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  • Lunedì 28 febbraio 2022

“Kiev” o “Kyiv”?

Per decenni il mondo ha chiamato la capitale ucraina nel primo modo, ma si stanno affermando ragioni e argomentazioni per preferire il secondo

Via Khreshchatyk, nel centro di Kiev, 27 febbraio 2022 (AP Photo/Efrem Lukatsky)
Via Khreshchatyk, nel centro di Kiev, 27 febbraio 2022 (AP Photo/Efrem Lukatsky)

Buona parte dell’attenzione intorno all’invasione russa in Ucraina si sta concentrando sui combattimenti nella zona di Kiev, la capitale e maggiore città ucraina, dalla quale il presidente Volodymyr Zelensky sta intrattenendo i rapporti diplomatici con gli alleati e mandando messaggi alla popolazione. A margine delle discussioni e delle analisi sulla guerra in corso, si è riaccesa una questione di formalità linguistica che riguarda il nome di Kiev, e che ha elementi sostanziali legati ai conflitti russo-ucraini alla base dell’invasione.

In breve, il nome con cui è nota la città in Italia e nel resto del mondo – Kiev – è la traslitterazione dal cirillico Киев, ossia il nome russo della città: così è sempre stata conosciuta la città nei decenni passati nel nostro paese, per esempio. In anni recenti, proprio per l’origine russa di questa versione – identificata con la “russificazione” forzata dell’Ucraina – si è diffusa anche la traslitterazione del nome ucraino, Kyiv (Київ), e la sua pronuncia occidentalizzata e semplificata kiiv.

Kiev fu fondata intorno al VI secolo d.C., ma sulle modalità di fondazione ci sono informazioni scarse. Secondo le cronache scritte secoli dopo, basate probabilmente su una leggenda, la città prende il nome da Kyi, membro di una tribù slava. Kyi avrebbe fondato la città insieme ai fratelli Shchek e Khoryv e alla sorella Lybid, da cui prese il nome un piccolo fiume che scorre attraverso Kiev e va a confluire nel Dnepr.

Kiev, come la nazione a cui appartiene, ha avuto una storia di dominazioni straniere e ha ospitato varie popolazioni. L’identità ucraina cominciò a formarsi in periodo medievale con la Rus’ di Kiev, stato composto da vari principati attorno a Kiev e che si estendeva dal mar Nero al Baltico. Nei secoli successivi la Rus’ si disgregò e Kiev passò sotto il dominio di varie popolazioni: prima i mongoli, poi i polacchi e infine i russi, i quali – salvo un breve periodo di transizione tra il regime zarista e quello sovietico – mantennero il controllo su Kiev e su ampie parti dell’Ucraina pressoché ininterrottamente dal Seicento fino al 1991.
In questo lungo periodo ci furono lunghe fasi di repressione della cultura e della lingua ucraine, motivo per cui la versione russa del nome della città è così diffusa e nota.

Sia il russo che l’ucraino appartengono al ceppo delle lingue slave, da cui discendono anche il polacco, il bulgaro e gran parte delle lingue parlate nei Balcani. Le lingue slave vengono divise in tre gruppi principali, quelle orientali (comprendenti il russo e l’ucraino), quelle occidentali e quelle meridionali. Facendo parte dello stesso gruppo, il russo e l’ucraino hanno diversi elementi comuni, ma anche differenze sostanziali, per via dell’influenza delle lingue slave occidentali. Molti suoni caratteristici dell’ucraino sono completamente assenti nel russo, e le numerose differenze lessicali impediscono in molti casi a una persona russofona di capire cosa dica chi parla ucraino.

Il nome “Kiev” si è affermato fuori dal mondo slavo soprattutto a partire dal periodo sovietico, e in special modo negli anni Sessanta e Settanta anche per via di elementi culturali popolari, come la squadra di calcio della Dinamo Kiev (che vinse due Coppe delle Coppe e una Supercoppa europea) o come una ricetta nota in Occidente, il pollo alla Kiev: un petto di pollo aperto, ripieno di burro aromatizzato, impanato e fritto. Tuttavia in anni recenti, dopo l’annessione della Crimea da parte della Russia nel 2014 e le crescenti tensioni al confine russo-ucraino, riferirsi alla capitale ucraina con il nome “Kiev” è stato messo in discussione e associato alla russificazione dell’Ucraina.

Un video della studiosa Nina Jankowicz che spiega come si pronuncia correttamente Kyiv in ucraino

Molti governi, mezzi di informazione e dizionari geografici hanno cominciato ad adottare la versione ucraina del nome, Kyiv. «Quando incontro qualcuno che non conosco, preferisco pronunciare il suo nome nel modo in cui viene pronunciato nella sua lingua» ha detto al Guardian Andrii Smytsniuk, insegnante di ucraino all’Università di Cambridge. «Per questo penso che sia più giusto pronunciare “Kyiv” nel modo più fedele possibile all’ucraino». È contemporaneamente vero che in molte lingue le città straniere hanno nomi diversi da quelli usati nelle città stesse: gli inglesi chiamano Firenze “Florence” e i tedeschi chiamano Venezia “Venedig”, per esempio.

A differenza di questi esempi, però, l’utilizzo di Kyiv è diventato anche un modo per manifestare una rivendicazione politica ed esprimere vicinanza alla causa di autodeterminazione ucraina. Nel 2018 il governo ucraino avviò una campagna di sensibilizzazione per spingere il resto del mondo a usare Kyiv, sostenuta con l’hashtag #KyivNotKiev, tornato assai popolare anche durante gli eventi di questi giorni.

Da allora molti giornali soprattutto di lingua inglese, tra cui il Washington Post e il New York Times, hanno adottato la trascrizione ucraina per riferirsi alla città (sforzandosi quindi anche di farla pronunciare diversamente, senza la e). Su altri – come Le Monde o El Pais –  e su diversi italiani invece prevale ancora la formula tradizionale, Kiev.

(Il Post ha scelto finora di applicare i criteri che gli sono consueti, che sono quelli di comunicare con maggiore efficacia possibile e usare linguaggi familiari a più persone possibili: il nome della città nell’uso e nella consuetudine italiana è sempre stato Kiev – per i motivi storici spiegati qui – ed è il nome con cui la città è conosciuta in Italia e con cui è stata indicata nei passati decenni, come Parigi per quella che i francesi chiamano “Paris”, e Londra per quella che gli inglesi chiamano “London”. Ma senza che anche questa debba diventare una questione di divisione e di alternative binarie: scelte diverse, orientate da benintenzionati approcci “attivisti” all’uso della lingua piuttosto che informativi o divulgativi, e volti a trasformarla per buone ragioni, sono altrettanto rispettabili e possono portare a cambiamenti di cui prendere atto anche per chi ha priorità di divulgazione e chiarezza).