La donna che disegna i processi più importanti degli Stati Uniti

In 40 anni Jane Rosenberg ha illustrato “El Chapo”, Weinstein e John Gotti, e di recente ha avuto un momento di viralità sui social

Lo sketch dell'artista di tribunale Jane Rosenberg in cui Ghislaine Maxwell la guarda e la ritrae
Lo sketch dell'artista di tribunale Jane Rosenberg in cui Ghislaine Maxwell la guarda e la ritrae (YouTube)

Nei giorni scorsi sui social network ha avuto una certa diffusione un disegno realizzato dall’artista di tribunale Jane Rosenberg durante il processo a carico di Ghislaine Maxwell, la ex fidanzata e socia del finanziere Jeffrey Epstein, accusata di averlo aiutato ad abusare di numerose ragazze minorenni. Nel bozzetto, Rosenberg ritrae Maxwell che la osserva e la disegna a sua volta, creando un effetto ritenuto da molti un po’ straniante.

Nella gran parte dei tribunali americani le registrazioni audiovisive e le fotografie non sono ammesse per tutelare la privacy delle persone coinvolte, ma anche per impedire di influenzare l’opinione pubblica o i giurati. È il motivo per cui molti processi sono storicamente stati illustrati perlopiù con i disegni degli artisti che in certi casi si sono fatti un nome proprio con la loro attività nelle aule dei tribunali. È il caso di Rosenberg, che in una carriera lunga più di 40 anni ha disegnato i momenti più delicati di molti tra i processi più famosi della storia degli Stati Uniti. In alcune recenti interviste, ha raccontato alcune delle cose che ha visto e illustrato.

Rosenberg ha detto al Guardian che l’idea di ritrarre Maxwell mentre la disegnava a sua volta le era venuta in mente alcune settimane fa, durante le udienze preliminari del processo, che si stavano tenendo in una piccola aula di tribunale di New York. Maxwell l’aveva notata e aveva cominciato a salutarla, ma non solo: nel corso delle udienze aveva effettivamente disegnato alcuni suoi ritratti, che però lei non aveva mai potuto vedere per ragioni di privacy.

Rosenberg ha detto di non avere idea del motivo per cui Maxwell avesse cominciato a disegnarla, e ha anche spiegato che non era sua intenzione fare un’illustrazione che esprimesse un giudizio sull’imputata o risultasse inquietante, come hanno notato vari utenti sui social network. La neutralità dei disegni degli imputati, infatti, è uno dei requisiti fondamentali che deve rispettare chi fa il suo lavoro. In un certo senso, è come se Maxwell sia diventata la sua nuova «compagna di disegni», ha commentato in un’intervista al New York Magazine.

Nei 41 anni in cui ha lavorato come artista di tribunale (in inglese, courtroom sketch artist), Rosenberg ha seguito processi a carico di celeberrimi narcotrafficanti, come Joaquín “El Chapo” Guzmán, e di personaggi famosi condannati per violenze sessuali, tra cui il cantante R. Kelly, il produttore cinematografico Harvey Weinstein e l’attore Bill Cosby. Ha disegnato terroristi e mafiosi, ma anche Mark David Chapman, l’assassino di John Lennon, e Derek Chauvin, l’ex agente di polizia condannato per la morte di George Floyd. Di recente ha seguito appunto Maxwell, che finora si è detta non colpevole dei reati di traffico sessuale legati al suo rapporto con Epstein, morto suicida in carcere nell’agosto del 2019.

Ci sono stati casi in cui i suoi lavori sono stati persino commentati dagli stessi imputati: John Gotti, lo storico boss della famiglia mafiosa Gambino a New York, le aveva per esempio chiesto di rimuovere il doppio mento che gli aveva disegnato. In ogni caso «tutti vogliono più capelli di quelli che hanno», aveva detto al New York Post in un’intervista dell’anno scorso.

Secondo Rosenberg è essenziale provare a restare il più possibile distaccati da quello che si sta disegnando, ma non sempre ci si riesce. Come ha detto al Guardian, cerca «di non avere emozioni», ma con tutte le «cose orribili» che sente e le foto di scene del crimine che vede alla fine capita che si faccia «travolgere» anche se cerca di restare imparziale.

 

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Una donna chiamata col nome di fantasia Addie testimonia durante il processo a carico di R. Kelly, lo scorso agosto. Per tutelare la privacy dei testimoni, gli artisti di tribunale lasciano il loro volto in bianco (dal profilo Instagram Courtroom Art)

Generalmente la storia dei disegni realizzati durante le udienze in tribunale negli Stati Uniti viene fatta risalire al cosiddetto “Processo alle streghe di Salem”, che coinvolse una serie di persone accusate di stregoneria nel 1692 in Massachusetts. La prima testimonianza di artisti di tribunale compare però nel processo contro John Brown, attivista abolizionista bianco statunitense condannato a morte per tradimento e impiccato nel 1859. Uno dei più famosi artisti di tribunale in assoluto fu Arthur Lien, che lavorò nei tribunali americani a partire dal 1976 e che come Rosenberg ha seguito numerosi processi famosi e udienze storiche.

«Il mio settore non è mai stato in buone condizioni», ha detto al New York Magazine Rosenberg, spiegando che spesso gli artisti si mettono i bastoni fra le ruote l’un l’altro e che in ogni caso c’è sempre stata la minaccia che il loro lavoro potesse essere soppiantato dalle telecamere da un momento all’altro, nonostante gli attuali divieti.

Una volta c’erano molti più artisti di quelli che ci sono oggi: ogni canale televisivo ne aveva uno e anche i principali giornali mandavano in tribunale qualcuno che potesse fornire un’illustrazione nel più breve tempo possibile. Adesso in tutta New York ce ne sono forse cinque, secondo Rosenberg, e lavorano in un mondo diverso rispetto a quello di pochi anni fa per via della presenza sempre più ampia dei social media.

– Leggi anche: Quelli che disegnano i processi

Quando studiava Arte all’università, Rosenberg aveva cominciato a disegnare dipinti di Rembrandt o Vermeer sui marciapiedi col gesso e a fare ritratti dei turisti a Cape Cod, vicino a Boston, non sapendo esattamente come si sarebbe guadagnata da vivere. Cambiò tutto quando assistette alla lezione di un artista di tribunale alla Society of Illustrators di Manhattan e decise di provare a inserirsi in questo settore. All’inizio passò «un sacco di tempo nei tribunali di notte, a disegnare prostitute», e poi riuscì a vendere un suo disegno a NBC. Adesso, quarant’anni dopo e nonostante le nuove tecnologie, sta continuando a «lavorare come una matta».

Vive col marito a Manhattan, vicino alla Columbia University, e quasi ogni giorno si alza alle 4 per arrivare in tribunale e aggiudicarsi un buon posto a sedere. Quando non è in aula tiene sempre pronti gli strumenti del suo lavoro – un piccolo binocolo, tavole e pastelli a olio, ma anche piccole protezioni per le dita, per non rovinare né le mani né il disegno – perché spesso viene chiamata all’ultimo minuto per illustrare scene di arresti di persone importanti o udienze programmate senza troppo preavviso. Anche se il lavoro come artista di tribunale non le lascia molto tempo, dipinge: le sue opere sono perlopiù paesaggi e scene di vita di New York dipinte a olio.