Come sarà il nostro rapporto con gli schermi dopo la pandemia

L'Economist si chiede come cambierà l'attenzione e l'attrazione per i contenuti digitali, dopo un periodo di consumi massicci

(AP Photo/Andy Wong)
(AP Photo/Andy Wong)

Nei mesi di pandemia gli schermi e tutto quello che possono contenere e offrire (film, serie, videogiochi, canzoni, audiolibri, podcast, social) sono stati utili e persino fondamentali come strumento di intrattenimento per molti, in diverse parti del mondo, in diversi fasce di età e di interessi. Da Netflix a Zoom, da Spotify a Roblox, le connessioni veloci, gli smartphone e gli schermi hanno permesso a molti di interagire e svagarsi, oltre che lavorare e studiare. In molti casi, tramite questi schermi certe aziende hanno potuto ottenere ancora più attenzione (e tempo, e soldi) rispetto al passato da parte di chi chiuso in casa ha avuto più tempo libero del solito, senza poterlo usare per andare in un museo, al mare, al bar, al cinema o a un concerto.

Ora che in gran parte del mondo la situazione pandemica sta migliorando, è previsto che molti preferiranno dedicarsi ad altro, potendo. E visto che, come si sa, il tempo è una risorsa limitata, è quindi possibile che ci sia una generale migrazione dagli schermi e da tutto ciò che contengono al mondo fuori dalle case, complice l’estate.

Di questa possibilità, che in parte sembra essere già una realtà, ha parlato di recente l’Economist in un articolo intitolato “Mentre spariscono i lockdown, le grandi aziende dei media si preparano a una recessione dell’attenzione”. La “recessione dell’attenzione” è quello che secondo l’Economist potrebbe seguire al “boom dell’attenzione” dell’ultimo anno e mezzo. Un anno che molti – per dovere o per piacere – «hanno passato incollati agli schermi», e che tra le altre cose è stato «un periodo d’oro per molte attività legate alle distrazioni accessibili dalle proprie case».

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È difficile racchiudere in pochi numeri una generale crescita globale di servizi e aziende dell’intrattenimento accessibile da casa. L’Economist lo fa citando una ricerca di MIDiA Research, una società di analisi che ha preso in considerazione dati che riguardano Stati Uniti, Canada, Australia e Regno Unito e che parlano, per la seconda metà del 2020, di un notevole aumento delle ore spese per interagire con videogiochi, podcast e audiolibri, notizie, social network, video (di vario genere) e musica. Nel caso dei videogiochi, l’aumento di ore stimato da MIDiA Research nel corso del 2020 è stato di circa il 30 per cento.

Sempre l’Economist cita anche il fatto che, come in questi mesi è stato notato da più parti, molti tra quelli che hanno continuato a lavorare a pieno ritmo e a pieno stipendio hanno potuto, durante la pandemia, risparmiare soldi, spesso investendoli in abbonamenti o acquisti di prodotti o contenuti per il consumo mediale domestico. Fin qui, comunque, le premesse sono piuttosto note: molti hanno avuto più tempo, qualcuno più tempo e più soldi; e visto che le cose da fare e i posti in cui poter andare erano pochi, in molti hanno passato più tempo vicino agli schermi. Ovviamente, c’è anche chi si è dato al giardinaggio, alla cucina o ad altri hobby e attività: con o senza schermo.

L’Economist prova però a immaginare quello che potrebbe succedere nei prossimi mesi. Non è facile prevedere se e quando, avendo più tempo e maggiori alternative, certi utenti inizieranno a disinteressarsi ai contenuti digitali. Una prima e semplice possibilità è che, per molti versi, le cose torneranno com’erano prima della pandemia. E che quindi la maggior parte degli utenti manterrà gran parte degli abbonamenti e delle attività mediali dell’ultimo anno, solo diminuendo un po’ il tempo dedicato a queste attività.

Ma è anche possibile che, uscendo dalla pandemia, le persone decidano di ristrutturare certe loro abitudini mediali. Magari scegliendo di seguire – e pagare – solo certi servizi di streaming e rinunciando ad altri. O magari scegliendo di diminuire drasticamente il tempo dedicato a una certa attività domestica di fruizione digitale, come guardare le serie o ascoltare podcast, per reindirizzare buona parte di quel tempo a un’altra, come giocare ai videogiochi.

In questo senso, secondo l’Economist, «i principali perdenti della recessione dell’attenzione potrebbero essere i formati più tradizionali», come la radio o la televisione. Per certi versi anche il cinema, sebbene in questo caso si possa anche supporre che, magari stanche di vedere film da casa, molte persone potrebbero scegliere di uscire e provare di nuovo l’esperienza cinematografica.

Sempre secondo l’Economist, una grande differenza rispetto al passato è però che d’ora in poi la competizione sarà generale: servizi storicamente legati a mezzi e dispositivi diversi si contenderanno l’attenzione degli utenti sempre più nello stesso posto, che sia una smart tv o un telefono. Netflix e Amazon Prime Video, insomma, saranno sempre più spesso accanto non solo a Disney+, ma anche a Fortnite e Twitch, con cui saranno in diretta competizione. Competizione che, secondo una ormai celebre frase, si aggiungerà a quella con il sonno: cioè con ogni possibile porzione di tempo libero di chi lo usa.

In ogni caso, comunque, si tratta perlopiù di previsioni: tra l’altro basate sulla premessa che nel breve e medio termine non tornino nuovi lockdown e che, per molti, la vita torni o sia già tornata in gran parte come era fino al 2019. Ed è comunque tutto ancora molto confuso: se è vero che per molti la pandemia può aver generato una certa insofferenza verso gli schermi e quello che ospitano, non è nemmeno detto che un eventuale dopo-pandemia dovrà per forza coincidere con un loro minore uso.

Persino l’Economist, infatti, cita il settore dei videogiochi come quello che, dopo essere maggiormente cresciuto in tempo di pandemia, potrebbe conservare e addirittura accrescere i suoi utenti anche dopo. Ed è evidente come, ancor più di diverse altre attività, i videogiochi richiedano spesso schermi di una certa grandezza e qualità, oltre che un’attenzione particolare, ben maggiore di quella da dedicare, per esempio, a un podcast, una canzone o un programma di una tv lasciata accesa in sottofondo.

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