Nel cinema c’è meno sesso

Lo dice qualche dato e lo notano i critici, e tra le ipotesi sul perché ce ne sono alcune culturali e altre più economiche

di Gabriele Gargantini

(Inception)
(Inception)

Il sesso, nel cinema, c’è da più di un secolo, forse già da prima del Novecento. Di sicuro è ormai passato mezzo secolo da quando al di fuori della pornografia il sesso cinematografico iniziò a farsi più esplicito e diretto, almeno nei film di Hollywood. Iniziò infatti alla fine degli anni Sessanta un periodo «lungo decenni» in cui, come ha scritto il Guardian, «ogni film che puntava a essere un blockbuster per adulti non poteva dirsi completo se non aveva almeno una scena di sesso».

Questo periodo però sembra essere finito. Lo mostrano alcuni dati e lo hanno notato tra gli altri il Washington Post, secondo cui «le scene di sesso sono ormai dimenticate o comunque ignorate», e il sito della BBC, che ha scritto: «Mentre la società si fa più sessualmente aperta, nei film per il grande pubblico ci sono sempre meno scene di sesso».

Prima dei dati e prima delle considerazioni sul perché sia successo, una breve storia del sesso nel cinema. Che, anzitutto, non si sa bene quando inizi. Perché molti film del primo Novecento sono andati persi e perché è difficile dire quale scena, in quale film, possa considerarsi a tutti gli effetti una scena di sesso. In linea molto generale, comunque, si può dire che mentre scopriva un suo linguaggio e una sua grammatica, il cinema ci mise piuttosto poco a capire che – pur senza mostrare in modo esplicito scene di sesso – ci si poteva alludere con sguardi, dialoghi, immagini, momenti e montaggi.

– Leggi anche: Il primo nudo integrale in un film di Hollywood

Paesi e culture diverse si aprirono al cinema, e al sesso nel cinema, in modo diverso, non sempre lineare. A Hollywood, per esempio, agli anni Venti caratterizzati da una grande apertura a un certo tipo di scene, seguirono un paio di decenni molto più repressivi, in cui certe cose era vietato mostrarle e anche piuttosto difficile alludervi. Successe perché dal 1932 e fino agli anni Cinquanta fu in vigore il cosiddetto codice Hays, un insieme di linee guida molto rigide che, tra le altre cose, resero i riferimenti al sesso parecchio meno espliciti e frequenti.

Nel film del 1934 Accadde una notte, Clark Gable e Claudette Colbert si trovano per esempio a dover dormire insieme, pur non essendo sposati e nemmeno in una relazione. Visto che il codice vietava di mostrarli anche solo nello stesso letto e sconsigliava di farli stare nella stessa stanza, il personaggio di Gable dovette cavarsela costruendo con una coperta le “mura di Gerico” per dividere in due la stanza.

(Accadde una notte)

Sta di fatto che, come ha scritto BBC, «fino ai primi anni Sessanta nel grande cinema americano la nudità genuina o le scene di sesso così come le conosciamo noi, semplicemente non esistevano» e fino a quel momento il sesso nei film di Hollywood era «nascosto o sottinteso». Poi ci fu la rivoluzione sessuale, anche nel cinema. E già dai primi anni Settanta la differenza fu netta: Ultimo tango a Parigi, per dire, è del 1972.

(Ultimo tango a Parigi)

Seguirono, negli anni Settanta, Ottanta e Novanta, film come Brivido caldo, Attrazione fataleBasic Instinct 9 settimane e ½, nei quali il sesso era un gran bel pezzo di trama. Questi grandi successi (Attrazione fatale fu candidato a sei Oscar e fu tra i film più visti del 1987) sono i casi più noti ed estremi, ma ci sono stati svariati altri film – drammatici, d’azione, di fantascienza, ma anche commedie – che mostrarono a loro volta, e a modo loro, scene di sesso e che, come ha scritto il Washington Post, «furono determinanti per la generazione di registi che si stava formando in quegli anni».

(Attrazione fatale)

Poi, dal 2000 ma forse ancor più dal 2010, le cose sembrano essere cambiate. Oltre a una serie di articoli e sensazioni di esperti e addetti ai lavori, lo dicono anche alcuni dati. Per esempio quelli raccolti nel 2019 da Kate Hagen a partire dalle informazioni su ogni film fornite dall’approfondito e affidabile sito IMDb. Hagen stabilì che, su quasi 150mila film fatti dal 2010 al 2019, solo l’1,21 per cento avesse almeno una scena di sesso. Analizzando anche periodi precedenti, notò anche come quella fosse «la più bassa percentuale dagli anni Sessanta in poi», in evidente diminuzione rispetto agli anni Novanta, durante i quali la percentuale era stata dell’1,79 per cento.

Dati di questo tipo raccontano senza dubbio solo una parte della storia, perché non tengono conto delle sfumature e di tutta una serie di altre peculiarità e contingenze. Un altro modo per metterla è questo: prima di Eternals (che comunque non è che sia particolarmente libertino) il sesso era praticamente assente dai primi venticinque film dell’Universo Cinematografico Marvel, il primo dei quali uscì nel 2008. Ed è spesso assente anche da grandi film d’azione, da thriller e da commedie romantiche nei quali ci sarebbe probabilmente stato se quei film fossero usciti fino a prima del 2000.

Il sesso – beninteso – non è sparito del tutto. Come ha ricordato BBC, nel recente musical Annette, con Adam Driver e Marion Cotillard, c’è un momento in cui «si canta facendo sesso orale» (o viceversa) e in Titane, vincitore della Palma d’oro a Cannes, c’è una scena di sesso con un’automobile. Ma questi film, così come molti altri che negli ultimi vent’anni si sono fatti notare e raccontare per le loro scene di sesso, sono spesso film d’autore, da festival e a loro modo di nicchia. Non i film più visti del loro anno.

Il fatto è che per il resto, nel cinema di altro tipo – quello i cui film puntano a essere i più visti in assoluto, quello spesso identificato come il cinema di Hollywood – oltre ai tre Cinquanta sfumature di non c’è stato granché. A ben vedere, inoltre, anche in quei tre film non è che sia mostrato molto: «In tutto» ha scritto Hagen «la trilogia ha incassato 1,3 miliardi di dollari, ma non ha mai mostrato nemmeno un singolo pene».

(Cinquanta sfumature di grigio)

Di come il cinema di Hollywood abbia sempre meno sesso ha parlato – con un approccio più personale e meno quantitativo – anche un saggio di Raquel S. Benedict intitolato “Tutti sono bellissimi e nessuno è eccitato”. Benedict ha ricordato la relativa naturalezza con cui «Terminator mostrava il concepimento di John Connor, Una poltrona per due faceva vedere Jamie Lee Curtis in topless e Ghostbusters mostrava uno spettrale sesso orale». Ha poi invitato chi legge a paragonare «i Thor e i Batman di oggi con l’oliata sessualità di un giovane Sylvester Stallone o di un attore come Jean-Claude Van Damme», i quali «ammiccavano sia alle spettatrici che agli spettatori gay in scene apertamente sbarazzine». Benedict fa anche un altro efficace esempio nel notare «quanto è strano che Inception, un film che entra nei livelli più profondi del subconscio umano, sia inspiegabilmente privo di sesso».

Ora invece, succede sempre più spesso quello che il Washington Post ha riassunto così:

«Le scene di sesso sono un’abbreviazione in una grammatica essenziale; si inizia con qualche tipo di preliminare, poi si inquadra un po’ di pelle (quel tanto che basta per rispettare la volontà di chi recita di non essere mostrato nudo), poi – quando si inizia a fare sul serio – si passa con discrezione al dopo. Lo sai cosa succede, sembra dire la cinepresa, vuoi davvero che stia qui a mostrartelo?»

A prescindere dai giudizi – ci sono anche legittime ragioni per sostenere che sia un bene, che nei film ci siano meno scene di sesso – si può comunque provare a capire perché questa cosa stia succedendo.

Benedict propende per una spiegazione di tipo culturale, di quelle secondo cui il cinema non fa altro che riflettere la società. Molto in breve, Benedict ritiene che in certo cinema ci sia meno sesso perché per molti versi si sta asessualizzando la società. La sua teoria, ben sintetizzata nel titolo del suo articolo, è che ora i corpi del cinema siano esageratamente perfetti («negli anni Ottanta e Novanta erano belli, ma ancora umani» e «Bruce Willis aveva comunque meno muscoli allora rispetto ad adesso») e i suoi protagonisti perlopiù non interessati al sesso. «Sono action figures» ha scritto «non eroi di film d’azione».

Una spiegazione simile è quella di chi considera quello attuale un periodo di apparente libertà, in cui sessualità e trasgressione sembrano esserci ma in realtà non ci sono. È la teoria del regista olandese Paul Verhoeven, che ha diretto Basic Instinct e Benedetta (sulla storia della badessa italiana Benedetta Carlini) e che intervistato qualche mese fa da Variety ha detto: «C’è una generale tendenza al puritanesimo».

(Benedetta)

Un’altra ipotesi ha invece a che fare con internet e il fatto oggettivo che da qualche anno la pornografia – ogni tipo di pornografia – sia di facilissimo accesso. Anche solo fino a prima del Duemila, bisognava invece destreggiarsi e pazientare un po’ più per arrivarci. Secondo questo ragionamento, che non tiene conto della qualità che certi film hanno e che a certa pornografia manca, Basic Instinct aveva successo perché offriva sprazzi di sesso quando il sesso esplicito erano ancora difficile da trovare e guardare. L’83enne Verhoeven, però, non è d’accordo, e ha detto: «La pornografia era ovunque anche quando ero un ragazzo, se la volevi la trovavi. Non penso sia colpa del porno su internet se è cambiato l’approccio cinematografico al sesso».

È simile, ma con un diverso “colpevole”, l’ipotesi secondo cui nel cinema c’è meno sesso perché da un paio di decenni c’è più sesso in televisione. Prima nelle televisioni satellitari e a pagamento, in certe loro serie tv piuttosto esplicite e capaci di occupare quel segmento prima occupato, tra gli altri, da certi thriller erotici. Poi anche nei servizi in streaming, che possono permettersi molti meno filtri dei canali televisivi tradizionali. Secondo Helen Lewis, scrittrice ed esperta intervistata da BBC, «iniziò tutto con il canale via cavo HBO, che si potè permettere di dire ai suoi spettatori: “vi siete abbonati quindi presumiamo siate degli adulti”. Cosa che a sua volta permise a HBO di togliere certi filtri e di fare serie come Sex and The City».

– Leggi anche: Su Netflix c’è sempre più clickbait

Ma c’è anche una spiegazione più analitica ed economica. È quella secondo la quale chi fa cinema deve spesso cercare, con un unico film, di soddisfare pubblici di ogni tipo, di poter piacere a ognuno dei cosiddetti “quattro quadranti” creati dalle linee che dividono spettatori maschi e spettatrici femmine, e spettatori e spettatrici sopra e sotto i 25 anni. In genere, un film che voglia fare grandi incassi punta ormai a essere visto da adolescenti e adulti, negli Stati Uniti ma se possibile anche in Cina e un po’ ovunque nel mondo. Da questo punto di vista, le scene di sesso rappresentano spesso un problema, un possibile intralcio che si pensa possa far perdere spettatori più che guadagnarne.

– Leggi anche: James Bond deve rinunciare alla Cina, se i suoi film non vogliono rinunciare alla Cina

A tutto ciò si aggiunge il fatto che dal #MeToo in poi ci sono più sensibilità e spesso maggiori timori su come affrontare e mostrare scene di sesso. «Da qualche tempo» ha scritto BBC «il sesso si è imposto come un tema molto serio, e nessuno vuole scherzarci o sbagliare», fosse anche solo per evitare «di trovarsi attaccati su ogni social». Questa tesi, di certo convincente, non spiega però perché nel cinema no e nelle serie invece sì.

Inoltre, c’è chi parte da questa considerazione per fare notare che è un bene che certe scene e certi approcci siano spariti, e che si sia iniziato a ragionare su come e quanto fosse un problema che nel cinema il sesso, così come quasi ogni altra cosa, fosse mostrato con uno sguardo prevalentemente maschile e pensato soprattutto per un pubblico maschile. Ma c’è anche chi fa notare che il vero successo non è non mostrare il sesso, ma mostrarlo meglio, con rispetto e competenza. Così da sfruttare quello che il critico Jonathan Rosenbaum definì «l’effetto speciale definitivo».

– Leggi anche: Tutto quello che avreste voluto sapere sulle scene di sesso nei film