionata solo al 20° posto su 36 in una classifica pubblicata il 23 febbraio e stilata nell’ambito della CleanCities Campaign, un’associazione di ong europee che usa parametri relativi a mobilità e qualità dell’aria.

Edoardo Zanchini, vice presidente di Legambiente, spiega che «nel nostro rapporto Pendolaria 2022 raccontiamo molti casi che dimostrano come, dove i mezzi pubblici funzionano, le persone sono disponibili a lasciare l’auto a casa. Se poi il trasporto pubblico vedesse anche una regia attenta e un’integrazione tra treni, mezzi di superficie e shared mobility, si riuscirebbero a raggiungere i livelli di mobilità sostenibile di altre grandi città europee, con vantaggi per i pendolari, ma anche per l’ambiente, la qualità di vita dei cittadini, l’economia e il turismo».

I fondi messi a disposizione dal Pnrr (il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) sono considerati un’occasione per migliorare il trasporto ferroviario e quindi la vita di chi lo utilizza ogni giorno per raggiungere il luogo di studio o lavoro. 26 miliardi di euro verranno utilizzati per nuovi collegamenti ad alta velocità, ma anche per potenziare alcune linee regionali ed elettrificarle, installare sistemi di controllo della sicurezza e rendere più efficienti i nodi ferroviari metropolitani.