Il vaccino di AstraZeneca sarà somministrato solo a chi ha più di 60 anni

Sia per le prime che per le seconde dosi, ha deciso il CTS dopo i nuovi rari casi di sospetti effetti collaterali tra i giovani

(REUTERS/Russell Cheyne/Getty Images)
(REUTERS/Russell Cheyne/Getty Images)

Venerdì il Comitato tecnico scientifico (CTS) ha raccomandato che d’ora in poi il vaccino di AstraZeneca sia riservato alle persone di età a uguale o superiore ai 60 anni per le somministrazioni della prima dose, e che per le fasce d’età inferiori siano usati invece gli altri vaccini. Per quanto riguarda la seconda dose delle persone che ne hanno ricevuto una prima di AstraZeneca, il CTS ha raccomandato che per gli under 60 sia «considerata» la somministrazione dei vaccini di Pfizer o Moderna, ricorrendo alla “vaccinazione eterologa”, cioè con due vaccini diversi. Il parere del CTS è che chi ha più di 60 anni possa invece ricevere normalmente la seconda dose di AstraZeneca. Quello del CTS è un parere che andrà recepito dal ministero della Salute che dovrà renderlo ufficiale nelle prossime ore attraverso una circolare.

La decisione del CTS è arrivata dopo le notizie di alcuni rari casi di sospetti effetti collaterali gravi in persone giovani che avevano ricevuto la prima dose del vaccino di AstraZeneca, che avevano rinnovato il dibattito e l’attenzione mediatica sulla sicurezza del farmaco. In particolare il caso di una 18enne ligure morta giorni dopo aver ricevuto il vaccino, sul cui decesso sono in corso indagini per rilevare un eventuale nesso.

Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità, ha spiegato che questa decisione è stata presa «ispirandosi a un principio di massima cautela», considerando che i fenomeni trombotici sono estremamente rari. Ha aggiunto che la nuova raccomandazione dipende dai nuovi dati emersi sugli effetti delle vaccinazioni, e anche dal mutato quadro epidemiologico, che vede una circolazione del virus inferiore rispetto agli scorsi mesi, proprio per effetto della campagna vaccinale. Questo consente quindi una nuova valutazione riguardo ai rischi e ai benefici di somministrare il vaccino AstraZeneca ai giovani.

Il vaccino è stato più volte definito sicuro ed efficace dall’Agenzia europea per i medicinali (EMA) e dall’Agenzia italiana del farmaco (AIFA), anche dopo l’emersione di alcuni rari casi di trombosi, specificando che i minimi rischi comportati dalla vaccinazione siano comunque di gran lunga inferiori a quelli della COVID-19.

Il minimo fattore di rischio si era rivelato più alto tra i giovani, e questo aveva indotto le autorità sanitarie italiane a consigliare l’uso del vaccino di AstraZeneca preferibilmente negli anziani, seppure senza imporre rigide limitazioni. Superato il periodo di grande attenzione per i casi di trombosi, il vaccino di AstraZeneca era stato somministrato a milioni di individui senza che emergessero particolari problemi, come era del resto accaduto anche all’estero.

Ogni regione aveva deciso se riservare il vaccino ai soli anziani o se utilizzarlo anche per i più giovani, seguendo le indicazioni del ministero della Salute, che aveva chiarito che l’indicazione di riservarlo alle persone con più di 60 anni fosse “preferenziale”, perché in termini assoluti il vaccino confermava la propria sicurezza e i benefici rispetto agli eventuali e limitati rischi per le trombosi.

Diverse regioni avevano quindi deciso di utilizzare indistintamente il vaccino di AstraZeneca e gli altri a RNA messaggero, anche dopo l’apertura delle vaccinazioni a tutte le fasce di età dai 16 anni in poi avvenuta dai primi di giugno. In alcune regioni come Lazio, Campania, Liguria, Emilia-Romagna, Sicilia e Piemonte erano stati organizzati inoltre “open day” rivolti soprattutto ai più giovani, giornate in cui era possibile sottoporsi al vaccino senza prenotazione, mettendosi in fila.

Tra i vaccinati agli open day c’era anche una ragazza di 18 anni di Sestri Levante, in Liguria, che aveva ricevuto la prima dose del vaccino di AstraZeneca il 25 maggio scorso. Nei giorni seguenti aveva sviluppato alcuni problemi circolatori ed era stata poi ricoverata per trombosi e sottoposta a due interventi chirurgici. Le sue condizioni erano continuate a peggiorare fino al decesso avvenuto il 10 giugno. Sulla vicenda è in corso un’indagine della magistratura e dai primi documenti acquisiti è emerso che la ragazza soffriva di piastrinopenia autoimmune familiare, patologia comporta una cronica carenza di piastrine, e seguiva una terapia ormonale.

La vicenda di Sestri Levante e la segnalazione di altri casi sospetti di malori tra vaccinati con meno di 40 anni, sempre con AstraZeneca, aveva quindi indotto esperti, esponenti politici e responsabili dei sistemi sanitari regionali a chiedere al ministero della Salute chiarimenti sulla somministrazione del vaccino ai più giovani.

La decisione del CTS di procedere alla somministrazione di una seconda dose con un vaccino diverso da quello impiegato per la prima potrebbe comportare un maggiore impiego di scorte dei vaccini di Pfizer-BioNTech e di Moderna, con qualche potenziale rallentamento soprattutto nelle regioni dove si utilizzano quasi tutte le dosi a disposizione ogni giorno.

Considerata la quantità di vaccinati con AstraZeneca in attesa della seconda dose, si potrebbe assistere a un rallentamento della campagna vaccinale.

Il problema interessa circa un milione di parzialmente vaccinati che dovrebbero quindi ricevere un vaccino a mRNA come seconda dose, in una fase in cui la disponibilità di dosi continua a essere limitata. I nuovi limiti potrebbero inoltre rendere più difficile l’organizzazione degli open day, con un ulteriore rallentamento della campagna vaccinale. Alcune regioni anche in seguito alla vicenda in Liguria hanno deciso di sospendere queste iniziative, e si è già rilevata una riduzione delle adesioni da parte di molti giovani. Altre regioni hanno annunciato di voler proseguire con gli open day, utilizzando però i vaccini di Pfizer-BioNTech e Moderna per i più giovani.

In generale, il vaccino di AstraZeneca è comunque sicuro ed efficace, come confermato dai dati raccolti dalle autorità di controllo dei farmaci. Nel suo ultimo rapporto l’AIFA ha segnalato che dal 27 dicembre 2020 al 26 maggio 2021 su 6,7 milioni di dosi somministrate le segnalazioni di effetti avversi sono stati 236 ogni 100mila dosi, a fronte delle 214 sempre su 100mila dosi del vaccino di Pfizer-BioNTech, somministrato 22,3 milioni di volte.

Una trombosi è una condizione in cui si formano piccole masse solide nei vasi sanguigni, impedendo la normale circolazione del sangue verso i tessuti. Ne esistono di varie forme: quelle più comuni che interessano solitamente gli arti, ma comunque con potenziali rischi se i coaguli raggiungono i polmoni, e quelle più rare, come le trombosi cerebrali per le quali è stato rilevato un «possibile» legame con il vaccino.

Le trombosi sono un problema di salute che interessa numerose persone con predisposizioni e che può riguardare anche i fumatori e in generale chi ha stili di vita poco sani o assume particolari farmaci. I casi di trombosi sono normalmente presenti tra la popolazione ed è quindi prevedibile che siano rilevati anche tra i milioni di individui che vengono vaccinati: ciò non indica che la causa sia necessariamente sempre il vaccino.