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  • Mercoledì 16 febbraio 2022

E la proposta di legge sul suicidio assistito?

I voti sugli emendamenti cominciano domani, ma la bocciatura del referendum sull'eutanasia potrebbe avere diverse conseguenze

L'aula della Camera dei deputati, Roma 28 dicembre 2021 (ANSA/FABIO FRUSTACI)
L'aula della Camera dei deputati, Roma 28 dicembre 2021 (ANSA/FABIO FRUSTACI)

Giovedì 17 febbraio alla Camera dei deputati si cominceranno a votare gli emendamenti sul testo della legge che vorrebbe introdurre in Italia il suicidio assistito, quando cioè il farmaco necessario a uccidersi viene assunto in modo autonomo dalla persona malata. Il voto inizierà a due giorni dalla sentenza di inammissibilità della Corte Costituzionale del referendum sull’eutanasia attiva, che avviene quando il medico somministra il farmaco necessario a morire, chiesto nei mesi scorsi con una raccolta di 1,2 milioni di firme dall’Associazione Luca Coscioni.

Secondo alcuni sostenitori della legge, data la vicinanza tra i due eventi c’è il rischio che, pur non essendo il suicidio assistito e l’eutanasia attiva la stessa cosa, la decisione della Corte possa comunque essere usata come scusa in aula e fuori dall’aula per non approvare il testo in discussione.

L’attuale proposta sul suicidio assistito in discussione alla Camera si chiama “Disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita” e regolamenterebbe quanto previsto dalla Corte Costituzionale con la sentenza del 2019 sulla morte di Fabiano Antoniani, noto anche come “DJ Fabo”. Quella sentenza stabiliva che, a determinate condizioni, non fosse punibile una forma di eutanasia definita assistenza al suicidio, cioè quando una persona di fatto permette a un’altra di morire. Concretamente, la sentenza aveva stabilito che in Italia si può aiutare una persona a morire senza rischiare di finire in carcere se quella persona ha una patologia irreversibile, se la patologia irreversibile le provoca sofferenze fisiche o anche solamente psicologiche per lei intollerabili, se la persona è pienamente capace di decidere liberamente e consapevolmente, e se è tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale.

Il testo base attualmente in discussione prevede la possibilità per la persona malata di autosomministrarsi la sostanza letale fornita da un medico che non è punibile, e ricalca in gran parte la sentenza della Corte Costituzionale, dato che prevede gli stessi parametri per richiedere il suicidio assistito aggiungendo soltanto quello della “prognosi infausta”, cioè di una diagnosi di malattia terminale. Inoltre regola la pratica per richiedere il suicidio assistito, introducendo la formazione di una commissione per esaminare ciascuna richiesta. E include l’obiezione di coscienza dei medici.

La bozza originaria del testo è nata dall’accorpamento di varie proposte presentate negli anni da diversi partiti politici. Lo scorso luglio era stata approvata dalle commissioni congiunte Giustizia e Affari sociali della Camera con i voti a favore di PD, M5S, LeU, Italia Viva, Azione e +Europa, e quelli contrari di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia, nonostante proprio su proposta della destra e del centrodestra fossero state accolte alcune modifiche. Il punto su cui non c’è accordo sono le condizioni di accesso al suicidio assistito, che alcuni vorrebbero più permissive, altri più rigide.

La discussione alla Camera era iniziata lo scorso dicembre, e poi era stata sospesa in vista dell’elezione del presidente della Repubblica. Domani riprenderà con il voto sugli emendamenti: ne sono stati presentati circa 200 e il primo può già rappresentare un rischio perché è un emendamento soppressivo dell’articolo 1 della proposta di legge.

Antonio Bazoli, relatore del provvedimento in commissione Giustizia, ha spiegato a La Stampa che il timore è che «senza la pistola alla tempia del referendum tutti a destra si sentano liberi di mettersi di traverso alla legge». La CEI, i movimenti cattolici cosiddetti “pro-vita”, così come Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia e altri esponenti politici cattolici hanno commentato con grande enfasi la bocciatura del referendum, legandola alla legge sul suicidio assistito attualmente in discussione alla Camera.

Paola Binetti, senatrice dell’UDC, ha ad esempio espresso «estrema soddisfazione. È passata la nostra linea: sulla vita non si vota», ha detto. «Mi auguro adesso che la Camera agisca coerentemente con le decisioni prese dalla Corte». Jacopo Coghe, presidente del Comitato “No all’Eutanasia Legale”, in una nota ha fatto sapere che «è stata sventata una deriva mortifera», ma che «incombono ancora spinte eutanasiche che ora il Parlamento è chiamato a scongiurare. La Corte ha indicato un livello minimo di tutela della vita umana fragile inviolabile e noi riteniamo che il progetto sul suicidio assistito violi quel livello minimo. Dalla Camera ci aspettiamo una risposta importante che investa sulle cure palliative e aiuti i sofferenti a vivere con dignità, e non a farsi ammazzare».

Enrico Letta, segretario del PD, ha invece dichiarato che la bocciatura del referendum «deve ora spingere il Parlamento ad approvare la legge sul suicidio assistito, secondo le indicazioni della Corte stessa». E Giuseppe Conte, in assemblea congiunta di deputati e senatori del Movimento 5 Stelle, ha detto che ora bisogna «correre sulla legge».

Secondo un calcolo fatto da Repubblica lo scorso dicembre «i numeri per il centrosinistra alla Camera ci sono, con uno scarto di circa 25 voti favorevoli rispetto ai contrari». Ma saranno previsti molti voti segreti: le destre hanno già detto che non voteranno il testo e altri partiti che lasceranno libertà di coscienza. L’esito finale potrebbe dunque dipendere dai cosiddetti “franchi tiratori”, così come accaduto per il ddl Zan. Va infine considerato che se il testo dovesse arrivare al Senato i numeri del centrosinistra sono risicati.