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  • Martedì 8 febbraio 2022

Perché la Germania è così prudente nella crisi ucraina

Il governo tedesco non vuole farsi nemica la Russia, per motivi che non riguardano solo le forniture di gas naturale

di Viola Stefanello

Il cancelliere tedesco Olaf Scholz (Kay Nietfeld/DPA via AP, Pool)
Il cancelliere tedesco Olaf Scholz (Kay Nietfeld/DPA via AP, Pool)

Nell’eventualità di un’invasione russa dell’Ucraina, che secondo gli Stati Uniti sarebbe imminente, diversi Stati membri della NATO hanno deciso di fornire assistenza militare all’Ucraina tra armi, droni e invio di soldati nei paesi dell’Europa orientale, quelli che temono di più un’azione aggressiva della Russia. La Germania, che mantiene un ruolo di leadership in Europa ed è un membro importante della NATO, si sta muovendo invece in modo diverso, molto più cauto, che sta provocando un bel po’ di agitazione tra gli alleati. I motivi di questa grande prudenza sono storici, politici ed economici.

Finora la Germania si è rifiutata di vendere armi letali all’Ucraina, seppur non l’abbia escluso completamente per il futuro: non ha autorizzato per esempio una spedizione di nove obici (pezzi di artiglieria) dall’Estonia all’Ucraina con il pretesto che fossero di origine tedesca. Altri paesi della NATO si sono comportati diversamente. Il dipartimento di Stato americano ha dato il permesso a Lituania, Lettonia ed Estonia di inviare missili e altre armi di fabbricazione statunitense in Ucraina. Gli Stati Uniti hanno spedito 200 milioni di dollari di armi e munizioni soltanto tra dicembre e gennaio, mentre il Regno Unito ha fornito 2mila lanciamissili anticarro e sta aiutando con l’addestramento delle forze armate ucraine, come stanno facendo anche Danimarca e Canada.

Il 27 gennaio la Germania si era offerta di inviare 5mila elmetti militari all’Ucraina per aiutarla a difendersi da un’eventuale invasione russa. Il sindaco di Kiev, Vitali Klitschko, si era domandato apertamente se la proposta fosse uno scherzo: «Qual è il prossimo aiuto che ci invierà la Germania? Cuscini?» aveva chiesto in modo retorico in un’intervista al giornale tedesco Bild.

Anche l’Ucraina sembra preoccupata dal tentennamento della Germania. Il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, l’ha accusata di star «minando l’unità» del blocco anti-russo e di star incoraggiando un attacco russo. Kuleba non è il solo ad aver espresso perplessità sull’atteggiamento così prudente da parte del governo tedesco. Laurynas Kasčiūnas, presidente del comitato per la sicurezza nazionale del parlamento lituano, ha detto che «Berlino sta commettendo un grosso errore strategico e mettendo a rischio la sua reputazione», mentre per il ministro della Difesa lettone Artis Pabriks si tratta di un comportamento «assurdo dati i tempi che corrono».

L’apparente immobilismo tedesco è motivato da una complessa serie di ragioni storiche, politiche ed economiche.

Sia la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock che il cancelliere Olaf Scholz hanno giustificato il rifiuto di fornire armamenti all’Ucraina ricordando che fin dal 1971 la Germania è contraria all’invio di armi in zone che sono coinvolte in un conflitto o che rischiano di entrarci: è una politica che molti analisti legano ai traumi della Seconda guerra mondiale e alla successiva necessità della Germania di non alimentare antichi timori e sospetti tra gli alleati. All’interno della politica estera di altri paesi la fornitura di armi a uno stato che rischia di essere attaccato è vista come una misura di deterrenza, che distoglie cioè il potenziale aggressore da un attacco per paura di rappresaglie. Dal punto di vista tedesco, invece, questa misura non farebbe che peggiorare la situazione.

In un’intervista ad Al Jazeera, però, Stefan Scheller, ricercatore del German Council on Foreign Relations, ha fatto notare che «sebbene l’esportazione di armi nelle zone di conflitto non faccia parte della tradizione di politica estera tedesca, la Germania a volte – e per buone ragioni – è stata flessibile con i propri parametri di riferimento, ad esempio quando ha fornito armi per sostenere i curdi che stavano combattendo lo Stato Islamico in Siria».

La Germania ha anche preso parte a diverse iniziative militari in chiave anti-russa negli ultimi anni: comanda un’unità da battaglia della NATO in Lituania, aiuta a monitorare lo spazio aereo baltico in caso di ingerenze russe, e ha in programma di inviare alcuni aerei da combattimento in Romania il mese prossimo per fare lo stesso anche lì.

Ciononostante, l’attuale prudenza ha senso per gran parte delle forze di coalizione che formano il governo Scholz.

I Verdi sono fortemente pacifisti ed esprimono da sempre grandi preoccupazioni per la vendita di armi, anche se una parte del partito – così come anche buona parte dei Liberali, altro partito al governo – vorrebbero che la Germania fosse più assertiva contro la Russia. A questo si aggiunge il fatto che l’SPD, partito socialdemocratico a cui appartiene Scholz e che ha ottenuto la maggioranza alle elezioni federali del 2021, tiene molto alla propria storica tradizione di dialogo con la Russia, che risale ai tempi dell’Unione Sovietica.

Oltre al mondo politico, anche parte di quello militare vede la Russia non come un paese nemico, ma come un partner economico, commerciale e in parte strategico, come è emerso di recente dalle parole del vice ammiraglio Kay-Achim Schönbach, che ha guidato la forza navale tedesca dal 2020 e che si è dimesso il 22 gennaio dopo che alcune sue affermazioni sulla Russia avevano sollevato proteste in Ucraina. Rispondendo a una domanda dopo una conferenza, Schönbach ha detto che i territori della Crimea annessi dalla Russia sono da considerarsi ormai «andati» e che «non torneranno mai più», e che quindi avere il governo russo come partner bilaterale, «anche se non è una democrazia», aiuterebbe ad allontanarlo dalla Cina.

A tutto questo si aggiunge una ragione economica importante: insieme all’Italia, la Germania è lo stato europeo che dipende di più dal gas russo per le proprie necessità energetiche: il 32% del gas naturale del paese proviene dalla Russia. Al momento, viene prodotto con il gas il 15.3% dell’elettricità in Germania, ed è particolarmente importante per il riscaldamento domestico e nelle industrie manifatturiere.

La Germania sta lavorando per avere sempre meno bisogno di fonti non rinnovabili, tra cui il gas, per produrre energia, ma per il momento un’interruzione delle forniture di gas russo la metterebbe in grande difficoltà.

– Leggi anche: Quanto siamo dipendenti dal gas russo

Quello del gas russo è un tema delicato per il governo tedesco. Nel settembre 2021 era stato completato il gasdotto Nord Stream 2, progettato per trasportare il gas russo verso la Germania, e da lì all’Europa occidentale, attraverso il Mar Baltico. Esiste già un gasdotto simile, il Nord Stream 1, ma il Nord Stream 2 permetterebbe di raddoppiare la quantità di gas che può essere trasportata dalla Russia all’Europa occidentale senza passare per l’Ucraina e la Polonia.

Fin dal momento in cui è stato commissionato, Nord Stream 2 è stato criticato da diversi politici statunitensi ed europei per il rischio concreto di aumentare la dipendenza dell’Europa dal gas russo e di ridurre la forza negoziale dell’Ucraina, dove oggi passa il più grosso gasdotto diretto in Europa. La Germania, soprattutto sotto il governo di Angela Merkel, aveva però sempre fortemente sostenuto il progetto.

Nonostante sia pronto all’uso da settembre, Nord Stream 2 non è ancora stato attivato sia per ragioni burocratiche, sia per via della crescente tensione in Ucraina.

Per settimane la Germania aveva temporeggiato quando gli Stati membri della NATO avevano iniziato a discutere della possibilità di colpire con sanzioni le aziende che gestiscono il gasdotto. In un incontro con il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg, il cancelliere Scholz ha confermato che intende rispettare l’accordo siglato dal governo Merkel e dall’amministrazione Biden nel luglio 2021, in cui si prevedono sanzioni se la Russia dovesse «usare l’energia come arma o commettere ulteriori atti aggressivi contro l’Ucraina». Una cosa simile è stata ripetuta da Biden lunedì: dopo un incontro con Scholz, Biden ha detto che «se la Russia invade, ovvero se carri armati e truppe attraversano di nuovo il confine con l’Ucraina, non ci sarà più un Nord Stream 2. Vi metteremo fine».

Sempre lunedì, parlando in conferenza stampa dopo un incontro con il ministro ucraino Kuleba, la ministra degli Esteri Baerbock ha detto che la Germania è disposta a «pagare un alto prezzo economico» in caso si rendano necessarie sanzioni contro la Russia.

La posizione preferita del governo tedesco rispetto alla crisi ucraina sembra però continuare a essere la mediazione. La Germania ha rilanciato i colloqui “Formato Normandia”, in cui Russia, Ucraina, Francia e Germania si incontrano per provare a risolvere il conflitto in Ucraina orientale, nella regione del Donbass, controllata dai separatisti filorussi (si chiamano “Formato Normandia” perché in quel formato si tennero per la prima volta a margine del 70esimo anniversario dello sbarco alleato in Normandia).

«Siamo stati coerenti nell’enfatizzare la formula della deterrenza e del dialogo», ha detto al Financial Times Nils Schmid, portavoce della politica estera dei socialdemocratici: «È stato il coinvolgimento della Germania che ha riaperto questa piccola porta alla diplomazia».