La Corte Costituzionale ha giudicato illegittima la censura della corrispondenza tra i detenuti in regime di 41 bis e i loro avvocati

(ANSA/CESARE ABBATE/ coc)
(ANSA/CESARE ABBATE/ coc)

La Corte Costituzionale ha stabilito l’illegittimità della norma contenuta nell’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario che impone la censura sulla corrispondenza tra i detenuti e i propri avvocati difensori. Il 41 bis è l’articolo che dispone il cosiddetto “carcere duro” per i delitti più gravi come mafia e terrorismo. La norma contestata dalla Corte Costituzionale prevede che tutta la corrispondenza dei detenuti in questo regime, sia in arrivo che in uscita, debba essere controllata da parte dell’amministrazione penitenziaria. La Corte ne ha stabilito l’illegittimità in una sentenza depositata il 24 gennaio, con cui ha accolto una questione che era stata sollevata dalla Corte di Cassazione.

La Corte Costituzionale ha rilevato come il diritto di difesa da parte di un detenuto comprenda il diritto di comunicare in modo riservato con il proprio difensore. Ha anche sottolineato che, nonostante il 41 bis serva a impedire ogni contatto con le organizzazioni criminali di appartenenza, già oggi i detenuti sottoposti a questo regime possono avere colloqui personali e riservati con i propri avvocati difensori, senza che possano essere controllati.

Il fatto che possano esserci controlli sulla corrispondenza, secondo la Corte riflette quindi «una generale e insostenibile presunzione di collusione del difensore dell’imputato, finendo così per gettare una luce di sospetto sul ruolo insostituibile che la professione forense svolge per la tutela non solo dei diritti fondamentali del detenuto, ma anche dello stato di diritto nel suo complesso».