Cosa sappiamo dell’aereo precipitato a San Donato Milanese

Il velivolo da turismo sul quale viaggiavano otto persone aveva compiuto alcune manovre strane prima di schiantarsi

(Claudio Furlan/LaPresse)
(Claudio Furlan/LaPresse)

L’aereo privato da turismo Pilatus-Pc 12 che domenica alle 13.07 si è schiantato su una palazzina vuota al confine tra Milano e San Donato Milanese, provocando la morte di tutte e 8 le persone a bordo, era decollato meno di cinque minuti prima dall’aeroporto di Linate. Era diretto a Olbia ed è caduto in via Giuseppe Impastato, vicino a via 8 ottobre 2001, la strada che commemora l’incidente di Linate che provocò 118 morti,  poco lontano dalla sede dell’Eni di San Donato e dal capolinea della metropolitana milanese della linea gialla.

La palazzina, che doveva diventare un deposito di autobus, era in costruzione; nessuno tra gli abitanti della zona e tra chi era nell’area dell’incidente è rimasto ferito. Sono morti invece il pilota e i sette passeggeri che erano a bordo del velivolo, due nuclei familiari. La prima telefonata di allarme al 118 è arrivata alle 13.09.

L’Agenzia nazionale per la sicurezza del volo ha aperto un’inchiesta e ha mandato un investigatore nel luogo dell’incidente. La Procura di Milano ha invece aperto un fascicolo per disastro colposo. La pm incaricata del caso è Tiziana Siciliano, la stessa che sta indagando sull’incendio del grattacielo milanese Torre del Moro dello scorso 29 agosto. La scatola nera è già stata trovata.

Prima di precipitare l’aereo, decollato in direzione nord, ha effettuato due virate verso destra, ha sorvolato Segrate e l’Idroscalo seguendo la rotta prevista dal piano di volo per raggiungere l’aeroporto di Olbia ma poi, invece di proseguire verso sud, ha virato improvvisamente come se volesse dirigersi nuovamente a Linate. Secondo quanto ricostruito dal Corriere della Sera, gli uomini addetti al radar del centro di controllo dell’area di Linate avrebbero chiesto al pilota se avesse deviato per evitare una turbolenza. La risposta sarebbe stata un semplice «no». A quanto ricostruito, l’aereo è sparito dai monitor un minuto dopo, senza nessuna richiesta di aiuto.

(Claudio Furlan/LaPresse)

Parlando con i giornalisti presenti sul luogo del disastro, la pm Siciliano ha spiegato che sono stati acquisiti i video delle telecamere di sorveglianza che hanno ripreso il momento, durato pochi secondi, dell’impatto. La palazzina era vuota perché erano in corso i lavori per adibirla a stazione degli autobus di media e lunga percorrenza: in un giorno feriale gli operai sarebbero stati al lavoro all’interno. Sul tetto della palazzina c’è un cratere  di un paio di metri di diametro mentre sulla facciata uno squarcio provocato da un’ala.

Il Pilatus-Pc 12 era stato costruito nel 2015. È di fabbricazione svizzera, un monomotore turboelica utilizzato per tratte di media percorrenza. Il costo è di 4 milioni di euro circa. Il velivolo precipitato a San Donato era stato immatricolato in Romania: durante l’estate aveva fatto più volte la spola tra Bucarest e Linate, con alcuni viaggi a Olbia.

I testimoni hanno detto di aver sentito un fischio fortissimo e poi un boato, e di aver visto l’aereo abbattersi quasi verticalmente contro l’edificio. Secondo alcuni il velivolo era già in fiamme al momento dello schianto. La ricostruzione del Corriere della Sera spiega che da quando ha iniziato a perdere quota, l’aereo è arrivato a scendere di 25 metri al secondo. Allo stesso tempo l’analisi del tracciato della velocità riportata dal Corriere suggerisce che il pilota abbia cercato fino all’ultimo di risalire  accelerando: sette secondi prima dello schianto il velivolo ha registrato la sua velocità più alta, 198 miglia orarie, poco meno di 319 chilometri orari.

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L’aereo, che raggiunge una velocità da crociera di 480 chilometri orari e può trasportare un massimo di dieci passeggeri, era arrivato a Milano da Bucarest il 30 settembre. Il proprietario, che era anche il pilota del velivolo, si chiamava Dan Petrescu, aveva 67 anni, ed era un imprenditore di successo e noto in patria. Fuggito in Germania durante gli ultimi anni del regime di Nicolae Ceausescu, era tornato in Romania nel 1989 avviando attività nel ramo immobiliare. Era socio dell’ex tennista Ion Tiriac e di Vova Cohn, ex proprietario della Dinamo Bucarest e possedeva, secondo le stime, società e immobili per il valore complessivo di 3 miliardi di dollari. Era proprietario di numerosi palazzi a Bucarest, di ipermercati e di centri commerciali.

Sull’aereo c’era anche la moglie Regina Dorotea Petrescu Balzac, 65 anni, anche lei di origine rumena ma di cittadinanza francese, il figlio Dan Stefan Petrescu, 30 anni, che era a bordo con un amico di origine canadese, Julien Brossard, 36 anni. Con loro viaggiava una famiglia di amici: Filippo Nascimbene, pavese di 33 anni, manager in una società milanese, la Start Hub Consulting, la moglie, Claire Stephanie Caroline Alexadrescu, manager della multinazionale francese Pernod Ricard, il loro figlio di un anno, Raphael e Miruna Anca Wanda Lozinschi, rumena, madre di Claire Stephanie. Il gruppo, dopo aver partecipato domenica mattina a Milano al battesimo del bambino, doveva raggiungere Olbia dove, in una villa di famiglia, li attendeva l’anziana madre di Dan Petrescu.