Il più grande impianto al mondo per sottrarre CO2 dall’aria, in Islanda

4mila tonnellate all'anno: un contributo minimo per ora, ma potrebbe diventare uno strumento contro il cambiamento climatico

(Dal sito di Climeworks)
(Dal sito di Climeworks)
Caricamento player

Mercoledì nel sud-ovest dell’Islanda è stato inaugurato l’Orca, il più grande impianto al mondo per la sottrazione dall’atmosfera dell’anidride carbonica (CO2), il principale gas a cui si deve il riscaldamento globale. L’Orca è stato costruito dall’azienda svizzera Climeworks e sarà in grado di assorbire ogni anno 4mila tonnellate di anidride carbonica dall’aria: avrà un impatto minimo per ridurre la concentrazione di CO2, ma secondo vari scienziati servirà come modello per lo sviluppo di altre tecnologie di questo tipo, che in futuro potranno contribuire a contrastare il cambiamento climatico causato dalle attività umane.

L’Orca, che ha lo stesso suono della parola islandese per “energia”, si trova nel parco geotermale di Hellisheidi, a poche decine di chilometri dalla capitale Reykjavik, ed è alimentato con l’energia prodotta dalla centrale geotermica del posto. È stato costruito nel giro di pochi mesi, a partire dal dicembre del 2020, ed è ispirato a un progetto pilota installato sempre in Islanda nel 2017: consiste in quattro impianti di aspirazione, collegati a otto container, che permettono di catturare l’anidride carbonica presente nell’aria, che poi può essere destinata a vari usi.

Ogni impianto di “cattura diretta dell’aria” (Direct Air Capture, o DAC) è caratterizzato da ventole alte circa un metro che, per semplificare, aspirano l’aria dall’esterno e la convogliano verso una particolare sostanza assorbente, costituita da microscopici granuli, ai quali la CO2 si lega per reazione chimica. Questo filtro viene poi riscaldato in modo da rilasciare l’anidride carbonica, che viene aggiunta ad acqua e pompata nel sottosuolo, dove raffreddandosi si pietrifica tramite un processo chimico e rimane in sicurezza.

L’immissione di alcuni tipi di gas nel sottosuolo è una pratica piuttosto diffusa, per esempio per fare aumentare la pressione nei pozzi dai quali si estrae il petrolio. Parte della CO2 assorbita con questo sistema, comunque, può anche essere trasformata in carburante aggiungendola all’idrogeno, oppure essere immagazzinata in contenitori in pressione e venduta a fabbriche che si occupano di produrre bibite gasate per renderle frizzanti, come peraltro succede anche a parte dell’anidride carbonica trattata all’impianto svizzero di Hinwil, che è stato realizzato sempre da Climeworks nel 2017.

L’obiettivo dell’azienda, che nel 2018 aveva aperto un impianto sperimentale di DAC anche a Troia, in Puglia, è «invertire il cambiamento climatico» e contribuire a raggiungere la cosiddetta “neutralità carbonica”, ovvero riuscire a rimuovere tanta CO2 (o altri gas serra) quanta quella che immettiamo nell’atmosfera.

La CO2 è tra i principali responsabili dell’effetto serra, il cui innaturale aumento provocato dalle attività umane è la causa del riscaldamento globale. Assieme ad altri gas, la CO2 impedisce alla Terra di disperdere parte delle radiazioni infrarosse che emette, comportando un aumento della temperatura globale ed eventi meteorologici estremi sempre più intensi e frequenti, oltre allo scioglimento dei ghiacciai e all’innalzamento del livello dei mari. L’immissione di CO2 nell’atmosfera è aumentata enormemente nell’ultimo secolo a causa di varie attività umane, tra cui la produzione di energia e l’uso dei mezzi di trasporto alimentati grazie ai combustibili fossili.

Secondo le raccomandazioni dell’Agenzia Internazionale per l’Energia, per raggiungere gli obiettivi di neutralità carbonica ed evitare conseguenze disastrose per l’esistenza dell’uomo e di migliaia di specie animali e vegetali, entro il 2050 sarà necessario – oltre a cambiare il modo in cui produciamo l’energia, il cibo e tante altre cose – rimuovere dall’atmosfera quasi un miliardo di tonnellate di anidride carbonica ogni anno. Uno dei metodi finora studiati prevede di catturare la CO2 direttamente all’interno degli stabilimenti industriali dove, che sia per produrre energia o materiali, se ne emette tantissima. Gli apparecchi che permettono di farlo sono detti di “cattura sul posto” ed esistono da decenni, ma sia comprarli che farli funzionare è costoso.

L’altro, appunto, è la “cattura diretta dell’aria”, che però non è ancora molto efficiente né particolarmente economica, e tra l’altro funziona solo per l’anidride carbonica (non per gli altri gas serra, come il metano o il protossido d’azoto), che non è molto concentrata nell’aria. Per il momento quello che può fare l’Orca è soltanto una minima parte degli obiettivi prestabiliti, ma secondo Climeworks nei prossimi anni le tecnologie potranno svilupparsi rapidamente e soprattutto con costi non eccessivi.

– Leggi anche: Le “emissioni zero”, spiegate bene

Christoph Gebald, uno dei due fondatori e co-direttore di Climeworks, ha detto al Washington Post che l’Orca è un punto di partenza per «un mercato che non esiste ancora ma che deve essere costruito urgentemente». Gebald ha spiegato che attualmente la rimozione di una tonnellata di CO2 dall’aria costa dai 600 agli 800 dollari (500-700 euro), molto di più di quello che servirebbe a un’azienda come Climeworks per ottenere un guadagno senza raccolte fondi o sussidi governativi, anche perché per ora la maggior parte degli strumenti che compongono gli impianti è costruita manualmente, e non attraverso un processo automatizzato.

Questo però potrebbe cambiare in futuro, e allo stesso tempo potrebbero migliorare anche le tecnologie: Gebald prevede che entro il 2030 assorbire una tonnellata di CO2 dall’aria costerà 200-300 dollari (170-250 euro), ed entro la fine del decennio successivo potrebbe costare anche la metà.

Secondo il direttore del programma di ricerca sulla riduzione di anidride carbonica dell’Università di Princeton, Stephen Pacala, in futuro la DAC «potrebbe essere davvero un affare. Davvero un mercato molto grosso» e soprattutto «è ragionevole pensare» che possa diventare un metodo competitivo di rimozione dell’anidride carbonica dall’atmosfera. La prima ministra islandese Katrin Jakobsdottir, intervenuta durante l’inaugurazione di mercoledì, ha osservato che l’Orca «sembra quasi una storia di fantascienza», ma «di fatto è un passo importante per raggiungere le emissioni zero, necessarie per gestire la crisi climatica».

– Leggi anche: Quanto è difficile definire i costi ambientali

Bisogna comunque tenere presente che anche se dovessero diventare più economiche e diffuse, le tecnologie come la DAC non potranno risolvere da sole il problema del cambiamento climatico: il modo principale per ridurre la quantità di anidride carbonica nell’atmosfera è diminuire quella che continuamente viene diffusa dalle aziende, dai mezzi di trasporto e via dicendo.