Le vere elezioni per il sindaco di New York

Sono le primarie dei Democratici, che si terranno martedì senza un candidato favorito (e con un nuovo sistema di voto)

(Michael M. Santiago/Getty Images)
(Michael M. Santiago/Getty Images)

Martedì 22 giugno nella città di New York, la più popolosa area metropolitana degli Stati Uniti, si terranno le primarie di Democratici e Repubblicani per l’elezione del sindaco, prevista a novembre. Le attenzioni di giornalisti e osservatori si stanno concentrando quasi soltanto sulle primarie Democratiche, che saranno le vere elezioni per il sindaco: negli ultimi anni l’elettorato Democratico della città è aumentato talmente a dismisura che alle primarie Repubblicane partecipano solo politici minori, certi di perdere a novembre. Quest’anno poi la competizione tra i Democratici sembra particolarmente aperta e ci sono diverse personalità notevoli coinvolte.

Alle primarie democratiche partecipano 13 candidati, di cui almeno quattro hanno la possibilità di vincere: il presidente del distretto di Brooklyn Eric Adams, l’attivista per i diritti civili Maya Wiley, l’imprenditore ed ex candidato alle primarie presidenziali Democratiche Andrew Yang, e l’ex responsabile dell’azienda municipalizzata dei rifiuti, Kathryn Garcia. Il sindaco uscente Bill de Blasio, che da tempo ha tassi di popolarità bassissimi, non poteva ricandidarsi essendo giunto al secondo mandato consecutivo.

Gli ultimi sondaggi danno in leggerissimo vantaggio Adams, che ha 60 anni e prima di entrare in politica ha avuto una lunga carriera nella polizia locale. Adams è molto conosciuto in città e secondo i suoi sostenitori riesce a unire un approccio pragmatico a idee compatibili con quelle del partito. Il suo vantaggio era ancora più ampio ma si è assottigliato dopo che è emerso che forse non vive a tempo pieno in città, dato che la sua famiglia possiede una casa nello stato del New Jersey dove abita regolarmente sua moglie.

Eric Adams abbraccia una sostenitrice durante una conferenza stampa, 17 giugno 2021 (Michael M. Santiago/Getty Images)

Anche Yang è piuttosto conosciuto, soprattutto per la sua partecipazione alle primarie presidenziali del 2020, e nelle prime fasi della campagna elettorale è stato a tratti in testa ai sondaggi: ma dopo alcune uscite un po’ goffe e le accuse di essere andato via dalla città durante la pandemia, come hanno fatto molti dei suoi abitanti più ricchi, le sue possibilità sono molto diminuite. Al contrario ha concluso in ascesa la sua campagna elettorale Maya Wiley, sostenuta dall’ala più radicale dei Democratici (e soprattutto da Alexandria Ocasio-Cortez, popolarissima in città). Wiley non ha esperienze amministrative ma è una brillante avvocata da tempo vicina ai Democratici, ed ex collaboratrice del sindaco de Blasio.

Anche Garcia è messa piuttosto bene nei sondaggi, e un mese fa ha ricevuto anche l’influente endorsement del New York Times, che la descrive così: «Kathryn Garcia è stata una nota risolvi-problemi per oltre dieci anni, e all’interno del Municipio era difficile da non notare: era la donna assertiva e dalla voce roca che guidava un dipartimento composto perlopiù da uomini».

In campagna elettorale ci si è concentrati sui problemi più concreti che riguardano le metropoli americane: il livello poco uniforme delle scuole pubbliche, i prezzi esorbitanti delle case, e il problema della sicurezza relativo all’aumento dei senza fissa dimora. Nel corso dell’ultimo dei tre dibattiti televisivi, i principali candidati si sono detti d’accordo su una cosa in particolare: nessuno di loro offrirebbe un posto nella nuova amministrazione al sindaco uscente de Blasio, accusato da più parti di avere lasciato intatti i principali problemi della città.

– Leggi anche: Bill de Blasio ha un problema coi suoi elettori

A New York quest’anno sarà inoltre la prima volta che si voterà col sistema del ranked-choice-voting, già utilizzato negli anni scorsi in diverse città statunitensi e nel mondo soprattutto in Australia. In pratica agli elettori viene chiesto di stilare una classifica dei cinque candidati preferiti, dal più apprezzato al meno apprezzato. Durante la prima fase dello spoglio si tiene conto soltanto del voto al candidato più apprezzato in assoluto. Alla fine del conteggio viene eliminato il candidato che ha ottenuto meno voti. A quel punto i voti degli elettori che avevano messo al primo posto il candidato eliminato vengono trasferiti ai secondi classificati, si rifà il conteggio e si elimina di nuovo l’ultimo arrivato, e così via finché rimane un solo candidato, il vincitore.

Sull’esito del voto conterà anche l’affluenza, storicamente piuttosto bassa per le primarie: nel 2013 votò soltanto il 22 per cento dei Democratici registrati in città, circa tre milioni.